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Verso il vertice Nato. 5 o 3,5%? I numeri sulla Difesa

Che cosa si muove verso l’incontro Meloni-Rutte? Tutte le sfide in campo in chiave Nato, dallo step del 3,5%, alle possibili strade Ue in Ucraina, dalla posizione già espressa da Crosetto alla proposta Tajani sulla deroga al patto di stabilità. Nel mezzo una certezza oggettiva: mai Mosca ha avuto un esercito così grande dalla fine della Guerra fredda

De bello ucraino, ovvero come il racconto su quella guerra si intreccia giocoforza con le strategie, future e presenti, di Nato e Ue. Mentre sono iniziate le esercitazioni Nato ‘Baltops 25’ nella regione del mar Baltico che si concluderanno il prossimo 20 giugno (con 40 navi, 25 aerei e 9.000 soldati) si apre la fase progettuale relativa al paniere di spunti e idee verso la conferenza Nato dell’Aia il 24 e 25 giugno. Non solo proposte come l’aumento delle capacità di difesa dell’alleanza, che Mark Rutte chiede del 400%, ma anche spazio, scudi difensivi e decisioni sul fronte ucraino. Tutti temi interconnessi, di cui il segretario generale discuterà con Giorgia Meloni il prossimo 12 giugno a Palazzo Chigi e che ha anticipato a Londra durante un evento presso il think tank di Chatham House. Nel mezzo, il dibattito sul 5% del pil, che si affianca alla proposta del ministro della difesa Guido Crosetto di trovare un compromesso al 3,5%.

Il salto di qualità

Le capacità di difesa aerea e missilistica dell’Alleanza, in particolare per contrastare una Russia che “semina il terrore dai cieli”, devono aumentare del 400%. Secondo Rutte occorre un salto di qualità nella nostra difesa collettiva. “Il fatto è che il pericolo non scomparirà, nemmeno con la fine della guerra in Ucraina”. Parole che riecheggiano da Downing Street dove Rutte ha incontrato il primo ministro britannico Keir Starmer, proprio mentre Donald Trump chiede agli alleati europei e al Canada di impegnarsi a destinare almeno il 5% del loro prodotto interno lordo alla difesa. Passaggio su cui Crosetto pochi giorni fa ha spiegato la posizione italiana: niente 5% ma accelerazione sull’industria della difesa. Un periodo denso di incontri, a cui va sommato il G7 in Canada del 15 e 16 giugno. Ragion per cui va trovata una quadra. Tra l’altro il 12 giugno nel giorno della visita a Roma di Rutte si terrà a Villa Madama la Riunione Ministeriale “Weimar Plus” dedicata all’Ucraina e alla sicurezza europea, presieduta dal Ministro degli Esteri Antonio Tajani, alla presenza dei ministri degli Esteri e dei rappresentanti di Germania, Polonia, Spagna, Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, Francia e Ucraina e delle istituzioni europee e dell’alleanza.

Il dibattito sulle spese e sulle truppe

Dopo le riflessioni del ministro Crosetto, è Tajani a predicare prudenza e realismo: per il 5% del Pil da destinare alla difesa potrebbe servire derogare al Patto Stabilità, perché per l’obiettivo servirà tempo. Dalle colonne di Milano Finanza, il numero uno della Farnesina spiega che l’Italia ha rispettato il precedente target del 2% e ora bisogna capire come aumentare gli investimenti militari trattando con gli americani. “Certo, sarebbe una contraddizione se gli Usa ci imponessero dei dazi e poi ci chiederebbero di spendere di più per la difesa, ma anche l’Italia potrebbe derogare al Patto di Stabilità e Crescita come suggerito dalla Commissione. È una via su cui ci confronteremo nel governo e io non sono contrario a priori. Dovremo però spiegare ai cittadini perché non la seguiremo anche per la sanità o l’istruzione. Agli italiani faremo capire che la sicurezza è un’idea più ampia dei soli carri armati armati, che comprende le infiltrazioni terroristiche e la cybersicurezza”.

Cause ed effetti: i numeri russi

Dunque l’effetto di una serie di cause, tra cui il fatto che Mosca non ha un esercito così potente dalla fine Guerra fredda. La Russia secondo il ministro Crosetto “ha ricostituito una potenza militare che non aveva più e ha aumentato la produzione industriale, noi siamo meno pronti perché abbiamo smesso di investire dalla fine della Guerra fredda”. La tesi del ministro di FdI è che il momento è complicato, perché da un lato vi sono tecnologie offensive e difensive sempre più sofisticate e dall’altro, come in Ucraina, “guerre combattute da esseri umani in trincee uguali a quelle del primo conflitto mondiale”. Per cui la differenza tra Russia e Ucraina sta nei due bacini di reclutamento, nel numero di persone che possono essere mandate a combattere. “La Russia negli ultimi mesi ha avviato due nuove campagne di reclutamento, con stipendi molto più elevati, con l’obiettivo di arrivare ad avere un milione e 600 mila attivisti militari. E a questi vanno aggiunte 5 milioni di riservisti, che non sono riservisti svizzeri ma forze immediatamente impiegabili, per un bacino potenziale di 5 milioni e 600 mila unità”, ha osservato.


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