Il lungo colloquio tra Macron e Putin, che non ha portato a scossoni decisivi, è una mossa per testare eventuali aperture da parte russa, mentre Parigi ribadisce la propria leadership all’interno dell’Unione. La lettura di Ian Lesser, distinguished fellow e consigliere del Presidente del German Marshall Fund
A quasi tre anni di distanza dall’ultima volta, il presidente francese Emmanuel Macron e quello russo Vladimir Putin hanno intrapreso un dialogo telefonico su molteplici temi, incluso ovviamente quello ucraino. Mentre Macron ha ribadito la posizione del suo Paese (condivisa anche da molti altri attori europei), Putin ha condizionato ogni possibile progresso nel negoziato alla volontà di affrontare “le cause profonde della crisi”. Nel frattempo, mentre Mosca continua ad ammassare truppe nei pressi dell’oblast’ di Sumy, da Washington arriva la notizia della sospensione dell’invio di materiale militare a Kyiv. Formiche.net ha chiesto a Ian Lesser, distinguished fellow e consigliere del Presidente del German Marshall Fund, di condividere la sua visione sulle ultime novità.
Come possiamo interpretare la telefonata tra Macron e Putin? Quanto impatterà sulla situazione in Ucraina?
Non credo che la situazione diplomatica intorno all’Ucraina sia cambiata molto. Penso che Putin abbia approfittato delle circostanze solo per rafforzare le sue opinioni di lunga data, che sono ben note, riguardo alla posizione russa. E dal punto di vista del presidente Macron credo che, dopo questi anni, ci fosse in un certo senso il desiderio di riconfermare o di reinserire la Francia nelle dinamiche diplomatiche relative all’Ucraina in un momento in cui, seppur non in modo troppo efficace, sembrano essere in funzione, principalmente sull’asse Washington-Mosca. Inoltre, probabilmente Macron voleva verificare se ci fosse davvero qualche cambiamento nella posizione russa. E non dimentichiamo che in questa conversazione piuttosto lunga, a quanto pare, abbiano anche dedicato molto tempo a parlare dell’Iran, dossier su cui Russia e Francia si pongono su posizioni piuttosto simili. Quindi la conversazione si è incentrata esclusivamente sull’Ucraina.
Pensa che Macron abbia rivestito solo il ruolo del presidente francese o abbia voluto rappresentare in qualche modo il blocco europeo?
Penso che nel calcolo francese, ci sia sempre questa sensazione che si rappresenti la Francia e l’Europa, e che leadership europea di Parigi si manifesti anche in momenti come questo. Credo che a Parigi ci sia la tendenza a vedere queste cose come strettamente correlate, sicuramente sul piano della politica francese, ma anche in larga misura per quanto riguarda la Francia e l’Europa.
Come vede in generale la situazione diplomatica del conflitto?
In molti ambienti sta crescendo la sensazione che qualcosa debba cambiare, che sia necessario un qualche movimento sul fronte diplomatico, che questa situazione non possa semplicemente andare avanti all’infinito. Ma naturalmente, con il protrarsi del conflitto, esso è stato sempre più collegato alla questione della difesa europea in generale, dove gli atteggiamenti si stanno irrigidendo piuttosto rapidamente. E anche a Washington, credo che ora ci sia una crescente frustrazione, o persino una rabbia, nei confronti di Mosca, a causa della mancanza di progressi e della riluttanza di Putin a impegnarsi seriamente sulla questione dei negoziati per il cessate il fuoco. In questo contesto non credo che sia cambiato nulla.
Nelle scorse ore gli Stati Uniti, su iniziativa del Sottosegretario alla Difesa Elbridge Colby, hanno annunciato la sospensione nell’invio di materiale militare all’Ucraina, tra cui anche i sistemi di difesa aerea, giustificando la decisione con la scarsità di tali materiali negli arsenali Usa. Che ne pensa?
Ritengo che in questo caso si tratti di un mix di politica e praticità. C’è del vero nel fatto che la fornitura di questi sistemi non è illimitata, e che la domanda di questi stia crescendo in altri teatri. Detto questo, l’amministrazione Usa sta chiaramente inviando un segnale politico molto deliberato all’Ucraina ma anche, e forse soprattutto, all’Europa, poiché se ci sarà meno sostegno americano all’Ucraina, ci dovrà essere un maggiore contributo da parte dell’Europa. Quindi penso che questo sia un modo per esercitare pressione sull’Europa almeno quanto lo è per esercitare pressione sull’Ucraina.