Israele attacca a Doha. Bombe nella capitale del Qatar per eliminare la leadership di Hamas che si stava riunendo per discutere delle proposta negoziale costruita da Donald Trump. Condanna da Iran ed Emirati Arabi
Per la seconda volta nel giro di paio di mesi la capitale del Qatar, Doha, viene colpita da parti contrapposte nel conflitto mediorientale allargato in corso. Oggi, un bombardamento israeliano ha colpito un edificio nel tentativo di assassinare Khalil al-Hayya e altri leader della cosiddetta “A-list” di Hamas; il 23 giugno un bombardamento iraniano aveva regolato simbolicamente i conti con Stati Uniti e Israele dopo gli attacchi coordinati contro la Repubblica Islamica.
Fonti israeliane spiegano che l’attacco aereo odierno è stato costruito sulla base di informazioni raccolte da Shabak e Mossad, solo un ristretto gruppo di figure del Consiglio di Sicurezza nazionale ne erano a conoscenza, ed è comunque stato coordinato e condiviso con gli Stati Uniti. Non è chiaro se gli americani, che nella base di al-Udeid – alla periferia di Doha – hanno l’hub del comando regionale CentCom, abbiano avvisato gli alleati qatarini. L’emirato ha comunque condannato l’azione israeliana, che viola la neutralità pacifica di un paese non coinvolto direttamente nel conflitto di Gaza, ma piuttosto protagonista centrale del lavorio diplomatico sin dai primi giorni dopo il mostruoso attentato di Hamas, che il 7 ottobre 2023 ha aperto l’attuale stagione di guerra (ormai estesa a tutta la regione).
Secondo informazioni locali non confermabili, gli obiettivi – quasi tutti illesi – si stavano riunendo, tornati da consultazioni in Turchia (dove in diversi si sono forzatamente spostati quando, mesi fa, Doha ha avuto la necessità di mantenere una posizione più terza e tersa), per valutare la risposta finale alla proposta di negoziato avanzata da Donald Trump. Il presidente americano vuole chiudere il conflitto e, sebbene intenda tutelare Israele, sta muovendo un sistema di contatti diplomatici direttamente con la leadership di Hamas – attività che sta escludendo parzialmente Qatar e Egitto, che da mesi sono parte del sistema negoziale creato per raggiungere il rilascio degli ostaggi, il cessate il fuoco e poi la fine delle ostilità, con successivo percorso più politico.
L’attacco a Doha alza ancora il livello della tensione. L’azione di Israele, che dimostra come nei fatti lo stato ebraico intenda non assecondare il percorso negoziale, è stata condannata da varie parti. Insieme all’Iran, che mantiene con Doha contatti pragmatici e profondi ed è nemico di Israele, gli Emirati Arabi hanno subito denunciato il raid. Per Abu Dhabi, paese che ha formalmente normalizzato le relazioni con Israele attraverso l’adesione agli Accordi di Abramo, si è tratta do un’azione “a tradimento” – perché Doha garantisce protezione diplomatica alla leadership politica di Hamas, permettendo i negoziati (per Israele, non c’è distinzione tra leader politici e militari del gruppo, e d’altronde i primi hanno festeggiato l’azione dei secondi mentre le immagini dell’attentato del 7 ottobre passavano in Tv).
L’Arabia Saudita avverte di “gravi conseguenze” per la “persistenza di violazioni criminali” da parte di Israele – Riad, che nel disegno strategico americano dovrebbe normalizzare le relazioni con Tel Aviv, annuncia di essere “pronta a dispiegare tutte le nostre capacità a disposizione del Qatar”. Altre parole dure arrivano dalla Turchia, che evidenzia come Israele “cerca la guerra, non la pace, utilizzando il terrorismo come politica di Stato”, dichiarandosi al fianco del Qatar.
(Articolo in aggiornamento)