L’inviato speciale dell’Italia per Imec, l’ambasciatore Talò, parla dello stato della “rete di connettività” indo-mediterranea. “È un momento nuovo. Un passaggio importante: non più solo convegnistica e disegni geopolitici, stiamo entrando in una fase di concretezza operativa, con l’Unione Europea che non solo conferma l’impegno politico, ma assume anche un ruolo tecnico di coordinamento. Si pongono fondamenta politiche, certo, ma emergono anche aspetti pratici e operativi”
Imec (India-Middle East-Europe Economic Corridor) sta diventando un tema ampiamente trattato e sta vivendo una fase di rilancio. L’ambasciatore Francesco Maria Talò, inviato speciale italiano per il progetto, scommette sul futuro del corridoio (o meglio, dice lui, “rete dì connettività”), a cui ora serve “dare concretezza, senza voli pindarici: serve misurare obiettivi e ambizioni con i mezzi che abbiamo a disposizione”. Ma l’Italia deve sfruttare tutte le opportunità offerte in “una fase ancora fluida, ma che può anticipare un decollo strategico se Roma saprà muoversi con determinazione”.
Questa conversazione con Formiche.net arriva dopo la prima riunione, tenuta a Bruxelles su iniziativa della Commissione europea, tra i firmatari europei dell’accordo Imec – Italia, Francia e Germania – insieme a Luigi Di Maio, rappresentante speciale dell’Unione Europea per la Regione del Golfo, e ai vertici della Direzione Generale per i Partenariati Internazionali (Dg INTPA), guidata da Koen Doens, e della Direzione Generale per il Medio Oriente e il Nord Africa (Dg MENA), sotto la responsabilità dell’italiano Stefano Sannino.
“È un momento nuovo. Un passaggio importante: non più solo convegnistica e disegni geopolitici, stiamo entrando in una fase di concretezza operativa, con l’Unione Europea che non solo conferma l’impegno politico, ma assume anche un ruolo tecnico di coordinamento. Si pongono fondamenta politiche, certo, ma emergono anche aspetti pratici e operativi”.
Talò spiega come l’IMEC sia uscito dalla fase iniziale, in cui il tema era poco conosciuto e poi discusso solo in dibattiti tra esperti o tramite spunti e intuizioni economiche. “Ora siamo su un piano diverso, più operativo: occorre mettere in campo strumenti, competenze tecniche e visione per costruire il progetto. E lo stiamo facendo a più livelli”.
L’ambasciatore descrive questo approccio multilivello, che parte dal coordinamento interministeriale promosso alla Farnesina “lavoriamo per fare un inventario delle iniziative e condividere conoscenze e competenze tra vari ministeri e amministrazioni” — e arriva al coinvolgimento del settore privato. “Le grandi aziende possono indicare aree d’interesse e margini d’azione. Vogliamo coinvolgerle per dare forza al progetto e farlo camminare sulle gambe dell’economia reale”.
La dimensione europea è poi individuata come quella centrale. Dopo una prima fase di scambi a distanza, Talò ricorda che la sua prima visita “con questo cappello” da inviato è stata proprio a Bruxelles. Non a caso (in fondo avvenne così anche per il Presidente del Consiglio all’inizio del governo Meloni). A poca distanza è poi arrivata l’iniziativa della Commissione che ha riunito i Paesi Ue firmatari dell’accordo. Italia, Francia e Germania. Parigi si è mossa da tempo in modo strutturato. Roma c’è, col ministro Antonio Tajani che crede molto nell’iniziativa e nel ruolo di punta che potrà avere Trieste (“il porto più settentrionale del Mediterraneo ed il più vicino al cuore produttivo dell’Europa”, ricorda Talò). Adesso anche Berlino si inizia a profilare e sembra affidarsi al proprio ministero dell’Economia.
Talò insiste sullo spirito “Team Europe”, pur riconoscendo differenze relative tra i vari interessi nazionali. “Dobbiamo agire come squadra. Condividiamo la maggior parte degli obiettivi e dobbiamo chiarire quali risultati vogliamo ottenere, e con quali mezzi, per poterci presentare ad Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, India e Stati Uniti (gli altri firmatari, ndr) con una posizione unitaria e una capacità tecnica all’altezza. I temi tecnici, penso soprattutto alle infrastrutture, sono importanti quanto quelli politici, ma la loro complessità è decisiva ed occorrono competenze”.
“Siamo consapevoli di interessi parzialmente diversi tra europei, in particolare tra i porti di Trieste e Marsiglia, ma ci sono soprattutto interessi comuni. È qui la grandissima parte di lavoro da fare e dobbiamo individuare obiettivi da raggiungere e i mezzi per conseguirli”. Un punto tecnico fondamentale sarà lo studio di fattibilità, cui l’Italia intende contribuire con idee e proposte coerenti con i suoi interessi nazionali.
Il Corridoio Imec è ora considerato a Bruxelles nel contesto del Global Gateway, che comprende anche iniziative come il Piano Mattei e il Corridoio di Lobito, che recentemente, con due eventi organizzati proprio a Roma, hanno ricevuto particolare slancio — anche tramite investimenti concreti. “È essenziale che IMEC sia parte di questa cornice, perché così può beneficiare degli strumenti e delle competenze che Bruxelles sta consolidando”.
Infine, lo scenario geopolitico internazionale: Talò parla di un rilancio. “Dopo l’annuncio del progetto a settembre 2023 e il successivo congelamento causato dall’attacco di Hamas il 7 ottobre, siamo entrati in una nuova fase. Il 2024 è stato un anno di stasi, con sviluppi prevalentemente nella porzione orientale di Imec, tra India e Golfo. Ora, grazie anche allo spazio che questo corridoio che unisce l’Indo-Mediterraneo ha trovato tra l’altro negli incontri di Donald Trump con Narendra Modi e Giorgia Meloni, stiamo assistendo a un rilancio. L’asse India-Israele-Italia a Washington è considerato centrale, e Roma è nel radar strategico di Washington anche per il dossier Imec”.
Il disegno geopolitico è ampio e include ulteriori attori come Israele, fondamentale per lo sbocco nel Mediterraneo insieme alla Giordania ed, in ambito europeo, Cipro e Grecia. “Ci sono poi sono altri potenziali partner importanti come Egitto e Oman, cruciali per evitare i punti di strozzatura marittimi (chokepoint) e dare stabilità al corridoio. Perché è questo l’obiettivo: diversificare rotte ed opportunità e ridurre i condizionamenti”.