Tutto e il contrario di tutto, tranne un minimo accordo. La pace si allontana e il conflitto in Ucraina è destinato ad acuirsi. Sono molti i motivi di quello che i media definiscono senza mezzi termini il grande fiasco del summit. L’analisi di Gianfranco D’Anna
Un vertice conclusosi con molti più dubbi ed angosciosi interrogativi di come era iniziato. “Non c’è alcun accordo finché non c’è un accordo” é la frase machiavellica di Donald Trump che fotografa i quasi 180 minuti di vertice di Anchorage. Il che, alla latitudine di Kyïv, significa che l’invasione russa dell’Ucraina continua, la guerra prosegue, il massacro del popolo russo e di quello ucraino non si arresta, ma anzi sta per intensificarsi.
Un tragico epilogo riflesso nell’espressione cinica e compiaciuta, a tratti mefistofelica, di Vladimir Putin che si é fatto beffa in diretta televisiva planetaria del Presidente americano, lasciandolo letteralmente con un pugno di mosche in mano. Le mosche del Cremlino.
Quasi tre ore di vertice, in una sala dove campeggiava la scritta beffarda Pursuing Peace, alla ricerca della pace, una pace che Vladimir Putin e Donald Trump in realtà hanno deciso di non decidere di ricercare, ed i colloqui si sono conclusi con uno sconcertante nulla assoluto.
Dopo due dichiarazioni che é perfino pietoso definire aria fritta i due Presidenti hanno abbandonato, quasi fuggendo dalla sala, una finta conferenza stampa senza domande, eludendo clamorosamente la raffica di quesiti della stampa internazionale. Nonostante la cortina fumogena delle reciproche inconcludenti dichiarazioni, il vertice non ha superato neanche la fase preliminare del confronto fra Putin e Trump sul conflitto in Ucraina, quello del cessate il fuoco. Tanto che la seconda parte dei colloqui, relativa agli eventuali accordi economici, è stata cancellata.
Per Trump un epilogo in sostanza penoso, che ha comportato anche il grande sforzo di dover giustificare e spiegare le ragioni dell’impasse al Presidente ucraino Zelensky, ai vertici della Nato e ai leaders europei. Un impasse di guerra che rappresenta ulteriore morte e distruzione per Kyïv e l’Ucraina.
Un summit fallimentare, iniziato con sorrisi e applausi e l’invito di Trump a Putin di sedere accanto a lui sulla sua limousine presidenziale.
Una iniziativa inedita perché mai fino adesso nessun leader estero, e tantomeno russo, é salito assieme al Presidente degli Stati Uniti sulla sua “Cadillac One”, un’auto bunker in grado di resistere ad attacchi nucleari. Un invito imprevisto e improvvisato perché l’auto blindata presidenziale russa era già pronta ad accogliere Putin con lo sportello aperto sulla pista aeroportuale.
Un fallimento a senso unico, che i media mondiali ascrivono al tycoon. A cominciare dalla stampa moscovita secondo la quale, a parte il grande successo d’immagine di Putin, non sono stati raggiunti grandi progressi nei colloqui e che é improbabile che ciò accada a breve.
“Trump e Putin non segnalano alcun accordo concreto e non accettano domande dopo aver interrotto anticipatamente il vertice” scrive il Washington Post, mentre per il New York Times il summit interrupus di Ancorage é praticamente finito prima di cominciare “senza aver raggiunto il primo passo fondamentale: un cessate il fuoco temporaneo che avrebbe consentito ulteriori negoziati. Esattamente l’esito del quale, alla vigilia, Trump aveva detto ai giornalisti non sarebbe stato affatto contento”.
Il francese Le Figaro sintetizza: “Niente pace in Alaska, solo il ritorno spettacolare Putin sulla scena internazionale”, mentre Le Monde sottolinea l’impatto della conquista da parte del Presidente russo della ribalta mediatica.
“Anchorage lascia una scia di amarezza e delusione”, afferma a Londra The Times, col quale concorda il commento di The Guardian: “Trump ha ammesso che comprensione e progresso restano anni luce di distanza da un accordo”, anni luce che hanno fatto conseguire a Putin una evidente vittoria d’immagine.
Per lo spagnolo El Pais, il vertice “ha mostrato i limiti dell’approccio personale di Trump: nessun risultato per l’Ucraina, ma il pieno reinserimento di Putin sul palcoscenico internazionale”.
Il più impietoso é il quotidiano tedesco Frankfurter Allgemeine Zeitung, secondo il quale il Presidente Usa non riesce neanche a menzionare le parole tregua e cessate il fuoco e finisce col fare da spalla ad un Putin che incassa immagine e prestigio.
Nel the day after, l’unico che non ha ancora realizzato la portata della débâcle di Anchorage é il Presidente Donald Trump, il, quale al rientro dall’Alaska, dimostrando una notevole assiduità al ridicolo, ha rilasciato un’intervista televisiva a Fox News, scaricando la responsabilità di un accordo sulla fine della guerra in Ucraina sul Presidente Volodymyr Zelensky e sull’Europa.
Una assiduità al ridicolo, sosteneva Goethe, che nasce da un contrasto morale e che in questo caso rischia di contemplare, con un’impotenza che lascia inorriditi, la tragedia di una guerra senza fine.