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Terorrismo, perché gli Usa intensificano i raid in Somalia

Gli Stati Uniti hanno intensificato i bombardamenti in Somalia contro gruppi jihadisti, in un conflitto poco visibile ma strategicamente rilevante. Il rischio è la saldatura tra le dinamiche del Corno d’Africa e quelle del Sahel, dove la piaga del terrorismo è alimentato dal contesto socio-politico, economico e climatico

Gli Stati Uniti hanno condotto almeno 32 attacchi aerei in Somalia dall’inizio dell’anno, più del doppio rispetto al 2024. Una campagna militare che si svolge nell’ombra, senza clamore mediatico né dibattito politico interno, ma che segnala l’attenzione strategica che Washington continua a riservare al Corno d’Africa dopo anni e anni di lotta al terrorismo regionale.

Secondo l’Africa Command (Africom), tra il 1° febbraio e il 4 giugno, le forze americane hanno colpito 20 volte Isis-Somalia e 12 volte al-Shabab — le due più grandi fazioni attive nell’area. Il ritmo degli attacchi è aumentato sensibilmente in primavera, con 19 raid concentrati nei mesi di aprile e maggio, a conferma di un’escalation che rispecchia l’intensificarsi della minaccia jihadista.

Le operazioni si sono concentrate in aree strategiche del Paese, tra cui le zone a sud-est di Bosaso, lungo il Golfo di Aden, e le regioni a nord-ovest di Kismayo, vicino al confine keniota. In questi giorni, Africom ha confermato tre nuovi attacchi contro cellule di Isis-Somalia.

Durante un recente intervento al Council on Foreign Relations, l’ammiraglio James Kilby, acting Chief of Naval Operations, ha rivelato che il gruppo navale della portaerei Harry Truman ha condotto a maggio “il più grande bombardamento aereo mai effettuato da una singola portaerei”, sganciando 125.000 libbre di ordigni sul territorio somalo.

È stata una delle rare informazioni pubbliche fornite su queste attività — che in parte sono riservate per ragioni operative, in parte pecche politicamente non sono troppo amate dai sostenitori Maga della presidenza. Tuttavia regole d’ingaggio per i raid sono state ulteriormente allentate nei primi mesi del 2025 dall’amministrazione Trump, rendendo le operazioni più rapide e flessibili, ma anche meno trasparenti. I dati sulle vittime – civili o combattenti – restano scarsi: un attacco di febbraio avrebbe eliminato 14 miliziani di Isis, tra cui un reclutatore e un finanziatore del gruppo. Ma forse ci sono anche dei danni collegarli.

“L’Africa resta un teatro strategico da cui gli Stati Uniti non possono distogliere lo sguardo”, ha dichiarato il generale Michael Langley, comandante di Africom, in un’audizione al Congresso nei giorni scorsi. “È un terreno fertile per gruppi terroristici che sfruttano le fragilità locali per espandere e diffondere la loro ideologia”. Langley ha anche affermato che da Somalia si gestisce oggi una parte rilevante della rete globale dell’Isis.

Il contesto somalo è infatti una parte di un quadro più ampio. La minaccia jihadista è acuta soprattutto nel Sahel, dove l’instabilità climatica e politica alimenta la violenza. Dopo il colpo di Stato in Niger, le forze statunitensi si sono ritirate dal Paese, mentre la Francia ha drasticamente ridotto la propria presenza militare nella regione.

Nel vuoto lasciato dall’Occidente, si è inserita la Russia, che ha rafforzato i legami con diversi Paesi africani tramite il gruppo Wagner — ore quasi completamente sostituito dal più istituzionale Africa Korp. Il Cremlino ha annunciato questa settimana l’intenzione di incrementare la cooperazione in “aree sensibili come la difesa e la sicurezza”.

Lontano dai riflettori mediatici occidentali, la guerra nel Corno d’Africa continua. E con essa, la partita per la sicurezza globale. È una delle crisi più ignorate e meno comprese a livello internazionale. Vaste aree del continente sono ormai zone franche per i gruppi jihadisti — territori estesi quanto metà degli Stati Uniti continentali. Se questa instabilità non viene affrontata in modo strutturale, è solo una questione di tempo prima che la minaccia si espanda oltre i confini regionali, assumendo una dimensione transnazionale.


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