Tra le sfide dell’ex leader della Cisl, ora sottosegretario per il Mezzogiorno, quegli investimenti già avviati ma che ora vanno fatti fruttare. La Zes unica ha funzionato bene, ora il problema è il lavoro nero. Intervista a Costanzo Jannotti Pecci, presidente di Confindustria Campania
Sarà Luigi Sbarra a guidare l’azione del governo per il Mezzogiorno. Giorgia Meloni ha infatti deciso di affidare al sindacalista calabrese, ex leader della Cisl, la carica di sottosegretario alla presidenza con delega per il Sud. Una casella ancora da colmare, dopo l’approdo di Raffaele Fitto alla vicepresidenza della Commissione europea. Ora non più. Le sfide di Sbarra non sono poche. E nemmeno facili.
Prima la pandemia, poi gli shock energetici dovuti alla guerra e ora i venti, più o meno forti, di guerra commerciale, hanno fiaccato la ripresa. Il prossimo anno, poi, andrà a scadenza naturale il Pnrr: quel che sarà fatto, in termini di investimenti, sarà fatto. E allora, potrà bastare quella Zes unica, eredità dell’opera di Fitto? Interrogativi girati direttamente a Costanzo Jannotti Pecci, presidente di Confindustria Campania e gran conoscitore di cose meridionali.
Il taccuino per un Sud più competitivo è pronto. “Bisogna accelerare gli interventi infrastrutturali completabili entro la scadenza del 2026 e finanziare con nuovi strumenti quelli stralciati dalla nuova revisione del Piano”, mette subito in chiaro Jannotti Pecci. “Occorre che ogni euro sia speso con efficacia, ottimizzando le risorse per creare un territorio più competitivo, dotato di opere pubbliche e servizi in grado di supportare l’attività d’impresa e migliorare la qualità della vita di tutti i cittadini. Diversi indicatori economici dicono che il Mezzogiorno sta crescendo. Bisogna accelerare queste dinamiche. Sbarra, con la sua esperienza passata ai vertici di un importante sindacato come la Cisl, dove ha mostrato doti di equilibrio e buonsenso, può contribuire a raggiungere questi obiettivi”.
Va bene, ma la Zes unica in che modo può aiutare. Anche qui il numero uno delle imprese campane fa i dovuti chiarimenti. “Siamo stati da sempre favorevoli alla creazione di condizioni favorevoli agli investimenti in tutto il Mezzogiorno. Va dato merito all’attuale vicepresidente della Commissione europea Fitto di avere, nel suo incarico precedente di ministro del governo Meloni, realizzato con sagacia e determinazione uno strumento utile al conseguimento dello scopo. I risultati ci stanno dando ragione: nuove imprese si insediano, investitori tornano a guardare al Sud come a una terra di opportunità. Dobbiamo ora capitalizzare questo fenomeno, puntando a che, accanto a nuovi investimenti, il Mezzogiorno recuperi anche centri direzionali e management in grado di governare al meglio l’innovazione”.
La base di partenza, insomma, c’è. E anche quel capitale poc’anzi menzionato. Lo dicono, d’altronde, i numeri, come quelli relativi all’andamento del mercato del lavoro. “È dagli anni pre-pandemia che il lavoro al Sud cresce più che nel centro-Nord, ma il differenziale è ancora insoddisfacente. Si parte infatti da un divario di una ventina di punti nel tasso di occupazione. Dobbiamo orientare la nuova politica industriale verso il Mezzogiorno, in modo da recuperare almeno dieci punti in un lasso di tempo relativamente breve. Con benefici enormi per l’intero Paese, perché crescerebbero base produttiva e imponibile, con la prospettiva di ridurre anche il debito pubblico”.
Non sarà, però, una passeggiata. C’è la legalità, da difendere, prima di tutto. “Non possiamo peraltro trascurare la necessità di contrastare nel contempo un fenomeno, il lavoro nero, che oltre a nascondere una realtà di occupati in condizioni retributive e di sicurezza non consone a un Paese moderno e civile, penalizza chi fa impresa sana, rispettando le regole e i propri collaboratori”.