Nelle prossime ore arriverà l’ottavo stop al balzello sulle bevande zuccherate, più ideologico che realmente utile per l’erario. Anche perché, calcolatrice alla mano, avrebbe fatto più danni che altro. Il ruolo, decisivo, di Forza Italia
Ogni volta che si avvicina la data che segna l’entrata in vigore della sugar tax, quando la tagliola sulle imprese sta per scattare, ecco che arriva la proroga. L’ottava, per la gioia del comparto del beverage made in Italy, che in Italia contribuisce e non poco all’economia nazionale.
Il primo luglio entrerà in vigore la tanto criticata tassa sulle bevande zuccherate. Alt, doveva entrare in vigore. Un balzello che, in termini di gettito, non supererebbe i 600 milioni, cagionando, calcoli delle associazioni di categoria, una mancata Iva per 275 milioni e un danno alle imprese, sotto forma di extra-costi, di 2,2. A conti fatti, più una strombazzata che altro. In Gran Bretagna, tanto per farsi due conti, il gettito atteso nel 2018 era di 550 milioni di sterline mentre alla fine lo Stato ha incassato solo 246 milioni.
Evidentemente, però, le parole proferite dal ministro degli Esteri, Antonio Tajani, a margine dell’assemblea annuale di Confcommercio, devono aver prodotto il loro effetto. Tanto che il Consiglio dei ministri, in programma domani, sancirà con ogni probabilità il rinvio della sugar tax al primo gennaio 2026. “Chiediamo fin da subito il rinvio della sugar tax almeno fino alla fine di quest’anno per poi rinnovarla per altri 6 mesi. Insomma, almeno un anno ci deve essere di rinvio”, aveva messo in chiaro il numero uno di Forza Italia. Detto, fatto. O quasi.
Al Tesoro, in queste ore, si starebbe valutando l’ipotesi di posticipare a fine anno l’entrata in vigore dell’imposta sul consumo delle bevande analcoliche edulcorate. Non si esclude che la norma che congela l’entrata in vigore possa essere inserita in un prossimo decreto fiscale, da approvare proprio domani pomeriggio. Va detto che rinvio della sugar tax era già stato proposto nel corso dell’esame dell’ultimo Milleproroghe tramite alcuni emendamenti presentati da Forza Italia in commissione Affari costituzionali al Senato. All’epoca, il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani, aveva detto che “il governo e il Mef hanno raccolto le sollecitazioni dei partiti di maggioranza, di Forza Italia in particolare, e ci impegniamo ad affrontare la questione di qui a qualche mese”.
Una cosa è certa, se l’obiettivo del palazzo era quello di combattere la presenza di zucchero nelle bevande, tutelando la salute, le imprese si sono portate un passo avanti. Sono, infatti, in costante calo gli zuccheri nelle bevande e soft drink prodotti in Italia e nel mercato comunitario. Di più. Secondo dati Unesda (la European soft drinks industry association) gli sforzi delle imprese hanno permesso un risultato complessivo tra i diversi stati Ue che supera gli stessi obiettivi della Ue, con la riduzione degli zuccheri aggiunti nei soft drink pari al 14,6%, realizzata tra il 2015 e il 2019. Quest’ultima diminuzione dello zucchero si aggiunge ai risultati precedentemente ottenuti, che portano a una riduzione totale di zuccheri aggiunti del 26% dal 2000 a oggi. E l’Italia, tra gli ultimi Paesi in Ue per consumo di soft drink, ha fatto già la sua parte con il 20% di riduzione di zucchero immesso in consumo tramite soft drink, come emerge dai risultati illustrati dal ministero della Salute nel 2018, senza l’introduzione di alcuna misura fiscale.