L’unica possibilità per reggere la competizione con il Dragone sui minerali critici è per Washington aumentare gli investimenti nei Paesi in via di sviluppo e stringere nuovi accordi. Ma per farlo serve rianimare la Developmente financial corporation
Se gli Stati Uniti stavano cercando un jolly per mettersi in scia alla Cina, nella corsa alle terre rare, forse lo hanno trovato. Anzi, lo avevano già in casa. E ha nome e cognome: Development financial corporation (Dfc). Le generalità, prima di tutto. Si tratta di un ente istituito con la prima presidenza Trump, mediante il Build Act, nel 2018, sotto forma di agenzia federale per sostenere gli investimenti degli Usa nei Paesi in via di sviluppo. Quelli, guarda caso, più ricchi di minerali critici, utili alla prima economia mondiale a tenere il passo della competizione con il Dragone.
Ebbene, questa, secondo gli esperti dell’Atlantic Council, è la leva che Washington può usare. Anzi, deve. Non solo per investire nell’estrazione di minerali critici, come già sta facendo in Brasile, ma anche per stringere nuovi accordi grazie ai quali strutturare una propria rete di approvvigionamento. D’altronde, con la Cina padrona del 70% delle terre rare sparse per il mondo, c’è poco da perder tempo. “Utilizzare la Dfc è fondamentale per garantire che gli Stati Uniti non vengano surclassati dalla Cina nel loro emisfero. È essenziale per sostenere l’occupazione statunitense, creare mercati per le esportazioni statunitensi, promuovere l’indipendenza energetica e collegare direttamente i risultati della politica estera ai benefici economici per i lavoratori americani. Il Congresso deve agire con decisione per tutelare gli interessi economici e la leadership americana nell’emisfero occidentale”, si legge in un rapporto dell’Atlantic Council.
Ora, problema. In questi mesi al Congresso americano sono in discussione una serie di provvedimenti mediante i quali dare nuova potenza di fuoco all’agenzia. Ma per gli economisti è questa la strada da battere. “Ora più che mai occorre dare priorità alla garanzia che l’agenzia possa mobilitare efficacemente capitali privati per investimenti ad alto impatto in infrastrutture, minerali, energia, tecnologia e assistenza sanitaria. Questi settori sono essenziali per il rafforzamento degli Stati Uniti a livello nazionale e non: ad esempio, gli investimenti nell’esplorazione mineraria di terre rare garantirebbero un accesso preferenziale alla risorsa e genererebbero posti di lavoro negli Stati Uniti in settori chiave come la classificazione, lo stoccaggio, la distribuzione e la lavorazione”.
Non è finita. “Questi investimenti dovrebbero dare priorità alla rilocalizzazione delle catene di approvvigionamento per minerali critici, semiconduttori, input farmaceutici e connettività digitale in tutta l’America Latina e nei Caraibi. Rafforzare le alleanze strategiche con paesi che condividono gli stessi ideali e con il settore privato è essenziale per espandere il ruolo della Dfc in settori vitali per l’economia e la sicurezza nazionale degli Stati Uniti”. Per tutti questi motivi, ora più che mai l’ente a stelle e strisce “può e deve fungere da strumento strategico di contrasto alla crescente competizione globale per l’influenza in tutto il mondo, e in particolare in molti dei paesi in via di sviluppo che hanno continuato ad aderire alla Belt and Road Initiative cinese”. E allora, pronti, motore, azione.