Il patto siglato dai ministri degli Esteri di Grecia ed Egitto è una buona notizia. Lo storico accordo sulla delimitazione della Zee tra la Repubblica araba d’Egitto e la Repubblica ellenica dimostra, hanno detto i due ministri, che quando “c’è volontà politica, ciò va a vantaggio dei concetti di consultazione, comprensione e volontà di trovare soluzioni di compromesso, che tengano conto degli interessi di tutte le parti”
La bozza di accordo marino sulla Zona economica esclusiva tra Grecia ed Egitto rappresenta un indubbio elemento di stabilità in un’area del Mediterraneo dove, accanto alle mai sopite tensioni lungo l’asse Atene-Ankara-Nicosia, c’è un problema di normazione, la cui risoluzione definitiva contribuirà alla pacifica gestione di risorse e relative attività. Dopo alcune incomprensioni, il ministero degli Esteri egiziano conferma il suo impegno al dialogo con la Grecia per tutelare gli interessi di entrambe le parti. Una notizia che, di riflesso, presenta aspetti positivi anche per l’Italia, con un intrigante punto di caduta: lo sfruttamento infrastrutturale dei copiosi giacimenti di gas presenti nel Mediterraneo orientale.
Il nuovo patto
Il patto siglato dai ministri degli Esteri di Grecia (George Gerapetritis) ed Egitto (Badr Abdelati) è una buona notizia. Lo storico accordo sulla delimitazione della Zee tra la Repubblica araba d’Egitto e la Repubblica ellenica dimostra, hanno detto i due ministri, che quando “c’è volontà politica, ciò va a vantaggio dei concetti di consultazione, comprensione e volontà di trovare soluzioni di compromesso, che tengano conto degli interessi di tutte le parti e siano coerenti con i concetti e i principi del diritto internazionale, del diritto del mare, della giustizia e della giustificazione”. Ricostruendo il pregresso fra i due Paesi, bisogna tornare indietro a cinque anni fa quando i governi di Grecia ed Egitto avevano proceduto a delimitare la Zee in parti, escludendo dall’accordo un’area a est del 28° meridiano che coincide con il centro dell’isola di Rodi e con l’isola di Chryssi, a sud di Creta. Aree che erano state escluse dalla bozza perché, sia nella parte occidentale che in quella orientale, richiedevano la partecipazione di Stati terzi, come Turchia e Libia, alle discussioni. Un passaggio che si intreccia con il memorandum turco-libico su cui Atene e Ankara sono in disaccordo.
Il caso all’Onu
Lo scorso anno l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite aveva chiesto al Segretario Generale delle Nazioni Unite di presentare un paper sulle prospettive di rafforzamento della sicurezza nel Mediterraneo legate alle discussioni fra gli Stati interessati alla Zee. La Grecia nella sua risposta aveva specificato che tutti gli atti che costituiscono in qualsiasi modo violazioni delle acque territoriali o dello spazio aereo nazionale di qualsiasi Stato della regione da parte di Paesi terzi dovevano essere categoricamente condannati, “in quanto contraddicono palesemente i principi fondamentali della legalità internazionale e dell’uguaglianza sovrana degli Stati, minando al contempo la stabilità nella regione e le pacifiche relazioni interstatali”. Altrettanto inaccettabile per Atene era la reintroduzione di questioni di sovranità “che sono state risolte in modo chiaro e definitivo attraverso trattati internazionali”.
Il caso libico
Come è noto il memorandum d’intesa marittimo (MoU) firmato nel 2019 tra Tripoli e Ankara, che pone al centro dell’attenzione la sovranità e i diritti di esplorazione delle risorse, è al centro di una diatriba. La Commissione per gli sfollati e i rifugiati del Parlamento libico ha espresso una ferma replica alle conclusioni del Consiglio europeo, pubblicate il 26 giugno 2025, relative al Memorandum adducendo che la legittimità degli accordi internazionali firmati dalla Libia rientra esclusivamente nella competenza dei suoi organi costituzionali. In questo modo ha chiuso ad ogni possibilità che un soggetto esterno possa incidere sulle relazioni estere della Libia.
Ma non c’è evidentemente solo il gas a giocare un ruolo in questa partita, dove è un fatto oggettivo l’importanza che l’Egitto riveste per tutti gli sviluppi in Libia. A questo proposito il patto fra Egitto e Grecia rappresenta un passo diplomatico verso un possibile rasserenamento complessivo, che porti ad una equa divisione delle zone, nel rispetto del diritto internazionale e dei rapporti di buon vicinato. In questo senso va ricordato che colossi come Chevron (e più in generale gli interessi americani) restano ben presenti nel dossier energetico, riguardo sia le riserve di idrocarburi in Grecia che nel Mediterraneo orientale e nonostante le crescenti tensioni geopolitiche innescate dalla contestazione da parte della Libia delle rivendicazioni marittime della Grecia (che deve affrontare anche la presenza straniera in casa propria).