Per Taiwan, la decisione di Pretoria di degradare i rapporti con Taipei rappresenta un’ulteriore tappa della campagna di isolamento diplomatico condotta da Pechino, che cerca di limitare lo spazio internazionale della Repubblica di Cina anche al di fuori dei canali ufficiali. Il vicepresidente del Senato Centinaio definisce la mossa sudafricana come “preoccupante”
Il governo sudafricano ha ufficialmente ritirato il riconoscimento dell’ufficio di rappresentanza di Taiwan a Pretoria, trasformandolo in una sede “commerciale” situata a Johannesburg, a partire dal 1° aprile 2025. La decisione, retroattiva e formalizzata il 21 luglio attraverso un avviso pubblicato nella Government Gazette, ha suscitato la dura reazione di Taipei, che ha parlato di un’azione unilaterale, adottata senza consultazione, in violazione dell’accordo bilaterale del 1997. Il ministero degli Esteri taiwanese ha affermato che Pretoria ha ceduto alla pressione della Cina, anche in relazione alla recente visita del vicepresidente sudafricano, Paul Mashatile, a Pechino, dal 14 al 18 luglio.
La modifica riguarda anche l’ufficio di Città del Capo, ora denominato “Taipei Commercial Office”, e si basa – secondo Pretoria – sul principio della One China Policy adottato dal Sudafrica nel 1998 e sulla Risoluzione 2758 dell’Assemblea Generale Onu del 1971. Tuttavia, Taiwan contesta questa interpretazione, sostenendo che la risoluzione non impedisce il mantenimento di uffici non diplomatici anche in Paesi che riconoscono la politica dell’Unica Cina. Taipei ha anche denunciato il fatto che Pretoria abbia modificato retroattivamente l’indirizzo dell’ufficio sul proprio sito web, assegnandolo a una sede dismessa a Johannesburg.
Taiwan ha ribadito la propria volontà di mantenere relazioni nel rispetto del principio di parità e dignità, e ha annunciato l’intenzione di “intraprendere le azioni appropriate” se non si tornerà a una gestione condivisa della questione. Il ministro degli Esteri Lin Chia-lung ha incaricato l’ufficio di Pretoria di presentare una protesta formale al Dirco, il ministero degli Esteri sudafricano, e ha ringraziato gli Stati Uniti per il sostegno espresso in sede parlamentare.
Il 22 luglio, infatti, mentre si discuteva lo “US-South Africa Bilateral Relations Review Act of 2025” alla Commissione Esteri della Camera dei Rappresentanti, il deputato repubblicano Chris Smith – presidente della sottocommissione per l’Africa – ha accusato il governo sudafricano di aver violato l’accordo del 1997 con Taiwan e ha ammonito contro “qualsiasi tentativo unilaterale di cambiare lo status quo”. Smith ha criticato la crescente influenza cinese sul Sudafrica – parte delle polemiche in corso con l’amministrazione Trump – e lodato la Democratic Alliance per la difesa di Taiwan e della trasparenza democratica.
Tuttavia, anche gli Usa potrebbero essere stati colpiti da qualcosa simile al caso sudafricano. Secondo uno scoop del Financial Times, l’amministrazione Trump ha negato al presidente taiwanese Lai Ching-te il permesso di transitare a New York durante un viaggio previsto per agosto in America Centrale. La decisione sarebbe arrivata dopo un’esplicita obiezione della Cina, preoccupata dalla visibilità internazionale di Lai. Taipei aveva previsto una sosta negli Stati Uniti nel contesto di un viaggio verso Paraguay, Guatemala e Belize — tra i pochi Paesi che ancora riconoscono ufficialmente Taiwan. Lai, secondo fonti vicine al dossier, avrebbe anche chiesto alla Heritage Foundation di ospitare un evento pubblico a New York.
Tutta la vicenda è stata negata da Taipei, che dichiara l’assenza di viaggi all’estero del presidente in questo periodo, visto che Lai intende restare nel Paese che si sta riprendendo dagli effetti di un ciclone. Per FT, la decisone di non viaggiare è conseguente alla scelta dell’amministrazione Trump di non volerlo negli Usa. Scelta che potrebbe essere parte degli sforzi per mantenere un canale di dialogo con Pechino, alla vigilia di un possibile vertice bilaterale tra Donald Trump e Xi Jinping. Il rischio è che segnalare la negoziabilità degli aspetti legati alla relazione con Taiwan potrebbe indebolire la deterrenza americana e incoraggiare ulteriori richieste da parte di Pechino. Tuttavia, in questa fase Washington potrebbe evitare circostanze infiammatorie come parte di una strategia più ampia di contenimento delle tensioni.
Una linea simile a quella generalmente usata dall’Italia, che si è dissociata dalla grande infrastruttura geopolitica cinese Belt & Road Intiative, ma evita posizioni ufficiali troppi rigide e severe, pur non mancando reazioni più critiche. Il vicepresidente del Senato Gian Marco Centinaio ha per esempio definito “preoccupante” il precedente creato da Pretoria, accusando il governo sudafricano di voler assecondare la Repubblica Popolare Cinese a scapito dell’autonomia di Taipei. Centinaio ha auspicato un ripensamento da parte del Sudafrica, in coerenza con il suo ruolo di presidente di turno del G20.