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È il momento di superare l’immobilismo della Commissione. Parla Curti Gialdino

C’è attesa per il discorso che la presidente della Commissione Europea terrà mercoledì sullo stato dell’Unione nel corso della plenaria di Strasburgo che ha preso il via oggi. Tanti i malumori in maggioranza e moltissimi i dossier sui quali l’esecutivo comunitario si dovrà misurare in un momento storico complesso, reso ancora più grave dalla crisi politica francese. Conversazione con Carlo Curti Gialdino, già ordinario di Diritto dell’Unione europea alla Sapienza e vicepresidente dell’Istituto diplomatico internazionale

Colpevole d’immobilismo. Mentre a Strasburgo prende il via la plenaria del Parlamento europeo, l’attenzione è tutta rivolta al discorso sullo Stato dell’Unione che Ursula von der Leyen terrà mercoledì. Un intervento che arriva in un momento delicato per la maggioranza che sostiene la presidente – benché non esistano rischi concreti che la presidente possa essere disarcionata -; per la credibilità della Commissione e per gli equilibri politici in Europa, complicati dalla crisi francese. Formiche.net ne ha parlato con Carlo Curti Gialdino, già ordinario di Diritto dell’Unione europea alla Sapienza e vicepresidente dell’Istituto diplomatico internazionale. 

Professor Curti Gialdino, i mal di pancia nella maggioranza Ursula sono sempre più evidenti. Quanto è concreto il rischio di mettere in discussione la stabilità della coalizione?

In realtà è un rischio prossimo allo zero. È vero che sono state calendarizzate delle mozioni di censura da parte dell’estrema sinistra e dell’estrema destra, ma il blocco regge. Non vedo problemi per la maggioranza, almeno sul piano numerico.

Tuttavia, lei ha segnalato una certa insofferenza per l’attivismo estivo della presidente. A cosa si riferisce?

Il punto è che Ursula von der Leyen tende a dimenticare i limiti delle competenze della Commissione. È legittimo che faccia un bilancio del lavoro svolto, che si occupi di finanziamenti e di industria della difesa, ma quando si siede con i “volenterosi” per pianificare presenze militari sul territorio ucraino entra in una materia che non le compete. Lo dicono i trattati: la difesa resta prerogativa esclusiva degli Stati.

Chi allora ha il compito di coordinare le posizioni europee in questo campo?

In realtà sarebbe Antonio Costa, come presidente del Consiglio europeo. È lui che ha la responsabilità di un ragionamento comune sulla difesa. Non a caso ha iniziato un giro nelle capitali in vista del prossimo Consiglio europeo.

Sul piano economico e segnatamente nella trattativa sui dazi con gli Usa, lei ha parlato di una Commissione che “si è calata le braghe”. In che senso?

Bruxelles ha mostrato debolezza. Aveva annunciato risposte sul digitale, ma poi non ha fatto nulla. Anche la sanzione a Google è stata molto inferiore a quello che avrebbe potuto essere. Con gli Stati Uniti si usano i guanti bianchi: un atteggiamento non produttivo. Anche in relazione al conflitto in Medio Oriente l’Unione Europea è la grande assente.

Il discorso di mercoledì sarà anche un bilancio del primo stralcio di legislatura della nuova Commissione. Quali risultati rivendicherà von der Leyen?

Ha già distribuito un documento di circa 70 pagine, in cui mette in fila quanto fatto nel primo anno del secondo mandato. Ma si tratta di piccole cose. Le realizzazioni dei programmi sono ferme al 10%. Non a caso Mario Draghi, a Rimini, ha criticato duramente l’immobilismo della Commissione. Un immobilismo che deve essere superato: la nuova Commissione procede con passi troppo corti, inadeguati rispetto al tornante della storia che stiamo vivendo.

In questo contesto, quanto pesa la crisi politica francese sugli equilibri europei?

Moltissimo. Il tradizionale motore franco-tedesco ha sempre trainato l’Unione, ma oggi la Francia è un malato grave. Macron non scioglierà l’Assemblea nazionale: ha già commesso quell’errore e non lo ripeterà. Ci troveremo con un nuovo primo ministro destinato a durare qualche mese, qualcosa che ricorda molto i “nostri” governi balneari.

In questo quadro l’Italia sembra vivere una fase diversa. La stabilità di cui gode l’esecutivo nostrano è percepita anche a Bruxelles?

Sì. L’Italia odierna è un Paese stabile e affidabile: al di là di qualche scaramuccia tra i partner di governo, l’esecutivo è solido e potrebbe arrivare alla fine della legislatura. È già il terzo esecutivo più longevo della storia repubblicana. Sul piano europeo, la coppia Meloni–Tajani si muove bene ed è un fattore molto positivo.


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