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Costa da Meloni, così l’Ue prova a ripartire su Nato, guerre e green deal

A Palazzo Chigi Antonio Costa e Giorgia Meloni hanno fatto il punto sulle urgenze “belliche”, come Gaza e Ucraina, ma anche su temi interni come l’automotive e gli spunti draghiani. L’intenzione è giungere ai vertici di inizio ottobre con un quadro chiaro delle iniziative da intraprendere, per non smarrire priorità e obiettivi programmatici

Arrivare al Consiglio europeo informale e al vertice della Comunità politica europea, in programma a Copenaghen i prossimi 1 e 2 ottobre, non solo con un paniere di iniziative risolutive alla voce Ucraina e Medio Oriente. Ma con una spiccata attenzione anche ai temi più interni, come la competitività europea, la crisi dell’automotive, la gestione del dossier cybersicurezza, nella consapevolezza che l’Italia può giocare la carta Piano Mattei.

Giorgia Meloni e Antonio Costa ieri a Palazzo Chigi hanno fatto il punto sui principali dossier dell’attualità internazionale, provando ad alzare lo sguardo sia verso i prossimi appuntamenti europei, sia verso decisioni strutturali che riguardano il futuro dell’Ue. Il presidente del Consiglio europeo dallo scorso 27 agosto è impegnato in un giro di visite nelle capitali con l’obiettivo di coagulare strategie comuni in un momento particolarmente complesso della storia comunitaria.

Appare di tutta evidenza come il tema Nato sia in cima alle preoccupazioni euroatlantiche, alla luce delle recenti dichiarazioni del Cremlino, anche per questa ragione, da Nicosia, oggi Costa ha osservato che l’alleanza atlantica “è un’organizzazione difensiva e militare, l’Unione europea non lo è, ma sta costruendo un’Europa della difesa”. La posizione italiana, come è noto, è che Roma si è resa disponibile a rafforzare il fronte est, come ribadito dal ministro della difesa Guido Crosetto, nella consapevolezza che “la guerra è in Ucraina non altrove”, senza dimenticare che “l’Italia farà la sua parte, come ha sempre fatto”, ha ricordato stamane il ministro degli Esteri Antonio Tajani.

La chiave di volta, dunque, potrebbe essere il fondo Safe (Security action for Europe), a cui l’Italia ha chiesto di accedere, con l’obiettivo di favorire l’acquisizione di capacità di difesa critiche senza zavorrare il bilancio dello Stato. Sul punto il capo di Stato Maggiore della Difesa, generale Luciano Portolano, ha sottolineato che bisogna “rafforzare l’eccellenza nazionale e trasformarla in eccellenza europea, accettando che non possiamo fare tutto e comprendendo che dobbiamo specializzarci in ambiti che ci garantiscano un ruolo sui mercati”.

Ma non è tutto, perché ai due vertici in programma i primi di ottobre sarà dedicata attenzione anche a temi sistemici come la competitività e la sfida green, passaggi che sono presenti nelle analisi fatte in questi giorni dall’ex presidente della Bce Mario Draghi a proposito dell’inazione europea. ”Finalmente anche Draghi dice ciò che in Italia e in Europa abbiamo detto per anni. Prendendoci le accuse di retrogradi e negazionisti climatici”, ha precisato l’europarlamentare di Fratelli d’Italia, Nicola Procaccini, co-presidente del gruppo dei conservatori, secondo cui Ecr sostiene il principio di neutralità tecnologica “e ci preoccupiamo seriamente della dipendenza dal regime cinese per l’approvvigionamento delle materie prime nella transazione energetica”.

L’obiettivo, quindi, che sarà discusso a Copenaghen, resta quello di una revisione delle misure del Green Deal, a cominciare dal bando dei motori termici del 2035. “Il Green Deal è stato concepito in un’altra era geopolitica, oggi è una minaccia ideologica e pratica per i popoli europei”, chiude Procaccini.


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