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L’asse Giappone-India e il reset Trump-Modi. Ecco l’equilibrio nell’Indo-Pacifico

Trump e Modi rilanciano il tono positivo nei rapporti India–Usa, ma è la partnership strategica con il Giappone — radicata nella visione indo-pacifica di Shinzo Abe e rafforzata dalla nuova “Visione Congiunta” — a confermare la collocazione dell’India tra i like-minded democratici e a definire gli equilibri del secolo asiatico

Alla Casa Bianca, Donald Trump ha voluto oggi rassicurare sulla solidità del rapporto con l’India: “Sarò sempre amico di [Narendra] Modi, è un grande Primo Ministro”, ha dichiarato, aggiungendo che tra Stati Uniti e India “c’è una relazione speciale” e che “non c’è nulla di cui preoccuparsi”. Narendra Modi ha ricambiato con toni distesi, parlando di “partnership strategica e globale positiva e proiettata al futuro”.

Lo scambio benevolo arriva dopo settimane di tensioni segnate da dichiarazioni dure di Trump sull’economia indiana e dalle frizioni commerciali, e indica la volontà di aprire uno spazio di reset. Per Nuova Delhi si tratta di una scelta coerente: non cedere all’orbita di Pechino e Mosca, ma mantenere margini di cooperazione con i partner democratici, da Washington a Tokyo.

Proprio il Giappone rappresenta l’altro pilastro strategico della politica estera indiana. Quando l’ex primo ministro giapponese Shinzo Abe pronunciò il suo celebre discorso sulla “Confluenza dei Due Mari” al Parlamento indiano nel 2007, non stava soltanto gettando le basi concettuali per il Quad, ma stava anche collocando l’India al cuore dell’Indo-Pacifico. La sua visione continua a risuonare: il vero secolo asiatico non sarà forgiato da una difficile convivenza tra India e Cina, ma dalla più profonda partnership tra India e Giappone.

L’impegno dei due Paesi per un Indo-Pacifico libero e aperto (FOIP) non deriva soltanto dalle attuali dinamiche geopolitiche o dalla necessità di contenere la Cina, ma anche da legami più antichi e civiltazionali. Dalla diffusione del buddhismo dall’India al Giappone nel VI secolo al sostegno giapponese a Subhash Chandra Bose e alla lotta nazionalista indiana durante la Seconda guerra mondiale, Tokyo e Delhi hanno a lungo condiviso affinità che vanno oltre la diplomazia transazionale. Il Giappone è sempre stato parte della più ampia sfera d’influenza sociale dell’India, e l’Indo-Pacifico è oggi l’arena in cui questi legami trovano un’espressione moderna.

L’India, plasmata dall’Oceano Indiano, e il Giappone, con la sua proiezione pacifica, sono partner marittimi naturali. Ecco perché la visita bilaterale di Narendra Modi in Giappone — avvenuta poco prima del vertice della Shanghai Cooperation Organization a Tianjin — deve essere letta come qualcosa di più di una semplice routine diplomatica. In un momento in cui il Presidente statunitense Donald Trump definiva l’India una “economia morta”, il Giappone ha risposto con fiducia, promettendo 68 miliardi di dollari di investimenti privati nei prossimi dieci anni. Una promessa cauta, soggetta a dovuta verifica, ma che segnala fiducia nella capacità dell’India di assorbire tecnologie avanzate e rafforzare la propria forza lavoro.

La visita ha prodotto una “Visione Congiunta per il Prossimo Decennio” che abbraccia sicurezza economica, sostenibilità, innovazione, sanità e legami tra le persone. Una nuova Iniziativa di Partenariato tra Stati e Prefetture permetterà una cooperazione più radicata a livello locale, collegando gli stati indiani alle prefetture giapponesi e andando oltre l’asse tradizionale Delhi–Tokyo. Già oggi l’India è il maggiore destinatario degli aiuti giapponesi allo sviluppo, gli IDE giapponesi hanno raggiunto i 44 miliardi di dollari dal 2000 e il commercio bilaterale si aggira intorno ai 23 miliardi annui. La relazione si è evoluta costantemente, da “Partnership Globale” nel 2000 a “Partnership Speciale Strategica e Globale” nel 2014, includendo ora anche una cooperazione trilaterale con l’Italia che è nell’interesse di Roma rivitalizzare e rafforzare.

Il vertice con il primo ministro Ishiba Shigeru si è svolto in un contesto turbolento: la guerra dei dazi di Trump ha colpito sia le esportazioni giapponesi che quelle indiane, mentre Cina e Russia cercavano di mobilitare il “Global South” nell’ambito della Sco. Per questo motivo Delhi e Tokyo stanno rafforzando la cooperazione nelle catene di fornitura dei semiconduttori, nelle energie pulite, nelle telecomunicazioni, nell’IA e nei minerali critici. La promessa giapponese di introdurre entro il 2030 i nuovi treni Shinkansen E10 in India sottolinea la dimensione tecnologica, anche se il progetto dell’alta velocità Mumbai–Ahmedabad resta segnato da ritardi. Sul piano della difesa, la cooperazione si amplia ulteriormente: la Dichiarazione Congiunta sulla Sicurezza aggiornata copre ora i domini cyber e spaziale, nonché le operazioni speciali. Entrambe le nazioni hanno espresso “seria preoccupazione” per le azioni unilaterali nel Mar Cinese Orientale e Meridionale—chiari riferimenti all’assertività di Pechino.

Dopo la riuscita visita in Giappone, Modi si è recato a Tianjin per il vertice della SCO, la sua prima visita in Cina dopo sette anni. Il summit, dominato dalla retorica di Xi Jinping e Vladimir Putin contro l’“egemonismo” americano, ha ricordato che la multipolarità è oggi contesa su più fronti. Il riconoscimento reciproco tra Pakistan e Armenia ha fatto notizia, ma il vero risultato della settimana era già stato siglato tra India e Giappone. Mentre Xi invocava il “vero multilateralismo” e Putin esaltava la stabilità eurasiatica, è la visione indo-pacifica di Shinzo Abe—portata avanti da Tokyo e Delhi—che definirà l’equilibrio di potere del secolo.

Nonostante gli ostacoli temporanei, Nuova Delhi continua a rivolgersi a Washington e a like-minded democratici come Tokyo. La partnership India–Giappone rappresenta il vero asse del “secolo asiatico”. Radicata in un’eredità civilizzazionale condivisa, animata da forze complementari e resa più nitida dalla sfida cinese, è questa alleanza—insieme alla dimensione americana—che garantisce la libertà dei mari e plasma il destino dell’Indo-Pacifico. La visione di Abe continua a vivere. Consapevolezza necessaria per l’amministrazione Trump se vuole mantenere un ruolo chiave nella regione.


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