Il governo Sanchez prende le distanze dalle decisioni Nato sull’aumento della spesa militare, motivando la scelta con ragioni sociali ma nascondendo una strategia più ampia di politica estera. Madrid punta a un equilibrio tra impegni nell’Alleanza e la costruzione di relazioni economiche solide con Cina, Paesi arabi e America Latina. La riflessione dell’ammiraglio Caffio
Con una nuova mossa “pacifista”, dopo aver preso le distanze dall’operazione Ue nel mar Rosso contro gli Houthi, Madrid di dissocia ora dalle decisioni Nato sull’incremento delle spese difesa. Anche se motivata da ragioni sociali, la scelta del governo Sanchez appare rispondere a logiche nascoste di politica estera e ad ancestrali richiami a posizioni neutraliste ed isolazionistiche.
La realtà è che la Spagna è perfettamente integrata nella Ue e nell’Alleanza ed ha solidi rapporti con gli Stati Uniti. Sicché l’attuale forma di dissenso, favorita da uno straordinario sviluppo economico, sembra avere valore tattico al fine di accrescere l’appeal internazionale del Paese verso i ricchi mercati cinesi, arabi e sudamericani. In ogni caso, si conferma che Madrid, oramai media potenza di rango non inferiore al nostro, per principio tende a differenziarsi dall’Italia sulla scena internazionale.
La Dichiarazione comune del Summit Nato dell’Aja sul target di spesa militare del 5% del Pil lascia trasparire tra le righe il dissenso di Madrid che considera “irragionevole” questo obiettivo. A latere il premier Sanchez dichiara anche che il suo Paese è “una nazione seria che onora i suoi impegni”; perché “il punto sta non in quanto si spende, ma in quali capacità si mettono sul tavolo per far fronte alle sfide dell’Alleanza”. Pesante è stata, com’è noto, la reazione del presidente Trump che ha definito “terribile” la posizione spagnola minacciando ritorsioni sui dazi nell’ambito della prossima intesa commerciale.
Indubbiamente Madrid ha calcolato bene rischi e benefici del suo disallineamento internazionale, come peraltro ha spesso fatto nella storia recente. Il mancato intervento nella prima e seconda Guerra Mondiale risponde a simili logiche neutraliste. Il regime franchista dovette tuttavia pagare con l’isolamento nel periodo postbellico l’alleanza con l’Asse nazifascista, finché, venuto meno il veto degli Stati Uniti, fu ammessa prima all’Onu nel 1955 e poi nella Nato nel 1982. I buoni uffici dell’Italia favorirono nel 1986 l’ingresso in una Comunità europea che temeva la concorrenza della florida agricoltura spagnola. Pulsioni neutraliste e antiamericane continuarono tuttavia a manifestarsi a lungo, forse per effetto della guerra ispano-americana del 1898 che portò alla perdita di Cuba e della flotta.
La leale adesione alla Nato è stato sino ad oggi un fatto incontrovertibile che trova riscontro nella presenza sul territorio spagnolo dell’importante basi militari Nato e Usa e nella partecipazione a molte missioni fuori area dell’Alleanza, anche se l’impegno in Afghanistan ed Iraq col tempo finì per ridursi. Altrettanto convinta è stata l’adesione alle operazioni marittime Psdc dell’Ue, tranne che come detto per Aspides; e così anche al contingente Unifil in Libano nell’ambito del quale Madrid è parsa a volte entrare in competizione con l’Italia.
Certo è che Madrid, sembra non aver ancora dimenticato nella sua politica estera questioni legate al suo passato, come l’espulsione degli Ebrei nel 1492 (di cui si coglie un’eco nelle tensioni con Tel Aviv per la Palestina) o la perdita di Gibilterra acquisita dal Regno Unito nel 1737. Un abile legame economico-politico è stato invece stabilito col Marocco, permettendo di arginare l’immigrazione illegale e blindare i possedimenti coloniali di Ceuta e Melilla.
A mettere le ali a Madrid c’è ora il grande sviluppo economico generato dal turismo e da un’industria che ha raggiunto traguardi di livello mondiale in settori come l’automotive. Di recente, un eccellente rapporto con Pechino ha consentito di riequilibrare a proprio favore l’import-export. Non secondaria è la produzione di armamenti ed il relativo export. Si pensi ad esempio al continuo miglioramento della collaborazione con la Turchia nella produzione di navi ed aerei.
Proprio per questo, la posizione spagnola nei confronti del target Nato del 5% va considerata nel suo giusto contesto: non tanto come reale dissociazione dagli obiettivi militari dell’Alleanza ma come ricerca di una postura internazionale non appiattita in ambiti multilaterali e caratterizzata da agilità e dinamismo.
Un ulteriore fattore da considerare per far emergere in controluce gli elementi di differenza con l’Italia — che per Madrid è sempre un termine di paragone — forse giova alla Spagna la non adesione al G7. Questo le consente infatti libertà di manovra con tutti i più importanti partner ad iniziare dagli Usa. Non a caso l’Indo-Pacifico è fuori dalla sua visuale anche perché, come detto, la Cina ha stretto un importante accordo commerciale facendo del territorio iberico una testa di ponte per le sue esportazioni nell’Ue.