Washington e Pechino riaprono i canali di dialogo su due fronti, militare e diplomatico, dopo settimane di tensioni. Hegseth e Rubio hanno ribadito la volontà americana di evitare il conflitto ma difendere i propri interessi, mentre la Cina ha avvertito sugli “interessi legittimi” e su Taiwan
Le conversazioni parallele tra il segretario alla Difesa statunitense, Pete Hegseth, e il ministro cinese, Dong Jun, da un lato, e tra il segretario di Stato Marco Rubio e il ministro degli Esteri Wang Yi dall’altro, segnalano un tentativo coordinato di Washington di mantenere aperti i canali con Pechino su due livelli: quello militare e quello diplomatico. Il messaggio principale: gli Stati Uniti non cercano il conflitto con la Cina, ma difenderanno i propri interessi vitali nel quadrante definito come “Asia-Pacifico” – elemento ribadito in più occasioni dai due alti funzionari statunitensi, che hanno preferito questa definizione nelle comunicazioni ufficiali, piuttosto che l’ormai consolidato “Indo-Pacifico”. I contatti Washington-Pechino continuano, sebbene restino in sospeso i nodi economici e commerciali.
Il canale militare: rassicurazioni e fermezza
Hegseth, che ha parlato per la prima volta con il suo omologo cinese da quando guida il Pentagono, ha definito “prioritario” il teatro Asia-Pacifico, chiarendo però che Washington non punta né a un cambio di regime né a soffocare la Cina. Come ha dichiarato lo stesso segretario: “Gli Stati Uniti non cercano il conflitto con la Cina, né stanno perseguendo un cambio di regime o il soffocamento della Repubblica Popolare Cinese”. Allo stesso tempo, tuttavia, il segretario ha chiarito che gli Stati Uniti hanno “interessi vitali nell’Asia-Pacifico, il teatro prioritario, e li difenderanno con determinazione”.
È una mossa calibrata per ridurre le paure del Partito comunista cinese circa le intenzioni americane, che sotto Trump sono percepite a Pechino come più aggressive. Dong Jun, invece, ha insistito sul rispetto reciproco e sulla stabilità nel Mar Cinese Meridionale, denunciando le “provocazioni” esterne alla regione.
Il colloquio è arrivato a pochi giorni dalla grande parata militare a Pechino, durante la quale Xi Jinping ha accolto Vladimir Putin e Kim Jong Un. Un evento che ha sollevato preoccupazione tra diversi leader mondiali, convinti di assistere a un potenziale riallineamento geopolitico, anche perché arrivato a pochi giorni dal vertice della Shanghai Cooperation Organization, in cui Russia e Cina hanno provato ad abbracciare l’India mentre dialogavano con i principali partner del Global South.
Il canale diplomatico: continuità e attriti
La telefonata Rubio-Wang, presentata da entrambe le parti come “costruttiva”, si inserisce nello stesso framework, e fa seguito del confronto avuto a luglio a Kuala Lumpur. Rubio ha ribadito l’importanza di una comunicazione aperta, mentre Wang ha ammonito Washington a non danneggiare gli “interessi legittimi” cinesi, richiamando la sensibilità di Pechino su Taiwan. Secondo la nota del ministero degli Esteri cinese, Wang ha affermato che “le recenti parole e azioni negative adottate dalla parte statunitense hanno danneggiato i diritti e gli interessi legittimi della Cina, interferito negli affari interni e non sono favorevoli al miglioramento e allo sviluppo delle relazioni bilaterali”.
Il contesto resta in effetti segnato dalla nuova ondata di barriere commerciali promosse da Trump, che colpiscono direttamente l’economia cinese. La tregua tariffaria di 90 giorni decisa ad agosto ha evitato un ulteriore inasprimento, ma le pressioni americane sugli alleati europei per introdurre dazi fino al 100% mostrano che la dimensione economica rimane intrecciata con le tensioni geopolitiche.
Un doppio binario verso un possibile summit
Nelle due telefonate si legge un tentativo – già in corso sin dall’inizio dell’amministrazione Trump – di stabilire un doppio binario di gestione della competizione con la Cina: da un lato, ridurre i rischi di escalation militare; dall’altro, mantenere uno spazio di dialogo diplomatico che possa facilitare un futuro incontro tra Donald Trump e Xi Jinping.
Tuttavia, come sottolineano diverse fonti, un eventuale vertice richiederà progressi sostanziali non solo sul piano strategico, ma soprattutto su dossier economici delicati — dai dazi al fentanyl fino alla questione dell’export control tecnologico. Senza passi avanti in queste aree, i contatti rischiano di restare esercizi di contenimento, più che tappe di un reale riavvicinamento.