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Il Senato boccia la moratoria sull’IA e complica i piani di Trump

La misura prevedeva che gli Stati federali non legiferassero sull’intelligenza artificiale per dieci anni. A favore erano una parte del Gop e le Big Tech, mentre rimanevano contrari i Dem e una minoranza dei repubblicani. Ma il voto è stato netto: 99 a 1. Ora è a rischio anche il One Big Beautiful Bill

Tanto tuonò che alla fine piovve davvero. La moratoria sull’intelligenza artificiale inserita dal governo americano all’interno del One Big Beautiful Bill di Donald Trump è stata clamorosamente bocciata dal Senato. I 100 senatori erano chiamati ad esprimersi sul tema e solamente uno di loro ha votato a favore. 99 contro 1 è un risultato nettissimo, che include ovviamente rappresentanti bipartisan. Che dentro ci fossero i membri del Partito Democratico non è una sorpresa, così come era noto il malcontento di qualche repubblicano. Ma che fossero così tanti è un segnale.

A criticare la misura erano in tanti. La moratoria, in sostanza, prevedeva che per dieci anni gli Stati federali non legiferassero in materia di intelligenza artificiale. Mentre la Casa Bianca la riteneva estremamente necessaria per evitare un puzzle di leggi che potevano entrare in contrasto tra di loro andando a intasare il sistema, un’idea molto vicina a quella delle Big Tech che appoggiavano un’iniziativa che gli avrebbe concesso più potere, dall’altra parte della barricata c’erano le preoccupazioni di chi la riteneva un lasciapassare sul modus operandi delle grandi piattaforme. Tra di loro, anche Marsha Blackburn (Tennessee), che ha proposto l’emendamento votato dalla maggioranza dell’aula, Josh Hawley (Montana), Marjorie Taylor Greene (Georgia).

Per cercare di superare le difficoltà interne, il governo aveva provato a inserire la misura all’interno della mega legge di bilancio di Trump. Dopo l’approvazione della Camera a fine maggio, la palla era nelle mani del Senato. Poco prima del voto, la senatrice Blackburn sembrava aver raggiunto un compromesso. La sua proposta prevedeva un unico divieto per gli Stati federali, quello di attingere al fondo da 500 milioni di dollari per le infrastrutture di intelligenza artificiale.

Tuttavia sembrava venire incontro all’idea presentata dal senatore texano Ted Cruz, che avrebbe dimezzato il tempo della moratoria, abbassandolo a cinque anni dai dieci previsti, e lasciando ai governatori statali la possibilità di legiferare – in modo proporzionato – sulle questioni relative alla sicurezza dei minori o ai diritti degli artisti. Anche il segretario al Commercio, Howard Lutnick, sembrava concorde con questa versione, sottolineando la necessità di arrivare a un compromesso che dia “priorità agli investimenti e all’innovazione” degli Stati Uniti. Poi, però, Blackburn ha effettuato un netto dietrofront: “Finché il Congresso non approverà una legge preventiva a livello federale, come il Kids Online Safety Act, e un quadro normativi sulla privacy online, non potremo impedire agli Stati di emanare leggi che proteggano i cittadini”.

La questione alimenta le divisioni all’interno del GOP, tra fedelissimi di Trump e antagonisti – o presunti tale – del presidente. Proprio ieri, la Casa Bianca aveva chiesto ai membri del partito di rimanere uniti per centrare l’obiettivo fissato da Trump: approvare il One Big Beautiful Bill il 4 luglio, per celebrare sia il piano economico sia l’Independece Day. Ma il tempo stringe.


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