Il messaggio dell’Havel Dialogue è chiaro: l’Europa deve collaborare con partner affini per non trasformare l’influenza economica cinese in uno strumento di condizionamento politico e di erosione delle democrazie occidentali
L’Havel Dialogue ha diffuso una lettera aperta che denuncia l’espansione dell’influenza cinese in Europa e nei Paesi occidentali. L’Havel è una rete informale di conservatori della comunità transatlantica nata nel 2018 e ispirata dal discorso politico di Václav Havel – uno dei pilastri del pensiero sul valore morale delle civiltà.
Il gruppo, che da anni promuove dibattiti su politica, cultura e sicurezza, sottolinea come la Cina abbia accresciuto la propria presenza economica e diplomatica sul continente: dal boom degli scambi commerciali (saliti da 92 miliardi di dollari nel 2000 a oltre 676 miliardi nel 2024) agli investimenti strategici in porti, telecomunicazioni ed energia. Secondo l’Havel Dialogue, questi rapporti commerciali, apparentemente vantaggiosi, comportano rischi di dipendenza e vulnerabilità, come mostrerebbe il caso del porto polacco di Gdynia, dove un’azienda cinese avrebbe persino ostacolato operazioni militari americane.
La lettera richiama anche le pressioni politiche esercitate da Pechino sui Paesi europei: dalle sanzioni contro europarlamentari critici sugli abusi nello Xinjiang alla linea di sostegno verso la Russia nel conflitto ucraino.
Di fronte a queste dinamiche, il documento invita a mantenere quattro linee di condotta. La prima riguarda la necessità di ridurre le dipendenze strategiche, evitando di affidarsi a Pechino per materie prime, tecnologie e fonti rinnovabili. La seconda riguarda il rifiuto di ogni forma di cooperazione militare, che potrebbe aprire la strada a una presenza cinese nello spazio euro-atlantico. La terza richiama l’urgenza di non ignorare spionaggio, furti di proprietà intellettuale e operazioni di influenza, rafforzando invece la cooperazione tra Paesi per contrastare attività illecite. Infine, la quarta linea di condotta chiede di non abbassare la guardia sulle violazioni dei diritti umani, mantenendo alta la pressione internazionale senza cedere a ricatti o incentivi.