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La produzione industriale potrebbe segnare gli equilibri (militari) Cina-Usa. Ecco perché

La Cina ha trasformato la sua potenza industriale in uno strumento strategico, superando gli Stati Uniti nella capacità di sostenere un conflitto prolungato. I dati del Wsj mostrano che con fabbriche automatizzate, una forza lavoro massiccia, il controllo delle materie prime e una logistica dominante, Pechino si prepara a un’era di guerre industriali dove la produzione conta quanto, o più, della tecnologia

Il Wall Street Journal analizza quantitativamente come la Cina abbia ormai trasformato la sua potenza industriale in uno strumento strategico, superando gli Stati Uniti nella capacità di sostenere un conflitto prolungato. I grafici del giornale economico americano mostrano che con l’evoluzione delle fabbriche automatizzate, una forza lavoro massiccia, il controllo delle materie prime e una logistica dominante, Pechino si prepara a un’era di guerre industriali dove la produzione conta quanto — o più — della tecnologia.

Per decenni, la supremazia militare statunitense è stata garantita non solo dall’innovazione tecnologica e dalla strategia globale, ma da un ecosistema industriale capace di produrre in massa e rapidamente ogni elemento necessario a sostenere una guerra. Oggi, quell’equilibrio si sta spostando verso Oriente. Il risultato è che la Cina sta superando gli Stati Uniti non solo nella quantità di mezzi militari, ma nella capacità produttiva e logistica di sostenerli in caso di conflitto prolungato. Il caso dello shipbuilding è eclatante, ma i dati mostrano che si va oltre al mondo delle navi.

Il ritorno della guerra industriale

L’invasione russa dell’Ucraina ha riportato l’attenzione sul valore della produzione industriale in guerra: droni, artiglieria, munizioni e veicoli vengono consumati a ritmi tali da richiedere filiere produttive continue e resilienti. In questo contesto, gli Stati Uniti, un tempo campioni del “mass manufacturing”, si trovano in difficoltà. La Cina, al contrario, ha costruito un apparato industriale iper-efficiente, tecnologicamente avanzato e facilmente convertibile al comparto bellico.

Alcuni numeri sono emblematici: un singolo cantiere navale cinese ha prodotto nel 2024 più tonnellaggio commerciale dell’intera industria cantieristica americana. Da vent’anni, Pechino costruisce oltre il doppio delle navi militari rispetto a Washington. E anche se i sistemi d’arma americani restano più sofisticati, la Cina sta chiudendo il gap quantitativo e qualitativo con velocità sorprendente, grazie a un settore manifatturiero in cui il 55% delle produzioni è dual-use.

5G, robot e rifornimenti

La trasformazione digitale ha un ruolo chiave. Con una rete di fabbriche connesse tramite 5G privati, la Cina integra progettazione, produzione e adattamento dei sistemi militari in tempo reale. Questo modello “agile”, già visto in Ucraina in forma ristretta nella produzione di droni, permette risposte operative immediate. Inoltre, la Cina possiede molti più robot industriali e una forza lavoro manifatturiera dieci volte superiore a quella americana.

Il vantaggio cinese si estende anche alla logistica: restando sul tema della navi, la Cina ha una flotta mercantile enormemente superiore e un esercito di due milioni di marittimi contro meno di 10.000 statunitensi. La capacità di alimentare lo sforzo bellico con cibo, carburante, pezzi di ricambio e mezzi di trasporto è quindi profondamente sbilanciata.

Le materie prime sono già sotto controllo

Non bastasse, la Cina detiene il primato nella produzione e nella raffinazione di materie prime critiche. Il 92% delle terre rare e il 99% della grafite usate nelle tecnologie militari (dai missili ai sottomarini) sono controllati da aziende cinesi. Washington ha tentato di svincolarsi da questa dipendenza, finora senza successo.

Il confronto tra Stati Uniti e Cina non è più solo una questione di diplomazia, deterrenza o innovazione. È una sfida sistemica tra un modello industriale apparentemente in declino e uno in espansione. Se il XXI secolo vedrà un grande conflitto, la vittoria potrebbe andare non al Paese con le armi più sofisticate, ma a quello con più fabbriche, più operai, più robot e più navi.

È d’altronde questo il messaggio più profondo che lascia l’attacco ucraino contro i bombardieri strategici russi: Kyiv è stato in grado di produrre enorme quantità di droni e dí comprenderne l’enorme potenzialità di utilizzo. Al momento, il Paese in grado di ampliare queste capacità in senso generale è la Cina: c’è anche questo dietro alla volontà, spinta ed esplicita dell’amministrazione Trump, di ricostruire l’intero tessuto produttivo statunitense.


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