In vista del vertice dell’Aia, la Nato si prepara ad affrontare sfide complesse in uno scenario di sicurezza globale sempre più interconnesso. Tra i temi all’ordine del giorno, maggiore coesione interna tra i membri, un impegno economico più ambizioso e nuovi equilibri tra Europa e Stati Uniti. Si propone qui un estratto dell’intervista di Flavia Giacobbe, direttore di Formiche e Airpress, al presidente del Comitato militare dell’Alleanza Atlantica, l’ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, comparsa sul numero di giugno di Airpress
La Nato si prepara al summit dell’Aia, tra nuove sfide e obiettivi ambiziosi. L’ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, presidente del Comitato militare della Nato, ha spiegato ad Airpress cosa aspettarsi da questo vertice.
Ammiraglio, quello dell’Aia sarà ricordato come il summit del budget. L’asticella delle ambizioni viene innalzata dal 2% al 5%. Che tipo di scenario si troverà di fronte la Nato al concretizzarsi di questo impegno?
La convergenza di intenti fra Russia, Cina, Iran e Corea del Nord costituisce una minaccia formidabile per l’occidente. In risposta a questo, la Nato ha davanti a sé una sola strada: rafforzare la sua coesione interna e i suoi partenariati, accrescere l’impegno per la sicurezza e la stabilità internazionale e sviluppare capacità di deterrenza tali da scoraggiare qualsiasi intenzione aggressiva. Per questo motivo dobbiamo raggiungere nei tempi previsti la dimensione operativa stabilita nel vertice di Vilnius, e rafforzare la cooperazione tra alleati e Paesi partner, anche in materia di industria e tecnologia. Durante l’incontro dei ministri della Difesa Nato, lo scorso 5 Maggio, abbiamo approvato all’unanimità nuovi ambiziosi quanto necessari obiettivi di capacità. Questo richiederà un maggiore impegno economico, non c’è dubbio. In 75 anni di storia non abbiamo perso un centimetro di territorio Nato. Così dovrà essere, e sarà, in futuro.
Se oggi Washington garantisce il 44% delle capacità militari convenzionali in Europa, questa cifra è destinata a scendere entro il 2032. Parliamo di una riduzione importante. L’Ue dovrà garantire il 70% delle forze difensive. Siamo pronti, a suo avviso, per un percorso di questo tipo?
Un aspetto cruciale è il pieno coinvolgimento e sostegno da parte delle opinioni pubbliche, come emerso in occasione della riunione del Comitato militare della Nato del 14 maggio scorso. La crisi Ucraina ha portato la guerra in Europa e nelle case dei nostri cittadini, che devono essere consapevoli dell’importanza di disporre di una forte e credibile capacità di deterrenza, al fine di non dover pagare il prezzo insostenibile versato dal popolo ucraino. Investire in capacità di deterrenza difesa è impegnativo. Ma meno che dover affrontare una guerra, ancorché difensiva, e la ricostruzione. Con il pieno sostegno dell’opinione pubblica saremo pronti a percorrere con successo una strada che preveda: l’incremento della spesa militare; una base industriale più ampia per incrementare la produzione di munizioni e quanto necessario a supportare la difesa, rilanciare la cantieristica e finanziare la ricerca scientifica e tecnologica; lo sviluppo di cooperazioni industriali di ampio respiro fra i Paesi europei, l’Ue e i Paesi partner. I Paesi Alleati europei e il Canada sono consapevoli della necessità di incrementare e ribilanciare il loro contributo alla sicurezza e difesa della regione euro-atlantica, e si stanno muovendo compatti verso questa direzione.
Quello dell’Aia sarà soprattutto il primo summit con Trump di nuovo presidente. I partner europei dell’Alleanza hanno come obiettivo quello di tenere più vicini possibili gli Usa nella Nato. Riusciranno in questo intento?
Dall’osservatorio di Bruxelles posso assicurare che non ci sono segnali concreti tantomeno piani operativi tali da poter far pensare a un disimpegno degli Stati Uniti. Il dato da cui non si può prescindere è che l’Europa è cruciale per la sicurezza del mondo libero, l’Atlantico, l’Artico e il fianco est e sud della Nato. E per gli Stati Uniti. Come gli Stati Uniti sono cruciali per l’Europa. Detto ciò, la richiesta americana di una maggiore assunzione di responsabilità degli europei, che peraltro ritengo legittima e già sollevata anche da precedenti amministrazioni, viene ora ripresa. Con maggiore determinazione. A fronte di questa aspettativa, i partner europei e il Canada stanno sviluppando un grande impegno nell’accrescere il proprio contributo finanziario e militare, anche se con velocità e modalità dettate dalle diverse capacità di adattamento alle nuove esigenze.
Il prossimo fronte di tensioni con la Russia (e con la Cina) sarà l’Artico. Che tipo di proiezioni la Nato immagina per la regione?
L’Artico è certamente una grande opportunità, ma sta emergendo anche come una nuova area di acceso confronto geopolitico. La Russia ha significativamente incrementato la sua attività militare nella regione, istituendo un nuovo Comando artico, aprendo nuovi e ex siti militari artici di epoca sovietica, e utilizzando la regione come banco di prova per nuovi sistemi d’arma. Anche il crescente interesse della Cina per l’estremo nord è motivo di preoccupazione. La crescente cooperazione sino-russa ha implicazioni strategiche e operative per la posizione di deterrenza e difesa della Nato nella regione. In risposta, l’Alleanza sta aumentando esercitazioni e addestramento nell’ambito dei piani di deterrenza e difesa, rafforzati dalla recente adesione di Svezia e Finlandia. Questo mi fa sperare che la Russia, ma anche la Cina (auto-dichiaratasi Stato di prossimità artico) propendano per una competizione sostenibile. Dal comando Nato di Norfolk vigiliamo attentamente sull’evoluzione dello scenario artico.