Il passo successivo è il coinvolgimento di soggetti come l’Ue, con cui Roma ha inteso fare un passo in avanti altamente significativo. Tra pochi giorni a Roma si svolgerà “The Mattei Plan for Africa and the Global Gateway: A common effort with the African Continent”, il vertice co-presieduto da Meloni, e dalla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen. Le due accoglieranno a Villa Pamphilj i leader dell’Unione Africana, dell’Angola, dello Zambia, della Repubblica Democratica del Congo, della Tanzania e i vertici delle Istituzioni finanziarie multilaterali
Le novità del Piano Mattei, come l’hub per l’IA, si intrecciano al cammino progettuale e alla contingenza. Non solo le iniziative mirate, o i dialoghi dell’Italia con i nuovi Paesi obiettivo del piano, ma anche (o soprattutto) le opportunità di distendere il soft power mentre le tensioni belliche si moltiplicano, il ReArm Eu con cui Bruxelles e gli stati membri provano a cambiare paradigma, la postura murata di paesi che 30 anni fa non avevano lo stesso peso specifico di oggi. In attesa della visita di Ursula Von der Leyen a Roma il prossimo 20 giugno per suggellare la partnership tra Piano Mattei e Global Gateway.
IA: Italia-Africa
Il sostegno a 500mila start up africane entro il 2028 è l’obiettivo dichiarato dell’AI Hub per lo Sviluppo Sostenibile, immaginato dal ministero delle Imprese e del Made in Italy e da Undp, e parte integrante del Piano Mattei per l’Africa. Verranno sottoscritti fino a 50 partenariati ad alto impatto e favoriti 10 investimenti esterni in filiere dedicate all’AI nei14 Paesi africani che sono parte del Piano ovvero Algeria, Angola, Congo Brazzaville, Costa d’Avorio, Egitto, Etiopia, Ghana, Kenya, Mauritania, Marocco, Mozambico, Senegal, Tanzania e Tunisia. In via di perfezionamento ci sono anche progetti con colossi come Microsoft, Cisco, Cassava Technologies, Cineca, Confindustria Anitec-Assinform e Assafrica & Mediterraneo.
Come è noto il governo agli iniziali nove Paesi obiettivo ne ha aggiunti altri cinque: Angola, Ghana, Mauritania, Senegal e Tanzania. Una scelta che Giorgia Meloni ha definito un passo che “segue quell’approccio incrementale che è nella natura stessa del Piano Mattei, un lavoro di squadra condotto insieme alla Farnesina e reso possibile anche grazie alle missioni di sistema nel continente”. Il passaggio successivo verte la creazione di nuovi strumenti finanziari che possano accelerare la messa a terra di progetti in Africa. Già operativi in questo senso sono il Fondo Multifinanziario con la Banca Africana di Sviluppo e l’intesa di co-finanziamento dei progetti con la Banca Mondiale, strumenti che hanno e avranno un effetto leva importante sui fondi italiani investiti per l’Africa, senza sottovalutare il link esistente fra il Fondo Clima e gli obiettivi stessi del Piano Mattei.
Italia-Europa-Africa
Il passo successivo è il coinvolgimento di soggetti come l’Ue, con cui Roma ha inteso fare un passo in avanti altamente significativo. Tra pochi giorni a Roma si svolgerà “The Mattei Plan for Africa and the Global Gateway: A common effort with the African Continent”, il vertice co-presieduto da Meloni, e dalla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen. Meloni e von der Leyen accoglieranno a Villa Pamphilj i leader dell’Unione Africana, dell’Angola, dello Zambia, della Repubblica Democratica del Congo, della Tanzania e i vertici delle Istituzioni finanziarie multilaterali. Non una nuova vetrina, ma l’occasione per consolidare la sinergia tra il Piano Mattei per l’Africa promosso dall’Italia e il Global Gateway avviato dall’Unione europea e approfondire la rotta operativa per l’avanzamento delle iniziative comuni. Il Vertice rientra nel più ampio lavoro che il governo italiano sta portando avanti per “europeizzare” e “internazionalizzare” sempre di più il Piano Mattei, potenziando la collaborazione con le iniziative strategiche a livello europeo e internazionale che hanno un focus sull’Africa.
Armi e geopolitica
Come il Piano Mattei può legarsi a elementi di contingenza come le crisi in atto e il piano di riarmo europeo? Perché è esso stesso traccia di visione e, in un secondo momento, operazione pratica. Ciò che invece viene imputato al ReArmUe da una voce come quella dell’ex ministro della difesa Mario Mauro, che chiede progettualità accanto alla produzione industriale relativa al riarmo. “L’Unione europea di oggi cerca, con la strategia del riarmo, di farsi forte: ma quel riarmo staccato dalla capacità valoriale, ovvero senza tradizioni, diritti, cristianesimo, inevitabilmente rende l’Ue incapace di questo compito”, ha detto intervenendo al 2° Festival dell’Umano tutto intero in corso a Roma. “Stiamo per avere una notevole capacità di munizioni, ma accanto a ciò occorre un pensiero che serva a raccogliere le sfide della pace. All’Europa manca la dimensione politica per recitare un ruolo nella guerra. Non è vero che la guerra è a pezzi, il quadro di una crisi globale è ben definita. Siamo in un cambiamento d’epoca, collegato al fatto che l’ultimo grande accordo di potere, Yalta, non c’è più, perché chi ha stretto quell’accordo ieri, oggi non sono più nella posizione di dare le carte. A Yalta – ha aggiunto – non c’erano Cina, Turchia, Israele, India: potenze che oggi aspirano ad essere più di una potenza regionale. Quel mondo di ieri non c’è più perché gli europei sono 500milioni ma il mondo nel frattemop è popolato da 7 miliardi di persone. Noi siamo più vecchi e sono cambiati i rapporti di forza. Per cui il tentativo di organizzare la speranza non può che sottostare ad elementi basilari come la capacità di difendere le proprie ragioni ed affermare i propri valori, fondamentali per un paese come l’Italia che ha una concezione multipolare e non esercita il ruolo di gendarme del mondo”.