“Azione non entrerà in coalizioni costruite solo per fermare la destra, senza un progetto coerente. Non ci prestiamo a operazioni basate sull’incoerenza”. Su Formiche.net, Matteo Richetti, deputato e portavoce di Azione, smonta la “tenda riformista” dei ricostruttori del centrosinistra e disegna i contorni di un’alternativa possibile
Il centro riformista prova a ritrovare se stesso, ma la nebbia dell’ambiguità sembra fitta. E il mood della partita del Cuore svanisce dopo l’ultimo fischio. Matteo Richetti, deputato e portavoce di Azione, non ci sta a recitare il ruolo del gregario e dice chiaramente a Elly Schlein che sta infilando un errore dietro l’altro. Con la consueta franchezza, rilancia un’agenda politica fondata su responsabilità e coerenza, e mette in guardia il Pd da quello che definisce “un errore strategico di fondo”. Su Formiche.net, Richetti smonta la “tenda riformista” dei ricostruttori del centrosinistra e disegna i contorni di un’alternativa possibile.
Lei parla di un errore grave che Elly Schlein starebbe commettendo. A cosa si riferisce?
Guardi, è molto semplice. Il Partito Democratico sembra voler replicare uno schema che abbiamo già visto: un grande partito pigliatutto, attorniato da una costellazione di cespugli più o meno d’accordo su tutto, ma che alla fine servono solo a garantire i numeri. È una strategia miope. Perché quei cespugli, oggi, non ci sono. E soprattutto, non ci sarà la vittoria. Sicuramente non ci sarà Azione, in una coalizione costruita sull’ambiguità.
Dove si colloca oggi Azione rispetto al dibattito sulla sicurezza internazionale e sull’Europa?
Il punto è fondamentale. Conte è chiarissimo: è contrario al piano europeo di difesa, contrario al sostegno all’Ucraina, contrario alla spesa del 5% per la difesa come stabilito dal vertice Nato. Per noi, questi sono tre pilastri non negoziabili. Rappresentano la linea minima per evitare nuovi conflitti, mettere in sicurezza il nostro Paese e rafforzare la deterrenza europea contro la minaccia rappresentata da Putin. Allora mi chiedo: il Pd che linea ha? Perché non si possono costruire alleanze ignorando la politica estera. Non si governa sull’equivoco.
Lei ha sottolineato di recente e a più riprese il problema dei giovani. A cosa ti riferisci nello specifico?
C’è una vera e propria emergenza generazionale. I giovani oggi si trovano di fronte a un mercato del lavoro sottopagato, politiche per la casa inesistenti, una prospettiva previdenziale che definire drammatica è poco. A questo si aggiunge un Paese che non riesce a decidere nulla su diritti e doveri. Dovremmo essere noi, il fronte pragmatico ed europeista, a offrire un’alternativa credibile. E invece? Proponiamo la tenda riformista di Bettini e Renzi. Mi lasci dire: è un po’ pochino.
E il governo Meloni?
Un governo che resta al palo. Siamo l’unico Paese a non aver ancora ratificato il Mes. Tajani prova a parlare di ius scholae, ma le sue proposte vengono derise dalla maggioranza. La Lega vota contro Ursula von der Leyen, mentre Forza Italia e Fratelli d’Italia la sostengono. Un teatrino. Il balletto sul terzo mandato? Una tristezza. E premierato e autonomia sono diventati slogan inefficaci. Altro che governo vicino ai problemi del Paese reale.
Lei dice: “Nessuna alleanza sull’altare del nemico comune”. Cosa significa esattamente?
Significa che Azione non entrerà in coalizioni costruite solo per fermare la destra, senza un progetto coerente. Non ci prestiamo a operazioni basate sull’incoerenza. Le nostre priorità sono chiare: politica estera, sicurezza, energia, industria e lavoro. Chi vuole riportare il Paese agli slogan del ‘900, gridando “altrimenti vincono i fascisti”, lo faccia pure. Ma senza di noi. L’Italia ha bisogno di un’alternativa vera, concreta, non di formule vuote.