Sorprende e amareggia la decisione del Festival della Scienza di Genova di rinunciare alla tradizionale sponsorizzazione di Leonardo, azienda leader del comparto tecnologico e industriale italiano, che non solo è la prima realtà nazionale della difesa, ma anche un campione mondiale nell’aerospazio civile, nella cybersicurezza, nell’elettronica avanzata
Il Festival della Scienza di Genova è da anni uno degli appuntamenti più importanti per la divulgazione scientifica in Italia. Un luogo che dovrebbe essere dedicato al rigore dei dati, alla serietà delle fonti, alla forza della conoscenza. Proprio per questo sorprende e amareggia la decisione di rinunciare alla tradizionale sponsorizzazione di Leonardo, azienda leader del comparto tecnologico e industriale italiano, che non solo è la prima realtà nazionale della difesa, ma anche un campione mondiale nell’aerospazio civile, nella cybersicurezza, nell’elettronica avanzata.
Tre considerazioni, nette.
La prima: Leonardo non vende armi a Israele. Lo ha ribadito l’azienda in un comunicato ufficiale, ricordando che l’export italiano è regolato da una legge severissima, la 185 del 1990, che vieta forniture a Paesi in guerra o responsabili di violazioni dei diritti umani. È una norma che prevede controlli parlamentari, obblighi di trasparenza, autorizzazioni multiple. Difficile pensare a un sistema più rigido. Prima di agitare petizioni e proclami, i professori genovesi avrebbero dovuto fare ciò che chiedono ai loro studenti ogni giorno: documentarsi, leggere, verificare.
La seconda: evidentemente non lo hanno fatto. Oppure, peggio, hanno preferito non sapere. Perché così è stato più semplice cavalcare l’onda del pregiudizio, firmare un testo politicamente orientato e ottenere la rinuncia del Festival alla collaborazione con Leonardo. È un classico schema che conosciamo bene: non serve la verità, basta l’arma retorica del sospetto. La realtà viene piegata al servizio della narrazione ideologica. Il risultato è che si attacca un’impresa che rappresenta decine di migliaia di posti di lavoro qualificati, ricerca d’avanguardia, filiere di innovazione che tengono in piedi un pezzo cruciale del Paese.
La terza considerazione è la più grave. In questo modo il Festival della Scienza si piega a una logica politica, scegliendo di stare “contro Israele” a prescindere. A prescindere dai fatti, a prescindere dalla realtà, a prescindere dalla complessità della tragedia mediorientale, dove torti e ragioni si intrecciano da decenni. È l’esatto contrario del metodo scientifico, che nasce per distinguere, analizzare, separare i dati dalle opinioni. La scienza è dubbio, verifica, confronto. Qui invece ha prevalso il dogma.
Mentre a New York il ministro degli Esteri degli Emirati Arabi Uniti incontra Netanyahu e il presidente dell’Indonesia, Paese musulmano da 280 milioni di abitanti, pronuncia la parola “shalom” all’Assemblea generale dell’Onu, a Genova alcuni professori preferiscono ripudiare Leonardo per una vendita di armi che non esiste. È la fotografia di un pezzo d’Occidente che ha smarrito il senso della realtà, la coscienza di sé e perfino la tenuta dei nervi.
La scienza dovrebbe aiutare a comprendere la complessità, non a fuggirla. Stavolta, purtroppo, a Genova ha prevalso la fuga.