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Ricostruzione Ucraina, l’Italia c’è. L’amb. Castellaneta spiega come

L’Italia si prepara a ospitare la Conferenza per la ricostruzione dell’Ucraina. A Roma, il 10 e 11 luglio, si cercherà di riportare al centro i fatti, le alleanze europee e la proiezione pragmatica del nostro Paese in uno scenario internazionale sempre più instabile. L’analisi dell’ambasciatore Giovanni Castellaneta

In questa fase strana e per certi versi preoccupante delle relazioni internazionali, in cui il valore del diritto appare sempre più sminuito, potremmo mettere in luce alcuni aspetti curiosi, come la nuova diplomazia delle telefonate e dei tweet varata dal presidente statunitense Donald Trump. il confronto diretto tra i principali responsabili internazionali prende il posto dei tradizionali canali diplomatici e diventa una gara a chi ottiene più consenso virtuale a livello planetario.

Il presidente degli Stati Uniti si sta mostrando molto attivo al telefono, parlando prima con il leader cinese Xi Jinping, poi con quello russo Vladimir Putin, infine con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, intervallando le sue conversazioni con annunci dai toni spesso clamorosi e propagandistici sui social, a partire dal suo Truth. La sua strategia, una versione abbastanza semplice del bastone e carota, sembra anche per sua stessa ammissione oltre agli obiettivi immediati di pace, essere finalizzata a conquistare il premio Nobel per la pace, riconoscimento per cui Trump ha maturato quasi un’ossessione dopo che lo stesso era stato conferito a Barack Obama nel 2009. Tuttavia, considerato che telefonate e post sui social media sono sicuramente meglio di cannoni e missili, fino a oggi gli sforzi del presidente per ripristinare la pace mondiale non sembrano avere avuto grande successo: il cessate il fuoco a Gaza viene rimandato di settimana in settimana, rimangono forti dubbi sull’effettiva distruzione del programma nucleare iraniano, e in Ucraina sono passate ben più di 24 ore rispetto a quelle promesse da Trump per concludere il conflitto con la Russia.

È questo lo scenario in cui si va delineando la terza edizione della Conferenza per la ricostruzione dell’Ucraina, che si terrà a Roma i prossimi 10-11 luglio. Purtroppo, le ostilità sul terreno ancora in corso e i ripetuti colloqui telefonici tra la Casa Bianca e il Cremlino sembrano non avere sortito fino a oggi effetti tangibili. L’atteggiamento messo in campo da Trump non ha pagato: l’alternanza di “schiaffi” inferti all’Ucraina (con, da ultimo, l’annuncio di bloccare le forniture di armi a Kyiv salvo poi confermare il sostegno alla difesa aerea) e di “carezze” riservate a Putin (verso cui il tycoon nutre una sincera ammirazione) non ha portato a una conclusione delle ostilità sul campo, dove nel frattempo si combatte ormai da mesi una guerra di posizione di tipo quasi “tradizionale” che sembra stridere con l’innovazione di mezzi e linguaggio usati dai leader.

Detto questo, l’Europa e l’Italia potrebbero finalmente giocare un ruolo concreto e significativo. Innanzitutto, l’auspicio è che la Coalizione dei volenterosi trainata da Francia e Regno Unito possa continuare a sostenere l’Ucraina e prepari attivamente il terreno per agire fin da subito quando le ostilità saranno finalmente terminate. Italia, Germania e Polonia sono gli altri Paesi coinvolti in prima linea, sulla scorta del vertice ristretto a cinque (più l’Ucraina) che si è svolto la scorsa settimana all’Aja ai margini del vertice Nato. E dunque, la Conferenza che si terrà a Roma sarà un’ulteriore utile occasione per ribadire il ruolo importante del governo italiano (con Giorgia Meloni, presidente del Consiglio, e Antonio Tajani, vicepresidente del Consiglio e ministro degli Esteri, in testa) per accelerare la ricostruzione economica dell’Ucraina, sfruttando la leadership di alcune aziende italiane nei settori civili (pensiamo a infrastrutture ed energia) e di difesa, rafforzando e stabilizzando non solo i nostri flussi di investimento verso Kyiv ma anche quelli commerciali.

Insomma, in un periodo in cui la diplomazia evolve rapidamente verso altre forme, è bene che l’Italia continui però a puntare su azioni concrete che diano risultati tangibili non solo nei rapporti bilaterali ma anche in termini di benefici percepiti dai territori e dalle popolazioni coinvolte. La nostra proiezione, di tipo regionale anziché globale, ci consentirebbe di essere protagonisti in contesti più vicini a noi nell’ambito della regione euro-mediterranea. A un livello più alto si tengono invece conversazioni più generali tra i leader dei principali Paesi (Stati Uniti, Cina e Russia) che puntano invece a ridisegnare gli equilibri globali attraverso una serie di reciproche concessioni e scambi sui singoli dossier (pensiamo ad esempio al disimpegno russo durante l’attacco all’Iran, probabilmente oggetto di contropartite su altri tavoli) che vanno dunque pensati come parte di un ‘tutto’ molto più ampio. Un’attività che sta ridisegnando l’ordine internazionale ove oramai le Nazioni Unite tutta la struttura internazionale disegnata dopo la Seconda guerra mondiale nel 1945 non svolgono più il ruolo centrale per il quale erano stati immaginati.


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