L’intesa sulle armi, così come quella sui minerali, si colloca in un contesto geopolitico in cui Kyiv deve garantire sostegno militare e industriale dagli Stati Uniti, promuovendo accordi che superano la logica dell’aiuto gratuito e puntino a una partnership fondata su scambi concreti
La nuova priorità nelle discussioni diplomatiche tra Stati Uniti ed Ucraina sembra adesso essere un “mega-accordo” per la fornitura di sistemi d’arma made-in-Usa al Paese dell’Europa Orientale. A renderlo noto lo scorso fine settimana è stato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, parlando in una conferenza stampa. Secondo il leader ucraino i punti principali dell’accordo in questione, dal valore di circa 90 miliardi di dollari, “sarebbero già stati discussi” con il Presidente statunitense Donald Trump (probabilmente in occasione del bilaterale avuto tra i due esponenti politici a New York, in occasione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite avvenuta la scorsa settimana, anche se dell’accordo in questione già si parlava lo scorso agosto), e adesso rimarrebbe solo da capire come implementare sul piano pratico la suddetta intesa.
Per questo motivo nelle prossime settimane una delegazione di funzionari ucraini si recherà negli Stati Uniti per discutere i dettagli tecnici relativi alla compravendita dei sistemi d’armi, oltre che dell’accordo per la produzione congiunta di droni di cui si era già parlato lo scorso mese. Kyiv ha preparato un elenco di armi che intende acquistare dagli Stati Uniti, secondo quanto affermato Zelensky, che ha anche sottolineato come il suo Paese sia interessato a stipulare accordi separati per altri tipi di armi, in particolare missili a lungo raggio. Il leader ucraino ha dichiarato di non poter fornire ulteriori dettagli su tale accordo poiché si tratta di “una questione molto delicata”.
Il quotidiano britannico Telegraph ha riportato negli scorsi giorni che, in occasione del loro incontro a New York, Zelensky avrebbe chiesto a Trump di fornire all’Ucraina missili da crociera Tomahawk a lungo raggio, un sistema d’arma nettamente superiore ai sistemi a lungo raggio forniti fino ad ora all’ucraina dai partner occidentali.
In territorio statunitense si recherà nello stesso periodo anche la prima ministra ucraina Yulia Svyrydenko, la quale dovrà discutere con i rappresentanti statunitensi quali saranno i prossimi progetti per il neo-costituito fondo congiunto Usa-Ucraina, la cui costituzione era stata stabilita all’interno del cosiddetto “accordo sui minerali” firmato la scorsa primavera.
Proprio sulla scia di quest’ultimo bisogna collocare anche gli accordi sui droni e sui sistemi d’arma: sin dal suo arrivo alla Casa Bianca Trump si è fatto promotore di un approccio diplomatico fortemente transazionale, non solo verso l’Ucraina, in cui i fattori politici vengono totalmente (o quasi) subordinati a logiche di tipo economico; esemplificative di questa linea le stesse dichiarazioni rilasciate da Trump nel periodo della discussione dell’accordo sui minerali, in cui sottolineava come fosse interesse dell’Ucraina legare a sé gli Stati Uniti tramite fattori di convenienza economica, così da assicurarsi un interesse sostanziale da parte di Washington nella tutela dello status quo.
Una formula a cui, volente o nolente, Zelensky ha saputo aderire, promuovendo le sopraccitate iniziative che spingono proprio in questo senso. E che probabilmente avranno un peso anche nelle discussioni diplomatiche a venire, sia con i Paesi partner che con attori decisamente meno amichevoli.