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Fed e Bce si spaccano sulle stablecoin

Da Sintra, dove si è appena chiuso il Forum delle banche centrali organizzato da Francoforte, emerge la frattura tra Lagarde e Powell. Per la prima le valute virtuali ancorate alla moneta sovrana sono un rischio. Ma per il secondo no. Ora palla a Trump

Stablecoin, sì grazie. O anche no. Da Sintra, località portoghese a due passi dal mare e dalla capitale Lisbona, arriva la prima spaccatura tra Federal Reserve e Banca centrale europea. Stavolta i tassi non c’entrano: la vigilanza americana, ormai in piena collisione con la Casa Bianca, non ha nessuna intenzione di tagliare il costo del denaro, non finché sarà risolta la partita commerciale con l’Europa e la Cina. La Bce, invece, di gas ne ha tolto e molto, con il risultato che oggi l’inflazione in Europa viaggia intorno al 2%, nelle vicinanze della soglia che costituisce la pietra angolare del mandato di Francoforte.

Il terreno della divergenza, tastato nel corso della due giorni del tradizionale Forum della Bce a Sintra, riguarda semmai le stablecoin, le monete virtuali ma ancorate alla valuta nazionale. Il che le rende molto diverse dalle cripotovalute, che al contrario ad oggi sono sganciate dalle valute sovrane. E per questo, a detta di molti governatori centrali, a cominciare da Fabio Panetta, rappresentano un rischio per il risparmio. E così, La presidente della Bce, Christine Lagarde ha ribadito a Sintra la posizione di forte diffidenza, vedi aperta ostilità dell’istituzione monetaria verso le stablecoin. Più aperturista, invece, la linea mostrata dal presidente della Federal Reserve, Jerome Powell.

“Sulle stablecoin ho una visione piuttosto forte”, ha detto Lagarde. “Innanzitutto penso che siamo preda di una certa confusione tra i concetti di moneta, mezzo di pagamento e infrastruttura di pagamenti. E questo sta accelerando a risultato delle tecnologie che vengono usate. Per quanto riguarda la moneta come bene pubblico e noi, come autorità che deve preservarla, il mio timore è che questo offuscamento delle linee di confine possa portare a una privatizzazione della moneta”.

E ancora, “non penso che questo sia lo scopo per cui siamo stati nominati, né che sia buono per il bene pubblico che è la moneta. Penso che rischi di minare la nostra capacità di condurre la politica monetaria e che rischi di indebolire la sovranità di quei Paesi o di quelle regioni che inavvertitamente diventano soggette all’uso di questi mezzi di pagamento-infrastrutture di pagamento. E che non dovremmo solo considerarlo, ma anche determinare quali debbano essere le nostre politiche su questo, se vogliamo proteggere quello che vogliamo proteggere”.

Per parte sua, il numero uno della Banca centrale americana (l’amministrazione Trump ha più volte affermato di voler fare leva sulle stablecoin per sostenere il ruolo globale del dollaro), ha affermato di “condividere le preoccupazioni che sento, ma penso che le stablecoin siano anche un passo positivo. Negli Usa non abbiamo al momento una normativa su questo specifico segmento. Stiamo cercando duramente di crearla, ora mi sembra che siamo ben instradati per farlo. Penso che sia qualcosa di cui abbiamo bisogno: serve una regolamentazione federale sulle stablecoin”. Palla a Donald Trump.


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