Il ragionamento della premier italiana al vertice Nato è tarato sulla realpolitik, sia per evitare doppioni con la difesa Ue, sia per investire in settori che stanno diventando sempre più primari, come il fronte sud, la cooperazione fra alleati in chiave di strategia industriale, l’interlocuzione imprescindibile con gli Usa e il binomio target di spese-autonomia/sovranità. Le parole di Meloni all’Aja
Rafforzare il sistema Nato con una colonna europea, evitando il rischio di sovrapposizioni che nessuno può permettersi. Questa la traccia indicata da Giorgia Meloni a margine del vertice Nato all’Aja, che racchiude al proprio interno molte delle risposte pragmatiche da dare su target di spesa, difesa europea, prospettive dell’alleanza, sbavature di qualche membro (Spagna) e relazione con Washington. Dunque il 5% “non per compiacere qualcuno ma per noi”, sottolinea la premier, che prova a fare un ragionamento di prospettiva per le sfide da affrontare, alla voce autonomia, sovranità, “capacità di mantenere questa nazione una nazione forte”.
Punto di partenza è da ritrovare nell’obiettivo Nato, ovvero il pieno all’Ucraina da parte di tutti gli alleati, “un messaggio molto importante”. In secondo luogo il concetto di responsabilità, messo in risalto dalla premier quando osserva che “non mi prendo impegni che scarico, perché poi qualcuno deve pagare, prendo degli impegni che so che questa Nazione può seriamente sottoscrivere per il suo interesse”. Terzo, i numeri che secondo Meloni “sembrano molto distanti dalla realtà”, almeno stando a quelli fatti girare negli ultimi giorni. Il governo ha fatto i suoi calcoli per il 2026 e non pensa che serva utilizzare la clausola di salvaguardia.
Infine l’impatto italiano: una parte importante di queste risorse, “se noi siamo bravi, verrà utilizzato per rafforzare le imprese italiane, quando quella parte di risorse importanti viene utilizzata per rafforzare le imprese italiane, questo crea una politica economica espansiva che produce risorse”.
Spiega nel dettaglio che, accanto a casi in cui ci sono aziende che presentano diversi attori europei, come Mbda, ve ne sono altre di livello europeo, “per me la priorità è spendere a livello nazionale e su questo sono concentrata”, con l’obiettivo di rafforzare la capacità Nato di produzione industriale, dal momento che “comprare all’estero non mi pare che risolva i problemi”.
Il tutto però accompagnato da una strategia: il riferimento è all’esercito comune europeo su cui Meloni dice chiaramente quale è il suo pensiero. “Io dico attenzione alle sovrapposizioni: se noi parlassimo di una difesa europea, ne parleremmo in una misura svincolata dal contesto Nato, quindi sarebbe una duplicazione. Ma una duplicazione non ha senso e non ce la possiamo permettere. Quello che noi dobbiamo fare è rafforzare il sistema Nato con una colonna europea della Nato, che secondo me deve stare allo stesso livello di quella americana se vogliamo godere adeguatamente i nostri interessi. E questo comporta anche una maggiore cooperazione a livello europeo”.
Per cui il tema non è solo quanto spendere, ma come perché semplicemente il mondo sta cambiando e cambia anche la difesa. “Quello che noi abbiamo visto in Ucraina, lo spiegavo ieri in Aula, dove alcuni dei più grandi risultati, che il coraggio degli ucraini ha ottenuto, è stato portato a casa con droni che costano poche migliaia di euro e che distruggono strumenti tecnologici che costano molto di più. Noi capiamo che si va verso un futuro in quale anche, per esempio, un satellite può essere più strategico di un carro armato ed è una discussione che abbiamo fatto, perché il tema non è solo quanto investiamo, ma su cosa investiamo e verso quale mondo stiamo andando”.
Due passaggi poi, nevralgici, su Iran e dazi. Soddisfatta dell’avvio di un cessate il fuoco nella crisi tra Israele e Iran, “un tema sul quale bisogna continuare a lavorare” e ottimista sulla possibilità che Stati Uniti e Commissione europea trovino un accordo sui dazi. “La discussione continua ad andare avanti”, nella consapevolezza che “una maggiore integrazione in forza della nostra alleanza atlantica e una maggiore integrazione tra le nostre economie sono due facce della stessa medaglia, due cose che devono camminare insieme”.
Fisiologica la chiusura del ragionamento sull’area dove gli occhi della Nato devono essere puntati con decisione e attenzione: il fronte sud. Dal momento che la Russia è sempre più proiettata nel Mediterraneo dopo aver perso la sua proiezione navale dalla sua influenza in Siria, appare evidente che “ci sono molte minacce ibride e molti attori ostili che lavorano sul fianco sud dell’alleanza: è una delle domande che ci stanno più a cuore”. Per cui il ragionamento del premier italiano al vertice Nato è tarato sulla realpolitik, sia per evitare doppioni con la difesa Ue, sia per investire in settori che stanno diventando sempre più primari, come il fronte sud, la cooperazione fra alleati in chiave di strategia industriale, l’interlocuzione imprescindibile con gli Usa e il binomio target di spese- autonomia/sovranità.
Dopo il Vertice NATO dell’Aja il Presidente del Consiglio ha incontrato i Leader di Francia, Germania, Polonia e Regno Unito, con il Segretario Generale della NATO e con il Presidente dell’Ucraina. L’incontro ha permesso di approfondire gli sforzi in corso e il sostegno all’azione degli Stati Uniti a favore del cessate il fuoco per un percorso negoziale che conduca ad una pace giusta e duratura in Ucraina. È necessario, recita la nota fi Chigi, “che la Russia dimostri di volersi impegnare seriamente nei colloqui, contrariamente a quanto fatto finora. I Leader hanno quindi ribadito il continuo sostegno all’Ucraina, alla sua autodifesa e alla sua industria della difesa, anche a fronte dei brutali attacchi russi contro i civili, e il mantenimento della pressione sulla Russia attraverso nuove sanzioni”.