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Un’alternativa a OpenAI per influenzare il mondo. Ecco come la Cina si muove in Asia e Africa

Zhipu AI sta portando avanti una serie di iniziative per aumentare la presenza del Dragone nel mondo, ma secondo la start-up di Sam Altman lo starebbe facendo in modo aggressivo. L’ennesima sfida della corsa all’IA tra Usa e Cina

“Mentre promuoviamo lo sviluppo della tecnologia di modelli nazionali su larga scala, speriamo anche di mettere a disposizione del mondo la potenza dell’IA cinese”. Tutto si può dire tranne che Liu Debing stesse nascondendo le sue intenzioni. Il presidente di Zhipu AI, l’azienda di intelligenza artificiale supportata dal governo di Pechino, era stato molto chiaro su quale fosse la missione: continuare a cavalcare il progresso in patria per esportarlo altrove. Più precisamente, in Asia e Africa, come denunciato da OpenAI. In base a quanto scrive Axios, la start-up di Sam Altman avrebbe acceso i riflettori sulla concorrente cinese per mettere in risalto l’aggressività messa in campo per influenzare Paesi terzi a utilizzare i suoi strumenti. L’ennesimo capitolo della sfida Usa-Cina nella corsa all’IA.

Un mese e mezzo fa, OpenAI aveva svelato il suo programma per il mondo. “OpenAI for Countries” si era posto l’obiettivo di collaborare con autorità statali per istituire e gestire data center in modo tale da utilizzare Chat-GPT per potenziare i servizi per la popolazione. Un modo per esportare il progetto Stargate in tutto il mondo, per rafforzare la democrazia. Un po’ quello che sta provando a fare Zhipu AI, come sostiene la società americana in una dichiarazione. L’obiettivo della controparte “è quello di consolidare i sistemi e gli standard cinesi nei mercati emergenti prima che possano farlo i rivali statunitensi o europei, presentando al contempo un’alternativa di intelligenza artificiale responsabile, trasparente e pronta per la verifica”.

È l’ennesima conferma di come la tecnologia stia diventando sempre di più un’arma di soft-power per stringere nuove partnership. Vale per gli Stati Uniti, che lo fanno in modo plateale come dimostra la schiera di imprenditori che Donald Trump si è portato dietro durante il suo viaggio nel Golfo. E vale ovviamente per la Cina, che lo fa in modo più o meno evidente attraverso le eccellenze imprenditoriali che controlla – in Zhipu AI c’è anche Saudi Aramco, primo investitore estero a partecipare al suo finanziamento con 400 milioni di dollari.

Questo modus operandi è molto evidente in Africa, dove la Cina sta mettendo le mani da anni. Si lega ai vari Paesi con progetti infrastrutturali volti a favorire il progresso, compreso quello tecnologico. La missione è affidata a varie aziende, ma soprattutto al colosso di casa Huawei. La sua presenza nel continente è data, rafforzata negli ultimi anni attraverso varie partnership e collaborazioni con enti locali. A maggio di un anno fa, aveva anche tenuto il Huawei Digital Africa Summit di Marrakech, in Marocco, dal nome piuttosto eloquente: “Accelerare l’intelligence per la Nuova Africa”.

Nel mirino di Pechino c’è poi da sempre il Sud America, in particolar modo il Brasile. È lì che si stanno concentrando le attenzioni del Dragone, soprattutto da parte delle aziende di e-commerce che trovano difficoltà a vendere i loro prodotti negli Stati Uniti e in Europa per via delle tensioni commerciali. Tra queste c’è anche TikTok Shop, la stessa che è sotto stretta osservazione delle autorità americane e britanniche preoccupate del ruolo ingerente della società madre ByteDance. L’obiettivo, ha spiegato un esperto al New York Times, non è tanto quello di fare soldi quanto piuttosto di dominare il mercato brasiliano con i loro prodotti. L’esempio perfetto è Temu, che ha invogliato a comprare i propri beni promuovendoli con prezzi al ribasso.


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