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L’intervento all’Onu di Trump spinge sempre più l’Europa all’isolamento. L’opinione di Guandalini

Arrangiatevi! Questo è stato il tono con cui il capo della Casa Bianca si è rivolto al Vecchio Continente. Lasciandoci sulle spalle un fardello di problemi concatenati che stanno affossando ogni buon proposito di rinascita. Dai dazi al costo dell’energia il tutto si riavvolge sulla mancata risoluzione del conflitto russo-ucraino. Che insieme alle parole di The Donald sta condannando l’Europa all’emarginazione. L’opinione di Maurizio Guandalini

Impossibile negare la chiarezza. Trump nel suo intervento all’Onu ha detto schiettamente quello che pensa davanti al mondo. Le sue idee, le sue teorie, antipatie e simpatie, verso gli uni e gli altri, senza retro pensiero. O bisbiglio dietro le spalle. Un pregio. Nella sequela delle iperboli iniziate e a volte lasciate in sospeso, non ha risparmiato l’Europa. Strattonata a suo piacimento e destinata sempre più all’isolamento. Vuoi, è tutto concatenato, per azioni dirette del Presidente degli Stati Uniti e vuoi per buona parte dal movimento sussultorio e ondulatorio del Vecchio Continente.

Il nostro cammino parte dai dazi (in queste ore la Bosch ha annunciato 13 mila licenziamenti in Germania). In tante assemblee di industriali italiani – l’ultima che ho seguito è quella di Mantova – si leva il lamento verso i dazi americani che associati alla svalutazione del dollaro fanno miscela esplosiva. Si dice che l’accordo con il Mercosur può alleviare la malasorte. Non è proprio così. Perché molti dei prodotti italiani che entrano nel Mercosur poi sono venduti agli Stati Uniti , e a quel punto sottoposti alla mannaia di Trump che regola i rapporti tra gli stati secondo il decalogo affaristico dell’America First. Gli imprenditori poi reclamano, a ragione, l’alto costo dell’energia al quale, per motivi derivati dalla guerra in Ucraina, non è stata trovata alcuna soluzione se non quella di chiudere i rapporti di fornitura dalla Russia. E Trump, all’Onu, propone di acquistare gas dagli Stati Uniti a prezzi triplicati. Lo fa dopo che ha abbozzato a suo uso e consumo la soluzione della difesa Ucraina, lavandosi le mani e imponendo all’Europa l’acquisto di armi dagli Stati Uniti da girare a Zelensky. All’Europa Trump dice di non acquistare più petrolio e gas da Putin. Bruxelles aveva già anticipato la risposta tempo fa licenziando il diciannovesimo pacchetto di sanzioni e stabilendo che dal 2027 i rubinetti dell’Orso russo saranno chiusi definitivamente. Un azzardo prettamente burocratico quel mai dire mai che mal si concilia con la realtà dei i cittadini europei in attesa di decisioni vantaggiose che da un lato sostituiscano il fornitore russo e dall’altro che si trovino, quanto prima, soluzioni di pace alla guerra e a quel punto il quadro sanzionatorio (in queste ore un fondo di investimento accusa la prestigiosa casa di moda italiana Cucinelli di aggirare le sanzioni e di svendere i suoi capi sul mercato russo, fino a quando queste limitazioni alla libertà d’impresa?) in corso rientrerebbe in gioco nelle trattative tra le parti.

Se a questo scenario scaraventiamoci addosso il Green Deal (che sarebbe più opportuno definire Green Crash), pensato male e attuato peggio – qui la disamina di Trump verso l’abitudine tafazziana dell’Europa a farsi male è stata centrata al meglio – il quadro delle mancate magnifiche sorti e progressive dell’Europa si chiude. Lasciandola con il cerino in mano. Avviandola verso un isolamento preoccupante dal quale sarà difficile riemergere. Intravedere un riscatto, vita o morte, auspicato a più riprese dalle analisi di Mario Draghi. Ed è incontrovertibile che l’avvolgibile maestro è il conflitto russo-ucraino che ha gravato oltremisura sulle spalle stanche del Vecchio Continente il quale, incapace di gestire nella terzietà quella guerra, ne è oggi coinvolto, immobile nel trovarne una via di uscita rapida e decisa, costretto al rilancio di una escalation che non porterà a nulla di buono.

Si ascolti, in questi giorni, la superficialità di linguaggio con la quale i leader politici europei parlano di pericolo di terza guerra mondiale. In attesa di un errore, di un incidente per giustificare la tensione. Un avvertimento. Che alimenti l’escalation. Per avvalorare le tesi che abbiamo sentito a ripetizione nel corso della guerra russo-ucraino, il pericolo di Putin alle porte dell’Europa, pretesto valido per accendere qualsivoglia miccia, armatevi e partite (stando alla notizia apparsa su la Stampa ripresa successivamente in un editoriale di Travaglio sul Fatto Quotidiano, il capo dell’Aise, il servizio segreto estero ha riferito al Copasir che Mosca non può attaccare la NATO perché c’è molto scetticismo sul reale potenziale offensivo della Russia). Il premier polacco ha detto che siamo più vicini che mai a un conflitto da seconda guerra mondiale e ha mandato quaranta mila uomini ai confini della nazione (sempre la nostra intelligence ha precisato che la situazione sul fronte Est sembra molto meno preoccupante di quanto ritengono alleati tipo la Germania..i polacchi e i baltici sembrano mossi più dall’atavico timore e odio verso i russi che da una realistica analisi di minaccia). Immediatamente si è inserito Zelensky denunciando la sfrontatezza russa e sollecitando una risposta appropriata, la pace si fa con la forza. Possibile, probabile che quello sconfinamento di droni in territorio polacco o rumeno o anche estone o danese (tutti da accertare) siano il preludio di un’avanzata senza confini di Putin? (L’intelligence italiana a tal proposito rileva l’ipotesi che i droni, lanciati su obiettivi ucraini siano stati deviati da barriere elettromagnetiche di Kiev, smarrendo la rotta del Gps e vagando fino a esaurire il carburante e a precipitare oltre il confine polacco).

La cautela nel tracciare scenari catastrofici imminenti, che lasciamo ai talk tv (in caduta libera negli ascolti insieme ai tg) impegnati a montare tifoserie da Sturmtruppen (nel seguire la titolazione dei telegiornali, dei giornali, delle rassegne stampa si usano strilli e toni eccessivi che andrebbero virtuosamente moderati), va usata per evitare un incontrollato inasprimento che può portarci effettivamente nel baratro, uno sprofondo senza ritorno. Per questo l’Europa raduni le sue forze ed esca dall’imbrigliatura illusoria, oggi, dell’accoppiata ritrovata Trump-Zelensky e intraprenda una via autonoma di soluzione.

Perché non è cosa buona e giusta affermare che per sempre non vi saranno più rapporti con la Russia. E poi un domani, forse, anche con la Cina? Questa progressione all’isolamento dell’Europa non è forse il miglior regalo posato su un piatto d’argento fatto a Trump, liberandosi di un impiastro di paesi che fin dalla loro nascita hanno avuto il ruolo irrinunciabile di dialogare e tenere le porte aperte al mondo?

Ha detto il filosofo Massimo Cacciari: «Il ruolo dell’Europa doveva essere e dovrebbe essere anche in futuro quello di fare da ponte tra Occidente e Oriente, è una follia aver pensato un futuro senza l’Est Europa, senza la Russia. Solo così l’Europa può aspirare a essere una potenza. La reazione dell’Europa di armarsi e di andare alla guerra è sbagliata». Sicuramente se oggi Silvio Berlusconi fosse ancora protagonista della politica internazionale quelle sue visioni che si accendono da Pratica di Mare, accordi firmati con Putin il 28 maggio del 2002, e le sue osservazioni successive “La Russia è assolutamente uno stato europeo”, e “La Russia è un alleato imprescindibile” servirebbero per approcciarsi a decisioni necessarie che raffreddino le tensioni, svestano l’Europa del ruolo di controparte pronta alla guerra per avviarsi a un percorso che rimargini nel possibile le fratture.

Constatiamo questi aspetti perché il momento è tra i più delicati della nostra storia recente di pace. E avvertiamo da più parti il sentiment di mettere fuori gioco l’Europa, considerata un pugile suonato per assenza di ruolo e di guida. Per questo dovrebbe prevalere sempre l’espressione di dialogo evitando di fare sponda a quelli che sono ancora convinti che la guerra contro la Russia possa essere vinta, che possono essere riconquistati i territori e che occorre mettere in ginocchio l’economia russa. E’ una china pericolosa quella di muoia Sansone con tutti i filistei. Soffrono i russi ma pure le economie europee non tirano. Togli il gas e il petrolio a buon prezzo, non ci sono fonti alternative pronte a entrare in servizio, si deve comprare a costi esorbitanti da altri fornitori, l’esito finale della partita, qual è? L’urlo di Braveheart?

L’obiettivo di piegare l’economia russa è esercizio molle, forse qualcuno pensa che Putin fa marcia indietro e siede al tavolo buonino, livido di umiliazione? Impossibile per un leader di uno stato che è stato impero. Inoltre, volgendo lo sguardo agli Stati Uniti, proponenti dell’ipotesi di sfasciare le casse di Putin, suggerirei di ripensarci perché se i russi si coalizzano con i cinesi per il debito americano sarebbero guai seri da tsunami distruttivo. E metterei da parte anche l’eventualità di utilizzo dei 300 miliardi di rimesse russe in Occidente. Alcune ipotesi (fatta dal governo tedesco) spingono da ora all’uso di quei denari per la ricostruzione ucraina (non si è mai visto ricostruire con una guerra in corso). Tralascio le ripercussioni valutarie (si generano preoccupazioni tra investitori e mercati per la stabilità e l’affidabilità della valuta europea), ma quello che potrebbe più sconvolgere gli scenari è creare un precedente verso altre nazioni come metodo (la confisca delle aziende) di risoluzione ad esempio dei contenziosi commerciali creando un effetto domino a lungo andare imponderabile anche sulla fiducia reciproca di quelle che sono le relazioni tra paesi. Che può provocare ulteriore isolamento dell’Europa, un malato grave che non sa come uscirne da questa crisi.


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