Indonesia e India sono laboratori complementari per l’Ue: la prima per testare la sostenibilità di un’apertura profonda in settori sensibili che ora rientrano dentro al nuovo Cepa, la seconda come banco di prova per misurare la coerenza tra ambizioni geopolitiche e strumenti concreti di politica commerciale europea come l’Fta in costruzione
L’intesa di libero scambio siglata tra Unione europea e Indonesia non è soltanto un passo avanti per lo sviluppo di una rotta commerciale destinata a diventare prioritaria nei prossimi anni, ma un tassello geopolitico che può anche come anticipare la traiettoria delle nuove relazioni con l’India. A Bruxelles la coincidenza non sfugge: mentre si celebra la conclusione del Comprehensive Economic Partnership Agreement (Cepa) con Giacarta, la Commissione europea lancia una nuova agenda strategica con Nuova Delhi, con l’obiettivo dichiarato di finalizzare un Free Trade Agreement (Fta) entro il 2025.
Il caso Indonesia
L’accordo con l’Indonesia prevede l’abbattimento del 98,5% dei dazi sui prodotti europei, con effetti immediati su settori strategici come auto, macchinari, farmaceutica e chimica. Altrettanto rilevante è l’accesso europeo a materie prime critiche – nichel e cobalto – indispensabili per le batterie dei veicoli elettrici e per lo stoccaggio delle rinnovabili. Sul piano digitale, l’intesa introduce altre novità strutturali: liberalizzazione del settore telecomunicazioni, piena proprietà straniera nei servizi informatici, regole avanzate su e-commerce e dati. Infine, l’agroalimentare europeo guadagna spazi protetti e la tutela di 221 indicazioni geografiche.
Dietro le cifre c’è un disegno politico: garantire sicurezza delle forniture per il Green Deal, aprire mercati digitali ad alto potenziale e consolidare un partenariato in un Paese emergente con un peso crescente negli equilibri asiatici.
L’orizzonte indiano
La nuova agenda strategica Ue-India presentata dalla Commissione e dall’Eeas va in una direzione molto simile. I cinque pilastri di cooperazione (prosperità e commercio, transizione verde, innovazione tecnologica, sicurezza e difesa, connettività globale) riprendono molti elementi già sperimentati nel negoziato con l’Indonesia. Anche qui la logica è duplice: integrare l’India nelle catene del valore europee e diversificare i rischi legati alla dipendenza dalla Cina.
La dimensione commerciale è il banco di prova. L’Ue è già il principale partner dell’India, ma il negoziato per un Fta — sostenuto per primo dall’Italia — rimane complesso, in particolare su tariffe e agricoltura. L’esperienza con l’Indonesia offre però un modello operativo: equilibrio tra apertura e protezione dei settori sensibili, garanzie di accesso alle materie prime strategiche, strumenti per la cooperazione digitale e industriale, tutela delle eccellenze agroalimentari.
Valore strategico
Guardando in prospettiva, il Cepa con l’Indonesia non è soltanto un accordo commerciale ma un prototipo e allo stesso tempo un messaggio. Muove dinamiche simile a quelle del possibile Fta indiana, più vasto e politicamente rilevante, che darebbe all’Europa un ancoraggio nel cuore dell’Indo-Pacifico. Contemporaneamente spiega a New Delhi che l’Europa è pronta, consapevole che in un contesto segnato dalla svolta protezionistica americana e dal de-risking dalla Cina, l’Ue vuole scommettere sulla capacità di costruire partnership strutturate con Paesi emergenti (o forse meglio dire “già emersi” tra gli attori globali presenti e futuri).