L’Unione europea ha formalizzato l’impegno ad aumentare gli acquisti di equipaggiamenti militari dagli Stati Uniti, nel quadro dell’accordo raggiunto sui dazi e i rapporti commerciali. Restano però dei nodi da sciogliere, dalla quantificazione delle forniture alla distinzione tra esigenze immediate e investimenti di lungo periodo, passando per le modalità con cui verranno gestiti gli acquisti
Il futuro dei rapporti commerciali tra Europa e Stati Uniti inizia a prendere forma, anche sul piano del procurement militare. Washington e Bruxelles avrebbero raggiunto una prima intesa su un accordo-quadro che ridisegnerà gli equilibri degli scambi tra le due sponde dell’Atlantico. Tra i punti della dichiarazione, l’Unione europea ha messo nero su bianco che aumenterà la sua quota di import di equipaggiamenti militari dagli Usa.
“L’Unione europea”, si apprende dalla dichiarazione, “intende aumentare in modo sostanziale gli acquisti di attrezzature militari dagli Stati Uniti, con il sostegno e la collaborazione del governo statunitense. Questo impegno riflette una priorità strategica condivisa volta ad approfondire la cooperazione industriale transatlantica nel settore della difesa, rafforzare l’interoperabilità della Nato e garantire che gli Alleati europei dispongano delle tecnologie di difesa più avanzate e affidabili disponibili”.
La vaga menzione su un non meglio specificato aumento del procurement europeo dagli Usa era uno degli elementi che avevano lasciato più dubbi a seguito dell’incontro tra Donald Trump e Ursula von der Leyen in Scozia. Ora l’impegno ha assunto una forma ufficiale, ma i dettagli da chiarire restano molti.
Innanzitutto, bisognerà quantificare e qualificare questo impegno. Vale a dire, capire non solo quanto sarà il valore complessivo degli acquisti (la cifra di 600 miliardi, oltre che irrealistica, era riferita a una più ampia voce di “investimenti strategici”), ma anche fare luce sulle attrezzature specifiche che saranno oggetto dell’accordo. L’Europa, che pur sconta uno svantaggio tecnologico rispetto all’industria della difesa Usa, si trova all’inizio di un programma di rafforzamento militare e industriale che punta a rendere il continente strategicamente autosufficiente e non è ancora chiaro come le due intenzioni possano conciliarsi senza entrare in contrasto tra di loro.
Una possibilità potrebbe essere rappresentata dal discrime tra i prodotti off-the-shelf (già disponibili e in produzione) per esigenze immediate (come la difesa aerea) e gli investimenti strutturali nella difesa europea che guardano a un orizzonte temporale esteso (almeno dai cinque anni in su). Così facendo, l’Europa potrebbe disporre con rapidità di equipaggiamenti avanzati e necessari per aumentare la propria deterrenza convenzionale, concentrandosi nel frattempo sulla messa a terra (politica e industriale) dei suoi investimenti di lungo termine. I toni della dichiarazione parrebbero non escludere questo tipo di soluzione.
Un’altra questione che rimane da chiarire riguarda i 100 miliardi di dollari in armamenti americani che l’Europa dovrebbe acquistare per conto dell’Ucraina. Non è infatti chiaro se tali acquisti saranno ricompresi nell’aumento o se faranno capitolo a sé. In ultima istanza, resta da vedere come si articoleranno gli acquisti, vale a dire se all’accordo-quadro seguiranno intese bilaterali tra Usa e singoli Paesi europei o se queste particolari tranche di procurement verranno direttamente gestite dall’Ue e, solo in un secondo passaggio, distribuite ai vari Stati membri.