Gli occhi del mondo sono puntati sulla striscia di Gaza e su Israele. È un momento cruciale per il Medio Oriente e per la sopravvivenza del popolo palestinese, ostaggio della maledizione di Hamas e per gli stessi israeliani, costretti da sempre a convivere con l’incubo del terrorismo islamico. Quali i limiti dell’autodifesa e dell’offensiva antiterroristica? L’analisi di Gianfranco D’Anna
Cristo ancora non si sa, ma l’inferno si è già fermato a Gaza, dove l’umanità muore ogni giorno di più. Un inferno dove oltre mezzo milione di persone, soprattutto bambini e adolescenti, stanno affrontando condizioni invivibili caratterizzate da fame, indigenza e malattie.
Lo certifica il Global Hunger Monitor, il rapporto delle Nazioni Unite sull’Indice Globale della Fame che incrocia diversi indicatori che rilevano non solo la percentuale di denutrizione, ma anche lo stato di salute della popolazione infantile.
“Che fine hanno fatto i colloqui per il cessate il fuoco?” Si chiede il Times di Londra che sottolinea come “l’esercito israeliano controlli circa il 75% del territorio. Secondo le Nazioni Unite, oltre il 90% degli edifici residenziali di Gaza è stato distrutto o danneggiato, insieme a gran parte dei terreni agricoli, rendendo il territorio inabitabile.”
È davvero incredibile come un popolo plurimillenario che si definisce eletto da Dio, e che suscita nel cuore di ogni Paese libero l’enorme compassione, il sincero affetto, la considerazione ed il totale rispetto per l’immane e disumana tragedia dell’olocausto, consenta che l’insensibilità e l’ostinazione del suo premier, possa rischiare di capovolgere psichiatricamente la storia e provocare, quanto meno in parte e in ben altri modi, quello che storicamente gli ebrei hanno orribilmente subito.
“C’è già profonda indignazione internazionale per la carestia a Gaza” scrive il New York Times. Che aggiunge: “Immagini di bambini affamati, resoconti di operatori umanitari, operatori sanitari e giornalisti troppo deboli per svolgere il loro lavoro e allarmi sempre più urgenti da parte di gruppi umanitari hanno sconvolto le coscienze di tutto il mondo”. Una situazione destinata a ripercuotersi a lungo termine su Israele.
“I funzionari israeliani hanno minimizzato la gravità della crisi alimentare e attribuito le sofferenze di Gaza ad Hamas. Una divergenza che – afferma il Wall Street Journal – riflette l’elevata posta in gioco nella valutazione delle condizioni umanitarie a Gaza. Israele è stato sottoposto a un’enorme pressione internazionale per alleviare le sofferenze dei palestinesi.
Le immagini di bambini malnutriti hanno provocato indignazione globale e hanno contribuito a spingere Paesi come Regno Unito e Francia ad annunciare il riconoscimento di uno Stato palestinese, mentre la Germania ha sospeso alcune vendite di armi dopo che Israele ha dichiarato che avrebbe ampliato il conflitto.”
Nonostante l’angoscia per la persistente minaccia del fondamentalismo islamico e tutte le comprovate motivazioni sulla necessità di sradicare il bieco terrorismo di Hamas, che utilizza i palestinesi come scudi umani e li sospinge al massacro, resta il fatto verificato oltre ogni inimmaginabile dubbio che la catastrofe umanitaria provocata nella striscia di Gaza e l’incontrollato, fanatico, espansionismo dei coloni in Cisgiordania, rappresentino un vulnus di inciviltà tale da costituire una macchia permanente ed uno stigma internazionale destinato purtroppo a ricadere sull’intero popolo israeliano.
Fra l’incudine di Hamas e la mannaia incandescente di Benjamin Netanyahu, la già inestricabile crisi mediorientale, che con conflitti, attentati e massacri si trascina ciclicamente dal dopoguerra, è diventata una polveriera moltiplicatrice di odi e vendette che fatalmente si ripercuoteranno negli anni sullo Stato di Israele.
Pur con tutte le possibili considerazioni e le ciniche analisi strategiche sul cosiddetto “lavoro sporco” per fare tabula rasa di Hamas, Hezbollah e terrorismo iraniano, le conseguenze più gravi delle ripetute offensive e dei bombardamenti a tappeto su Gaza ordinati dal Premier Netanyahu, hanno già iniziato a provocare, a torto o a ordinati ragione, interessatamente o meno, durissime condanne, pregiudizi e ostracismi da parte dell’opinione pubblica internazionale che si protrarranno negli anni e, quel che peggio, saranno oggetto di strumentalizzazione e amplificazione da parte dell’antisemitismo e della propaganda islamica.
Quo vadis Israele? Perché fai sanguinare il cuore del mondo libero che trepida per la tua sorte? Si chiedono editorialisti e commentatori dei media mondiali.
Alcuni dei quali hanno anche avanzato ad Israele un ulteriore interrogativo: “Perché stai stravolgendo la tradizione biblica, facendo immaginare che Mosè possa rinascere e lottare per il popolo palestinese?”.