Dopo le prime crepe nel sistema bancario, i primi fallimenti delle imprese, i primi vagiti di una stretta fiscale senza precedenti, ora Mosca si scopre persino povera del suo alimento principale. Colpa delle sanzioni, dell’inflazione e del clima. E nemmeno la fidata Bielorussia può aiutarla
Era il 28 maggio quando Vladimir Putin lanciò l’allarme: in Russia si fa la fame, non ci sono abbastanza patate. E quelle rimaste costano fino al 170% in più rispetto alo scoppio della guerra contro l’Ucraina. Questo non va bene per Mosca, dal momento che tuberi e affini sono il centro di gravità permanente dell’alimentazione nell’ex Urss. Sono mesi che, come raccontato a più riprese da questo giornale, l’economia della Russia ha cominciato una lenta, ma inesorabile, discesa verso gli inferi. Dalle banche, all’energia, alle entrate fiscali fino ad arrivare, appunto, alla tavola. Tutto costa di più e di tutto c’è un po’ di meno. Prestiti non più rimborsabili, debiti fiscali praticamente estorti dallo Stato senza passare per un tribunale e costo della vita alle stelle stanno macerando un poco alla volta l’economia reale del Paese.
Gli economisti non hanno ormai più il minimo dubbio. La carenza di patate è diventata problematica in Russia, poiché i prezzi sono aumentati del 167% nell’ultimo anno, il più grande aumento tra tutti i prodotti alimentari, e le implicazioni di ciò stanno rendendo Mosca vulnerabile a una crisi alimentare su larga scala. Non bisogna mai dimenticare che le patate sono molto popolari in Russia, dove a volte vengono chiamate il secondo pane. Quando Mikhail Gorbachev visitò il Regno Unito, si racconta, e pranzò con Margaret Thatcher nel 1984, sua moglie Raisa impressionò il primo ministro e il suo team, affermando che in Russia esistevano 300 modi di cucinare le patate. Ma ora, tra costi di produzione e coltivazione lievitati per colpa delle sanzioni, carenza di manodopera per via degli uomini mandati al fronte e raccolti andati male causa climate change (lo scorso anno le aziende agricole russe hanno raccolto 17,83 milioni di tonnellate di patate, ovvero l’11,9% in meno rispetto all’anno precedente) a Mosca hanno un problema.
E così, se Putin vuole evitare una rivolta nelle strade, non resta che chiedere aiuto ai vicini di casa, Cina e quella Bielorussa alleata di ferro del Cremlino. Ma anche qui qualcosa non quadra. Secondo i dati doganali cinesi, la Russia ha inaspettatamente ridotto le sue importazioni di patate dal Dragone a giugno, segnando il primo calo dopo otto mesi consecutivi di crescita. Lo scorso mese i coltivatori russi hanno acquistato 31.200 tonnellate di patate dalla Cina, il 12,4% in meno rispetto a maggio. Anche il valore delle importazioni è sceso da 14,6 milioni di dollari a 12,6 milioni di dollari. Questo calo è in contrasto con gli anni precedenti, dove giugno ha solitamente registrato un’impennata delle importazioni dovuta alla domanda stagionale.
Per fortuna c’è la Bielorussa. Anche qui di patate se ne producono molte e non è un caso che giorni fa Putin abbia ribussato alla porta dell’amico Alexander Lukashenko per chiedere un aiuto. Speranza vana. Da diversi mesi in Bielorussia, come in Russia, c’è un problema con le patate: al supermercato se ne trovano di meno e anche quelle disponibili costano molto di più e sono di scarsa qualità. Il problema è la riduzione del raccolto più recente, ma anche di guai strutturali del sistema agricolo bielorusso e anche della guerra in Ucraina.
Secondo i dati diffusi dal governo bielorusso, il prezzo delle patate è aumentato di almeno il 10 per cento tra gennaio e marzo di quest’anno. Ma sono numeri diffusi dal regime che riguardano un periodo molto limitato, per cui non fotografano la situazione nel suo complesso. Secondo le stime di alcuni giornali locali in alcune regioni i prezzi sono aumentati anche del 20-25 per cento rispetto all’anno precedente. Il risultato è che in media un chilo di patate in Bielorussia oggi costa circa 5 rubli, ovvero 1,38 euro. E anche questo per Putin è un problema.