La protezione delle basi alleate sul territorio, in particolare di un’infrastruttura cruciale come Aviano, non è soltanto un tema militare ma anche politico: è un tassello della più ampia partita che si gioca tra l’Occidente e Mosca. Per l’Italia, la situazione mette in luce la necessità di considerare la sicurezza nazionale come parte integrante del confronto strategico in corso
Mentre a Washington Donald Trump ospita il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, e i principali leader europei – tra cui Giorgia Meloni – e a soli tre giorni dal summit in Alaska tra Trump e Vladimir Putin, l’attenzione italiana non è rivolta soltanto al fronte diplomatico. Le dinamiche globali trovano infatti un riflesso diretto sul campo, tanto in quello di battaglia in Ucraina, quanto nello spazio ibrido che riguarda obiettivi di interesse e carattere nazionale.
In questo quadro si inserisce l’allerta che da giorni coinvolge la base aerea statunitense di Aviano, in Friuli Venezia Giulia. I servizi italiani hanno segnalato al governo una minaccia seria di sabotaggio, confermata anche dalla prefettura di Pordenone, che ha disposto misure immediate per “assicurare la massima sicurezza”. Il sospetto riguarda un piano per appiccare incendi nelle aree boschive a pochi chilometri dal perimetro della base.
Un episodio in particolare ha attirato l’attenzione degli investigatori: una donna è stata fermata dalla polizia locale mentre fotografava e filmava i dintorni della base, con l’ipotesi che stesse preparando un’azione incendiaria a circa dieci chilometri dall’installazione militare. Secondo ricostruzioni apparse sul Corriere della Sera, dietro questa operazione ci sarebbero registi russi, interessati a colpire un obiettivo sensibile in territorio alleato. I vigili del fuoco hanno precisato che negli ultimi giorni non si sono registrati roghi sospetti nella zona, ma le indagini rimangono aperte.
La risposta sul piano della sicurezza è stata immediata: rinforzo dei pattugliamenti, in particolare nelle ore notturne, dispiegamento di reparti speciali e squadre di pronto intervento, affiancate dai Carabinieri. Anche la sorveglianza aerea con droni è stata incrementata. All’interno della base, il livello di allerta è fissato su “Bravo plus”, che corrisponde a un grado elevato di attenzione.
Gli investigatori non escludono che, oltre al coinvolgimento diretto di manovalanza reclutata da ambienti vicini a Mosca, possa esserci un tentativo di sfruttare l’attivismo di movimenti antagonisti italiani. In particolare, viene considerata la possibilità di infiltrazioni o contatti con gruppi come No Base, che si oppongono alla costruzione di nuove installazioni militari. Finora non si registrano azioni dirette contro Aviano, ma fonti europee di intelligence ritengono plausibile che la Russia cerchi di radicalizzare tali movimenti, amplificandone la capacità di protesta per trasformarla in potenziale azione destabilizzante.
Non sarebbe la prima volta che la base viene presa di mira: già nel 1999 un gruppo denominato Nuclei territoriali antimperialisti rivendicò l’incendio dell’auto di una cittadina americana, episodio che portò anni dopo a due condanne definitive. Il ricordo di quegli eventi, unito al contesto attuale di tensione internazionale, accresce il livello di allerta.
Il caso di Aviano rappresenta un esempio concreto di come la guerra ibrida si intrecci con le dinamiche locali. La Russia, impegnata in Ucraina e sotto pressione diplomatica, ha interesse a sfruttare tutti i canali possibili per creare destabilizzazione: dalle campagne di disinformazione alle pressioni migratorie, fino a operazioni di sabotaggio su infrastrutture e obiettivi militari occidentali. In questo scenario, le istanze sociali e politiche di contestazione interna diventano vulnerabili a penetrazioni esterne, che ne esasperano i toni e la radicalità.
(Foto: Instagram, Aviano Air Base)