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L’Europa lavori di regole e dazi per fermare la Cina. Report Ceps

Se davvero il nemico è alle porte, inutile pensare di inchiodare la Cina alla dogana immaginando un’autosufficienza industriale più utopica che reale. Molto meglio ricorrere a robusti schemi normativi e tariffari che imbriglino le esportazioni del Dragone, complicandogli la vita

Fermare la Cina, inchiodando le sue merci ai confini dell’Europa? Una tentazione, senza ombra di dubbio, ai tempi della marea commerciale cinese, che tutto invade e tutto ingoia. La domanda però è: può davvero l’Europa permettersi di essere libera in tutto e per tutto dalle forniture del Dragone? Dalle sue auto elettriche? Dalle sue materie prime? La risposta è non del tutto. Il Vecchio continente ha poche possibilità di tagliare i ponti con Pechino, semmai può rendere più difficile la vita a chi esporta dalla Repubblica popolare.

Di questo sono più che convinti gli economisti del Ceps, il Center for european policy studies. Inutile alzare le barricate, molto meglio lavorare di dazi, in modo chirurgico. Insomma, colpire su alcuni settori, un po’ come ha fatto l’Italia, estromettendo le aziende cinesi che producono pannelli solari dalle aste per la fruizione degli incentivi di Stato. “Il vertice Ue-Cina (lo scorso luglio, ndr) e l’accordo tariffario con gli Stati Uniti (ai primi di agosto, ndr) ci dicono che l’Europa intende continuare a mantenere un atteggiamento di copertura tra le due superpotenze. Tuttavia, deve decidere quale ruolo intende svolgere nello scontro tra Cina e Stati Uniti sui mercati”, scrive il Ceps. “Raggiungere l’autonomia strategica attraverso la completa autosufficienza industriale è semplicemente impossibile per l’Europa”.

E dunque, ecco il suggerimento. Fare quello che Bruxelles sa fare meglio: regolamentare. “Ciononostante, l’Ue è riconosciuta a livello internazionale per la sua capacità di definire regole e standard nelle tecnologie, vecchie e nuove, con le sue normative, ancora spesso emulate da organizzazioni internazionali, paesi partner e persino concorrenti come la Cina stessa”. E dunque, “per rimanere competitiva e indipendente al tempo stesso, l’Ue deve continuare a sfruttare i suoi punti di forza e non esitare a giocare le sue carte migliori: ciò significa sfruttare la sua notevole competenza normativa e la sua capacità istituzionale per influenzare gli standard”.

Tradotto, meglio imbrigliare il Dragone, piuttosto che sbarragli la strada. E perché no, cominciando proprio col complicare la vita al simbolo indiscusso della potenza cinese, Byd. Il mese di luglio, ha evidenziato una frattura netta nel mercato europeo delle auto elettriche. Da una parte Tesla ha vissuto un pesante ridimensionamento delle immatricolazioni, dall’altra Byd ha consolidato la sua crescita con numeri che la portano a superare il marchio statunitense. Ma, conclude il Ceps, “sfruttando questa situazione a proprio vantaggio e integrandola nel modo in cui affronta da sempre le relazioni con la Cina, si potrebbero proteggere così le catene di approvvigionamento in settori in cui non si è abbastanza competitivi, veloci o economicamente convenienti per ricostruire la propria base industriale. L’effetto Bruxelles è ancora una forza da non sottovalutare: sarebbe sciocco da parte dell’Ue ignorarlo”.


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