“Rappresentava la libertà, un talento che ha contribuito alle opere dei più grandi, da Roma a Hollywood. Il suo sguardo, la sua voce e la sua aura abiteranno per sempre la storia del cinema” scrive unanime e commossa la critica per la scomparsa di Claudia Cardinale. Il ricordo di Gianfranco D’Anna
Musa e diva, protagonista di oltre cento film ed ispiratrice dei grandi registi italiani degli anni ’60, interprete teatrale di Pirandello e Tennessee Williams, l’icona di Claudia Cardinale che resterà per sempre nell’immaginario collettivo e nella storia del cinema è soprattutto quella splendida e leggiadra dell’Angelica del Gattopardo di Luchino Visconti.
Il valzer col Principe Salina della giovane amata da Tancredi è una delle scene che perpetueranno nella storia l’epopea del cinema.
Una parte incastonata originariamente come collaterale nella sceneggiatura del romanzo capolavoro di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, ma che l’interpretazione di Claudia Cardinale, pur fra le gigantesche performance cinematografiche di Alain Delon, Burt Lancaster, Romolo Valli e Paolo Stoppa, fa lievitare fino ad incarnare la prorompente caparbietà e lungimiranza della nuova borghesia siciliana post garibaldina.
Un ruolo connaturato con la biografia, a tratti drammatica, dell’attrice nata a Tunisi da genitori siciliani emigrati in nord Africa e che a 17 anni vince il concorso di bellezza cui non si era iscritta della settimana del cinema italiano.
Il premio è un viaggio alla Mostra del Cinema di Venezia, che le cambia la vita. A 22 anni gira “Rocco e i suoi fratelli” di Visconti, che la plasma come attrice simbolo dell’emancipazione femminile in un’epoca dominata da pregiudizi e regole ancestrali.
Per Claudia Cardinale non si tratta di interpretare uno stereotipo, ma se stessa, elaborando le drammatiche vicende vissute nell’adolescenza. Vicende che l’hanno temprata, rendendola non solo una star, ma una donna forte, consapevole e, soprattutto, indipendente.
Bella di una bellezza fuori dai canoni delle altre dive italiane del suo tempo, Sophia Loren e Gina Lollobrigida, a Claudia Cardinale veniva spesso accostata sulle riviste patinate un’altra diva degli anni sessanta, Brigitte Bardot: la bruna CC e la bionda BB, compartecipi del film “Le pistolere” del 1971.
Impossibile elencare tutte le pellicole, gli spettacoli, i programmi televisivi, le opere teatrali, che l’hanno vista protagonista nella sua lunga carriera.
In un solo anno, il 1963, la vollero accanto a loro non solo Visconti, ma anche Federico Fellini per “Otto ½”, Blake Edwards per “La pantera rosa” e Luigi Comencini per “La ragazza di Bube”.
Così come è interminabile la lista dei premi ricevuti, dal Leone d’Oro alla carriera a Venezia nel 1993 all’Orso d’Oro a Berlino nel 2002, a cinque David di Donatello e altrettanti Nastri d’Argento.
Il premio più bello per Claudia Cardinale resterà comunque quello dell’Oscar immateriale e invisibile, ma concreto, della commozione e dell’amore che il pubblico di ogni età e di tutte le generazioni le tributerà ad ogni riproposizione dei suoi film.