“La presenza cinese continua a impedirle di partecipare ad alcune gare d’appalto e gare nel settore energetico negli Stati Uniti” si legge in un articolo di Bloomberg. In tutto sarebbero 700 le aziende italiane che accusano la presenza di investitori cinesi, “ma l’attenzione del governo è concentrata principalmente sulle grandi entità in settori strategici come l’energia, i trasporti, la tecnologia e la finanza”
Pirelli è il caso più significativo della direttrice di marcia imboccata dal governo di Roma, deciso a ridurre le partecipazioni cinesi nelle principali aziende italiane. Lo scrive Bloomberg, che spiega come l’obiettivo sia la tutela di aziende considerate strategiche, sia private che controllate dallo Stato. “Il governo di Giorgia Meloni – osserva – sta valutando piani per limitare le partecipazioni degli investitori cinesi in aziende chiave per evitare potenziali tensioni con gli Stati Uniti”. L’azione riguarderebbe “aziende considerate strategiche, sia private che controllate dallo Stato”.
Il nome di Pirelli è altamente significativo dal momento che il player statale cinese Sinochem International ne controlla il 37%, situazione che già ha visto una potenziale restrizione alle vendite negli Stati Uniti a causa della sua proprietà cinese: “Pirelli è solo il caso più estremo tra quelli che il governo italiano deve affrontare che vorrebbe anche estromettere gli investitori cinesi da Cdp Reti”.
Si legge ancora: “Washington ha avvertito Pirelli che i suoi pneumatici dotati di sensori cibernetici potrebbero essere soggetti a restrizioni negli Stati Uniti, un mercato chiave, poiché il Paese sta adottando misure severe nei confronti del software e dell’hardware delle aziende controllate dalla Cina nel settore dei veicoli connessi, temendo la raccolta di dati. Il governo italiano ha già fatto ricorso al golden power e nel 2023 ha utilizzato questo meccanismo per frenare l’influenza di Sinochem su Pirelli ‘con disposizioni’ volte a proteggere tecnologie come i sensori informatici. Poi, nell’aprile di quest’anno, su richiesta delle autorità di regolamentazione italiana, il consiglio di amministrazione di Pirelli ha declassato lo status di governance di Sinochem, dichiarando che il conglomerato cinese non ha più il controllo del produttore di pneumatici”.
Lo scorso fine aprile il cda del gruppo italiano aveva deciso per far decadere il controllo di Sinochem su Pirelli “ai sensi del principio contabile Ifrs 10, con voto a maggioranza”. In quella circostanza il cda aveva anche approvato il bilancio al 31 dicembre 2024 con il voto favorevole di 9 su 15 consiglieri, incassando il voto contrario del presidente Jiao Jian e dei consiglieri Chen Aihua, Zhang Haitao, Chen Qian, Fan Xiaohua.
Non solo Pirelli, in ballo anche Ansaldo Energia, in cui Shanghai Electric ha diminuito la sua partecipazione dal 40% allo 0,5%. Ciononostante “la presenza cinese continua a impedirle di partecipare ad alcune gare d’appalto e gare nel settore energetico negli Stati Uniti”. In tutto secondo Bloomberg sono 700 le aziende italiane che accusano la presenza di investitori cinesi, “ma l’attenzione del governo è concentrata principalmente sulle grandi entità in settori strategici come l’energia, i trasporti, la tecnologia e la finanza”.
Viene inoltre riportata la posizione di un portavoce delministero degli Affari Esteri secondo cui la cooperazione sino-italiana è reciprocamente vantaggiosa: “Il governo cinese ha sempre sostenuto le imprese cinesi nella cooperazione internazionale sulla base dei principi di mercato e auspica che l’Italia garantisca alle imprese cinesi un ambiente commerciale equo, giusto e non discriminatorio, tutelando efficacemente i loro legittimi diritti e interessi”.