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Trump affonda le navi commerciali cinesi. A colpi di dazi

A breve entreranno in vigore le nuove regole americane che impongono alle navi che attraccano nei porti Usa di pagare tasse molto più alte, anche se semplicemente finanziate da Pechino. Di conseguenza, molte società stanno cercando di tagliare i ponti con il Dragone. Una vittoria per Washington

Il giochino, alla fine, è riuscito. Donald Trump l’ha spuntata, almeno sulle compagnie di navigazione cinesi, notoriamente tra le più grandi del mondo per flotta e tonnellaggio. Nei giorni in cui Cina e Russia hanno ricordato al mondo la loro santa alleanza e potenza militare, l’America si aggiudica un punto a suo favore. E lo fa sul terreno dei dazi.

La stretta tariffaria imposta dagli Stati Uniti alle spedizioni cinesi prevede che i giganteschi cargo che attraccano nei porti americani paghino tasse molto alte per procedere con lo sbarco della merce. Ma c’è di più. Tale trattamento è riservato anche a tutte quelle compagnie, magari battenti altra bandiera, che ricevono finanziamenti e sovvenzioni dal governo cinese. Nelle intenzioni dell’amministrazione Trump, la nuova tassa dovrebbe scoraggiare le grandi compagnie di navigazione a comprare navi dalla Cina.

Questo ha ovviamente avuto il suo impatto. Nel senso che proprio tali società marittime che fino a questo momento hanno preso soldi da Pechino, ora hanno cominciato a cercare fonti di finanziamento alternative, proprio per non incappare nella tela fiscale. La stretta, d’altronde, c’è tutta. La commissione per la maggior parte delle navi di proprietà cinese ammonta a 50 dollari per tonnellata netta, con la possibilità di salire a 140. Tradotto, anche una modesta nave portacontainer di circa 20.000 tonnellate nette probabilmente pagherà circa 1 milione di dollari attraccare.

Insomma, le nuove regole prevedono il pagamento fino a 1,5 milioni di dollari per ogni scalo portuale fatto negli Stati Uniti da navi fabbricate in Cina e fino a un milione di dollari per ogni spedizione fatta con navi terze ma gestite e finanziate da aziende cinesi, a prescindere dallo stato di fabbricazione, e fino a un milione di dollari per qualsiasi compagnia di navigazione che abbia ordinato più del 50% delle nuove navi in cantieri navali cinesi, sempre per ogni scalo. Significa che se nel viaggio intercontinentale sono previsti due o tre scali negli Stati Uniti  la tassa raddoppierebbe o triplicherebbe. Tutto questo sta spingendo le grandi compagnie a tagliare i ponti con la Cina, soprattutto sul versante dei finanziamenti. Il che, per il Dragone, è un danno. Uno a zero per Trump.


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