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La battaglia per le stablecoin è iniziata. E Pechino schiera Hong Kong

Saranno gli istituti dell’ex colonia britannica a emettere per primi le monete virtuali ancorate allo yuan, provando a mettere così il Dragone in scia agli Stati Uniti

Parte da Honk Kong la rincorsa della Cina alle stablecoin. Con gli Stati Uniti in piena febbre da monete virtuali ma ancorate (a differenza delle criptovalute) al dollaro, per il Dragone è tempo di mettersi a paro. O meglio, provarci. Su una cosa Casa Bianca e Federal Reserve sembrano essere d’accordo: per ridare linfa al verdone, fiaccato dagli ultimi mesi di guerra commerciale, gli Stati Uniti debbono giocare la carta delle stablecoin. Nei sogni di Donald Trump ci sarebbe ancora di più, creare quel mercato bitcoin friendly, sorta di universo parallelo al dollaro. Ma per il momento la sfida tra Cina e Usa rimane sul campo delle più ibride stablecoin.

Ed è ancora una volta, sponda Dragone, Hong Kong l’incubatore. “Un aspetto importante per molte banche di Hong Kong”, mette subito in chiaro uno studio di Kpmg, una delle società di consulenza più grandi al mondo, “riguarda le applicazioni pratiche della tecnologia blockchain. Tra le principali aree di esplorazione figurano lo sviluppo di soluzioni di regolamento all’ingrosso e la comprensione dei quadri normativi in ​​evoluzione per le stablecoin. Hong Kong è in prima linea in questi sviluppi, con il Progetto Ensemble che rappresenta un’iniziativa fondamentale nell’esplorazione dell’uso di asset digitali”.

E dunque, “le banche di Hong Kong stanno prendendo sempre più in considerazione le stablecoin, data la loro rapida crescita nei mercati globali degli asset digitali. Ad oggi, le stablecoin in dollari Usa hanno dominano gli scambi sugli exchange di criptovalute”, sottolinea Kpmg. Per questo “nel maggio 2025, il governo di Hong Kong ha approvato la legge sulle stablecoin per istituire un regime di licenze per gli emittenti di questa tipologia di asset. E dato il ruolo di Hong Kong come porta d’accesso finanziaria alla Cina continentale, il disegno di legge potrebbe avere implicazioni anche per la finanza digitale transfrontaliera, influenzando potenzialmente gli sviluppi normativi e commerciali al di fuori della regione“.

Ora, “Hong Kong prevede di sfruttare le stablecoin per applicazioni innovative come denaro programmabile, servizi di deposito a garanzia, gestione delle garanzie e voucher governativi e commerciali”. Una cosa è certa, la sfida agli Stati Uniti è lanciata. Specialmente nell’area pacifica. “Con il continuo aumento dell’interesse per le soluzioni di pagamento basate su blockchain da parte del settore privato e della pubblica amministrazione, le banche di Hong Kong hanno l’opportunità di posizionarsi come leader devono iniziare a sviluppare il personale e i sistemi fin da ora per prepararsi al futuro”.

E mai dimenticare che anche la Cina continentale si è mossa. Pochi giorni fa, come raccontato da Formiche.net i giganti tecnologici del Dragone JD.com e Ant, braccio finanziario di Alibaba, hanno infatti chiesto alla Pboc, la Banca centrale cinese, di autorizzare le stablecoin legate allo yuan. Le due big tech propongono che la Cina consenta il lancio di stablecoin. Dove? A Hong Kong.


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