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Le proteste in Indonesia segneranno il futuro di Prabowo

Le manifestazioni popolari per ora sono contenute in larga maggioranza nell’alveo della protesta pacifica. Il governo denuncia comunque episodi violenti e infiltrazioni esterne, mentre per il presidente Prabowo è il primo, grande test sulla sua capacità di leadership

Le manifestazioni che hanno scosso l’Indonesia dalla fine di agosto segnano la prima vera crisi politica per il presidente Prabowo Subianto. La scintilla è stata apparentemente banale: la decisione del Parlamento di assegnare ai deputati un’indennità abitativa di 50 milioni di rupie, pari meno di tremila euro, ma dieci volte tanto il salario minimo nel Paese. Milioni di indonesiani, già colpiti da precarietà e disuguaglianze, hanno percepito questa misura come l’ennesima dimostrazione della distanza tra élite e cittadini. Ma dietro la protesta c’è molto di più, come sottolinea Julie Chernov Hwang del Soufan Center: dal 2019 studenti, sindacati e ong si mobilitano contro corruzione, concentrazione di potere e derive autoritarie.

Il malcontento si è trasformato in rabbia collettiva dopo la morte di Affan Kurniawan, un giovane driver di consegne travolto da un blindato della polizia mentre attraversava la strada. Le immagini, rilanciate in poche ore sui social, hanno fatto esplodere la protesta in decine di città: da Medan a Surabaya, da Yogyakarta a Makassar. L’hashtag #polisipembunuh(“polizia assassina”) è diventato virale, alimentando un movimento che ha travalicato le università e si è esteso a lavoratori precari, sindacati e attivisti.

Nella maggior parte dei casi le manifestazioni sono rimaste pacifiche, ma non sono mancati episodi di violenza. A Giacarta, gruppi di manifestanti hanno preso d’assalto le abitazioni di parlamentari che avevano deriso le proteste e persino la residenza della ministra delle Finanze, Sri Mulyani, già bersaglio di critiche per la gestione delle politiche di austerità. Le scene hanno ricordato le rivolte in Sri Lanka del 2022, quando l’ira popolare contro la corruzione portò all’assalto delle proprietà dei leader politici. Il bilancio, secondo la Commissione nazionale per i diritti umani, parla già di dieci vittime e centinaia di feriti nella sola capitale.

Un tratto distintivo di questa nuova ondata è l’allargamento della coalizione sociale. Dopo la morte di Kurniawan, migliaia di lavoratori della gig economy hanno deciso di unirsi ai cortei, insieme a ong e organizzazioni per i diritti umani. Il 3 settembre, a Giacarta, centinaia di donne hanno marciato in rosa per denunciare le violenze della polizia: un segnale di possibile espansione del fronte di protesta.

Per Prabowo, al potere da pochi mesi, si tratta di un passaggio cruciale. Ex generale delle forze speciali Kopassus ed ex genero di Suharto, ha cercato in campagna elettorale di costruire un’immagine rassicurante, lontana dalla durezza del passato, pragmatica ma vicina ai cittadini. Oggi deve dimostrare se la metamorfosi è reale. Finora ha annunciato la revoca di alcuni privilegi parlamentari, come l’indennità abitativa contestata, ma parallelamente ha avviato una repressione su larga scala: oltre 3.000 arresti, stretta sui social media e tentativi di censura dei contenuti ritenuti “provocatori”.

Il presidente ha definito gli episodi violenti “terrorismo” e “tradimento”, evocando l’azione di “forze oscure” non meglio identificate. Una retorica che richiama dinamiche già viste nel 1998, quando l’orchestrazione della violenza da parte di settori delle élite serviva a delegittimare il movimento che portò alla caduta di Suharto. Per ora non ci sono prove di infiltrazioni estremiste o jihadiste, ma la narrazione ufficiale punta a criminalizzare la protesta.

Il futuro delle manifestazioni dipenderà dall’equilibrio tra mobilitazione pacifica e tentazioni radicali, e da reali infiltrazioni esterne per facilitare da destabilizzazione. Ma soprattutto dipenderà dalla scelta di Prabowo: aprire un dialogo e affrontare le disuguaglianze strutturali del Paese, oppure chiudere lo spazio civico e consolidare il controllo autoritario? La risposta a questa crisi determinerà la natura del suo mandato e, forse, il futuro della democrazia in Indonesia – paese centrale nelle dinamiche dell’Indo-Pacifico.


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