Skip to main content

Alla cultura serve più credito per crescere. La riflessione di Monti

La fiducia non è un elemento intangibile. Anzi. È un asset che è alla base dell’evoluzione della nostra specie. Di secolo in secolo, la fiducia ha assunto nella nostra storia forme molto diverse: rapporti di potere, accordi commerciali, sostegno reciproco, libero mercato. La riflessione di Stefano Monti sulla necessità di ragionare per identificare degli strumenti attraverso i quali favorire la percezione di un Paese che crea opportunità

 

Pochi giorni fa, a North Beach, che Wikipedia descrive come uno “storico e vivace quartiere di San Francisco, con una storica comunità italiana” è stata affissa una targa che ricorda il ruolo di Amadeo Giannini, nato a San Jose da genitori italiani, che proprio con un altro italiano, Lionello Perera, fondò nel 1928 la Bank of America.

La targa è il frutto di due attività congiunte: da un lato il lavoro che dal 2023, la San Francisco Little Italy Honor Walk sta sviluppando per celebrare donne e uomini illustri della comunità; dall’altro il lavoro di un regista italiano, Davide Fiore, che a partire dall’incontro casuale di una piccola placca posta fuori la sede della Bank of America che raccontava la storia di Giannini, ha deciso di sviluppare una propria inchiesta e realizzarne un documentario, “The Little Fellow” (il piccolo risparmiatore) che oggi ha già collezionato vari premi, come il Coliseum International Film Festival di Roma e il Cinequest della Silicon Valley.

La storia di Amadeo Giannini, però, non è soltanto la storia di un italo-americano che ha poi effettivamente raggiunto il suo personale american dream. È piuttosto la storia di un mondo in cui il settore bancario aveva un ruolo, e un’aderenza all’economia reale oggi impensabili, soprattutto se si guarda al progressivo ridimensionamento della struttura delle filiali, che nel solo 2023 ha visto la chiusura di 823 filiali.

Basta ripercorrere per sommi capi la vicenda di Giannini per capire quanto sia cambiato il mondo del credito in poco più di un secolo: figlio di emigrati genovesi, nel 1904, apre la prima filiale della Bank of Italy. Nel 1906, un terremoto scuote San Francisco, devastando circa 50.000 abitazioni private, uffici, locali, alberghi.

È proprio tra quelle macerie che Giannini avvia la sua carriera, perché tra la disperazione dei suoi clienti, per lo più piccoli artigiani e commercianti di origine italiana, a cui il terremoto aveva tolto tutto e a cui nessuno faceva credito, Giannini, prese un tavolo e iniziò a prestare soldi per la ricostruzione.

Il banchiere degli umili, come lo chiama qualcuno, che avrebbe contribuito a creare una delle banche più importanti al mondo, ha avviato la propria attività prestando soldi a contadini, a piccoli artigiani, a commercianti, a persone normali per poi arrivare a giocare un ruolo chiave nel finanziare, tra gli altri, il Monello di Chaplin, e la Walt Disney Company con la produzione di Biancaneve e i sette nani, il primo lungometraggio animato che ha segnato un punto di svolta per l’intera industria cinematografica statunitense.

È una storia, quella di Giannini, che merita di essere approfondita, analizzata, comparata alle logiche che oggi caratterizzano il sistema bancario internazionale e nazionale, per comprendere in che modo, il nostro sistema del credito possa riacquisire quel ruolo di abilitatore di sviluppo della società che oggi appare sbiadito, diluito, dimenticato.

Un ruolo che ha consentito alle banche di favorire concretamente la nascita di progetti che poi hanno cambiato il mondo, e che andrebbe in qualche modo ricostruito, pur tenendo ben chiare le differenze tra il mondo d’inizio ‘900 e quello dei nostri giorni.

Sarebbe infatti del tutto ingenuo immaginare di ricreare un sistema bancario con le stesse caratteristiche di quello proposto e realizzato da Giannini. Eppure, in quel suo modo di fare banca, c’è qualcosa che si può introdurre anche in questa nostra economia prevalentemente finanziaria, che connette in tempo reale ogni minimo spostamento di mercato che si verifichi in qualsiasi parte del globo. Quell’elemento è la fiducia.

La fiducia non è un elemento intangibile. Anzi. È un asset che è alla base dell’evoluzione della nostra specie. Di secolo in secolo, la fiducia ha assunto nella nostra storia forme molto diverse: rapporti di potere, accordi commerciali, sostegno reciproco, libero mercato.

In ognuna di queste configurazioni, la fiducia ha un ruolo essenziale, che diamo per scontato, ma che invece vale la pena condividere. L’acquisto online di un semplice prodotto disegna una linea invisibile che collega persone e mondi diversi. Quando una persona acquista un prodotto online ha fiducia nel fatto che i propri soldi non vengano rubati; è sicura che il prodotto gli arriverà (fiducia nei trasporti); e che sarà esattamente quello richiesto (fiducia nella piattaforma e fiducia nei riguardi del venditore) oltre ad essere conforme agli standard minimi di qualità e sicurezza imposti dalle nostre leggi (fiducia nei controlli di sicurezza, fiducia nel lavoro del settore pubblico) e che quegli standard siano sufficienti a garantire un uso sicuro del prodotto (fiducia che chi definisce i regolamenti lo faccia nell’interesse dei cittadini).

Ma non finisce qui, perché prima di poter rendere questa transazione possibile ci sono stati dei soggetti che per trasformare questa operazione in un’azione quotidiana, hanno avuto fiducia di fornitori dislocati in tutto il mondo. La piattaforma ha fiducia che i propri server siano al sicuro. Chi ha realizzato il prodotto ha avuto fiducia nei propri dipendenti, nei propri fornitori.

In questo reticolo di rapporti fiduciari, ci sono due elementi cui bisogna prestare attenzione: la fiducia rivolta ai singoli, e la fiducia rivolta al sistema economico nel suo complesso, che è il macro-scenario che in qualche modo favorisce anche la fiducia rivolta ai singoli soggetti (persone o imprese).

Il nostro Paese, che pur migliorando i propri “conti”, registra ancora una crescita nulla, dovrebbe ragionare molto sul ruolo che la fiducia può giocare nella nostra economia, ricordando anche il nostro recentissimo passato (i ben noti anni ’80, durante i quali le aspettative positive da parte dei cittadini hanno mantenuti alti i consumi, riducendo gli effetti sistemici che sarebbero invece stati generati dall’analisi delle performance economiche nel loro complesso).

Oggi esistono tantissime iniziative che vengono poste in essere per stimolare le persone: ci sono gli strumenti delle start-up, con tutto il macrocosmo finanziario che in tale segmento si trova ad essere coinvolto; ci sono bandi pubblici, e altre opportunità di credito pensate per l’autoimpiego.

Tali elementi, tuttavia, pur avendo sviluppato innegabilmente degli impatti sul nostro tessuto economico, non hanno tuttavia inciso sul processo aggregato di crescita del nostro Paese.

Gli istituti di credito, nel frattempo, sono stati sottoposti a regole sempre più caute, con l’imposizione di processi e procedure operative sempre più sofisticate, riducendone pertanto quella capacità di essere il punto di riferimento per il semplice cittadino.

Non mancano modalità attraverso le quali un istituto di credito può partecipare in equity, ma queste tipologie di intervento sono tutt’altro che comuni.

Soprattutto è raro che tali strumenti possano raggiungere settori come quello della cultura, che certo non consente grandissimi ritorni sull’investimento, ma che può tuttavia creare dei percorsi di sviluppo interessanti a livello aggregato: piccole imprese, anche con bassi fatturati, anche con 1-2 dipendenti, che però contribuiscono alla creazione di un microcosmo competitivo denso, che è una condizione essenziale per lo sviluppo.

La presenza di un numero crescente di imprese comporta, sotto il profilo imprenditoriale, delle dinamiche che non sono solo competitive, ma anche di potenziali partnership, integrazioni tra differenti soggetti, o acquisizioni diretta.

In secondo luogo, la presenza di un mercato molto denso, consente alle persone di sviluppare strategie di carriera più dinamiche, e questo incide anche sulla “fiducia” nel futuro (posso trovare più facilmente lavoro), andando a scardinare probabilmente uno dei meccanismi che maggiormente sta incidendo non solo sulla crescita economica in senso stretto (mismatching, Over-Education, ecc.), ma anche sulla dimensione demografica.

Come per la cultura, ci sono tantissimi settori che pur sviluppando piccole storie imprenditoriali possono, secondo una logica aggregata, essere di concreto sostegno alla crescita economica, ma la cultura, e tutte le sue numerosissime segmentazioni imprenditoriali, presenta alcune caratteristiche che sicuramente andrebbero valutate in modo più puntuale: in primo luogo una ridotta necessità di investimenti strutturali; in secondo luogo una grande capillarità sul territorio; in terzo luogo la capacità di occupare persone con un percorso formativo molto strutturato; in quarto luogo la capacità di influire non solo sull’aspetto economico, ma anche sulla qualità del territorio e sulla qualità della vita delle persone che in tale territorio abitano.

Anche e proprio in virtù della desiderabilità sociale della cultura, potrebbe essere utile iniziare a riflettere su nuovi strumenti e nuove tipologie di rapporto tra il sistema del credito e quello culturale, perché se da un lato è essenziale che il sistema del credito agisca secondo i più fermi principi di cautela, perché in questo modo si difendono in primo luogo i correntisti, dall’altro non deve però essere impossibile immaginare lo sviluppo di idee che favoriscano la creazione di un clima di fiducia, di possibilità, di opportunità, che accompagni tutti i cittadini e che infonda la voglia di costruire, di sviluppare, di crescere.

Di certo un tema così complicato non può essere esaurito all’interno di una riflessione di mera divulgazione. Vale però la pena concentrarsi sul principio: ragionare per identificare degli strumenti attraverso i quali favorire la percezione di un Paese che crea opportunità.

Una linea di indirizzo in cui il sistema del credito può davvero fare la differenza.

 


×

Iscriviti alla newsletter