Skip to main content

Perché l’incontro MbS-MbZ è importante per il Golfo. Risponde Bianco

“C’è oggi un’opportunità di leadership regionale/internazionale per i Paesi del Golfo. Ma se ognuno tira dalla propria parte, questa opportunità non si concretizza. Meglio allora mettersi insieme per preservare interessi comuni e portare a frutto questa possibilità”, spiega a Formiche.net Cinzia Bianco, esperta di Golfo dell’European Council on Foreign Relations

“[I due leader] hanno esaminato le relazioni fraterne tra i due Paesi e le modalità per rafforzarle in vari ambiti”, dice così il comunicato con cui il ministero degli Esteri saudita ha descritto l’incontro tra l’erede al trono Mohammed bin Salman (MbS) e il presidente emiratino, Mohammed bin Zayed (MbZ). Un faccia a faccia pieno di photo-opportunity finora passato in sordina sui grandi media internazionali, eppure piuttosto significativo. Innanzitutto perché era da 15 mesi che i leader dei due più importanti attori della Regione del Golfo – regione in cerca di centralità internazionale – non si incontravano di persona. Un abbraccio che ha suggellato “discussioni su vari sviluppi regionali, in particolare della situazione in Palestina”, dicono fonti informate senza discostarsi dalla linea ufficiale.

Secondo Cinzia Bianco, esperta di Golfo dell’European Council on Foreign Relations, la lettura di quanto accaduto deve partire dalla ricostruzione del rapporto reciproco tra i due leader. “Questa è stata una relazione assolutamente strategica per anni: MbZ è stato un mentore e un veicolo fondamentale per il raggiungimento della posizione di potere che oggi MbS ha ottenuto, sia a livello domestico in Arabia Saudita, sia a livello regionale, sia internazionale. Banalmente, fu l’emiratino a introdurre il saudita a Donald Trump durante il suo primo mandato”.

Bianco spiega che “questa relazione si è gradatamente degradata e poi definitivamente rotta anni fa, quando sono emerse una serie di differenze sulla politica regionale e, soprattutto, quando MbS si è trovato al centro dello scandalo Khashoggi (l’editorialista del Washington Post assassinato da una squadraccia dei servizi segreti sauditi a Istanbul, nell’ottobre 2018, ndr). In quell’occasione MbZ, invece di usare i suoi collegamenti internazionali negli Stati Uniti per difenderlo, si è sganciato per paura di rimanerne coinvolto”.

Da lì in avanti, aggiunge l’esperta, “sono emerse differenze sulla politica regionale e visioni divergenti, per esempio sul futuro dei rapporti con l’Iran. Gli Emirati sono stati i primi a tentare un approccio di contenimento e dialogo, mentre i sauditi pensavano invece di confrontarsi direttamente con Teheran fino alle distensioni siglate a Pechino nel 2023. I sauditi hanno vissuto quella scelta emiratina come un tradimento”. Ma anche sulla politica petrolifera ci sono state frizioni: “I sauditi hanno cercato di imporre una linea, mentre gli emiratini hanno fatto di testa loro, mettendo in discussione la leadership di Riad nel sistema Opec”.

Bianco ricorda divisioni anche sul Qatar, che i sauditi hanno cercato di reintegrare più rapidamente dopo l’isolamento imposto con il boicottaggio del 2017, mentre gli Emirati sono rimasti più indietro. E anche distanze operative su dossier caldissimi come lo Yemen e il Sudan, o ancora la Siria. Tutti questi elementi hanno portato a una rottura personale: “Prima il contatto tra MbS e MbZ era costante e continuo, poi per anni si sono visti zero. Ci sono stati summit in Arabia Saudita con leader come Joe Biden o Xi Jinping, a cui MbZ non ha partecipato, mandando altri rappresentanti al suo posto. Era evidente la frattura”.

E allora perché si sono rivisti adesso? Bianco sottolinea che in parte il tempo sistema le cose, ma soprattutto che “questa volta sono stati gli Emirati a fare un passo indietro”. Perché? “Si sono resi conto che non conveniva portare avanti questa distanza: conveniva molto di più ricucire, anche dando l’apparenza ai sauditi di aver avuto la precedenza e quindi la leadership. In realtà, la situazione è molto più complessa, ma gli Emirati si sono posti con una certa umiltà, riconoscendo in apparenza la priorità saudita”.

La ragione principale, conclude Bianco, è che “c’è oggi un’opportunità di leadership regionale/internazionale per i Paesi del Golfo. Ma se ognuno tira dalla propria parte, questa opportunità non si concretizza. Meglio allora mettersi insieme per preservare interessi comuni e portare a frutto questa possibilità. Sudan, Siria, Libano, Gaza: ci sono teatri in cui le divisioni rischiano di annullare qualsiasi influenza, mentre un coordinamento può almeno contenere i rischi e gestire le crisi. Al momento è difficile capire quali saranno i risultati concreti del summit, ma questa è stata la linea della discussione”.


×

Iscriviti alla newsletter