Dopo averli osteggiati in tutti i modi, ora, sull’onda della paura per le prime insolvenze sui prestiti, il Cremlino lancia le obbligazioni ancorate alla criptovaluta. Ed è Sberbank ad aprire le danze
E pensare che per mesi era stato visto come una sorta di male assoluto. Poi però, al Cremlino, qualcosa deve essere cambiato, tanto da abbracciare la rivoluzione, se così la si può chiamare, delle criptomonete. Sberbank è la principale banca russa e, soprattutto, è estensione dello Stato che ne ha il pieno controllo. E, in queste ore, ha deciso di emettere le sue prime obbligazioni legate al Bitcoin. Di che si tratta? I bond saranno ancorati al prezzo della criptovaluta più famosa al mondo e al tasso di cambio dollaro/rublo.
L’obbligazione, riservata per il momento a un numero limitato di investitori, permetterà di ottenere a Sberbank guadagni basati su due fattori principali. In primo luogo, i risparmiatori potranno beneficiare della futura performance di Bitcoin in dollari statunitensi. In secondo, e qui c’è tutta la valenza geoeconomica dell’operazione, Mosca mira mitigare l’impatto delle sanzioni occidentali, facilitando il commercio estero e riducendo la dipendenza dal dollaro americano. Allargando lo spettro, poi, la decisione della Russia segna un altro passo in avanti verso la creazione su scala globale di ecosistemi cuciti su misura per i criptoasset.
Ma c’è anche un’altra ratio a monte della decisione di Sberbank. Come raccontato in più occasioni da questo giornale, le banche della Federazione stanno cominciando a scontare le prime vere sofferenze: i tassi ai massimi storici, alzati nel tentativo, finora vano, di frenare l’inflazione, stanno rendendo impossibile alle famiglie e alle imprese il rimborso dei prestiti. Di qui la ricerca di una strada alternativa per scongiurare il collasso degli istituti, ovvero usare una moneta non avente, almeno per ora, corso legale e rivolta verso bacini di mercato ancora abbastanza avvolti dalla nebbia e dai controlli.
Molto diverse le motivazioni che guidano, invece, la spinta degli Stati Uniti verso Bitcoin&Co. Il mercato delle criptovalute americano è in pieno fermento, dal momento che la seconda presidenza Trump si è posta fin da subito come obiettivo quello di creare una cornice normativa più che adeguata per tutte le monete non fisiche, a cominciare proprio da Bitcoin. L’occasione, per rimarcare la linea è arrivata con la Conferenza nazionale sulle criptomonete di Las Vegas.
La linea, dettata dal vicepresidente J.D. Vance, è chiara. E c’è di mezzo anche l’immancabile corsa contro la Cina, la quale ha sposato la causa dello yuan digitale, dichiarando al contrario guerra a Bitcoin. “La diffidenza della Cina nei confronti del Bitcoin dovrebbe incoraggiare gli Stati Uniti ad abbracciare la più grande criptovaluta del mondo e a sfruttare il proprio vantaggio strategico nel settore delle risorse digitali”, ha chiarito Vance nel corso del suo intervento. “Bitcoin sarà un asset strategicamente importante per gli Stati Uniti nel prossimo decennio”. Per la Russia, invece, ha tutta l’aria di essere l’ennesimo salvagente.