L’ambasciatore Pier Francesco Zazo delinea un quadro critico della politica americana verso la Russia e mette in guardia sull’eventualità di un disimpegno degli Stati Uniti, che lascerebbe all’Europa il peso principale del sostegno a Kiev
Il momento è delicato, la prospettiva del raggiungimento di una pace a breve termine si sta allontanando. Il bilancio della politica di appeasement adottata da Donald Trump nei confronti della Russia “è stato finora fallimentare”, perché “il presidente americano ha fatto uscire la Russia dall’isolamento internazionale e ha rinunciato alla richiesta di una tregua quale condizione necessaria per l’avvio dei negoziati, accogliendo la tesi di Vladimir Putin secondo cui occorre prima addivenire a un accordo per rimuovere le cause profonde del conflitto; e inoltre gli Stati Uniti hanno momentaneamente sospeso le sanzioni nei confronti della Russia”. In una conversazione con Formiche.net, Pier Francesco Zazo, già ambasciatore italiano a Kyiv, spiega che nonostante tali concessioni, Trump non ha ottenuto nulla in cambio da Putin.
“Il presidente russo, che ha rafforzato la sua posizione dopo il vertice di Anchorage e la visita in Cina, è più che mai determinato a proseguire nell’offensiva militare, poiché convinto di poter vincere. Conta sulla superiorità delle risorse umane a disposizione, sulla conversione della Russia a un’economia di guerra e confida nel progressivo disimpegno degli Stati Uniti dal conflitto. La Russia continua a negoziare presentando condizioni massimaliste inaccettabili per l’Ucraina e, al contempo, intensifica i suoi attacchi”.
L’aspetto più preoccupante è che Trump, pur dicendosi deluso da Putin, non ha finora mai dato seguito ai suoi ultimatum e alle minacce di sanzioni più dure nei confronti della Russia, “risultando così poco credibile”. Inoltre, “non ha finora accolto le richieste europee di un inasprimento delle sanzioni e, in particolare, la proposta di abbassare il tetto del prezzo degli idrocarburi per ridurre la principale fonte di entrate della Russia”. Nei giorni scorsi, Trump ha però sollecitato i Paesi europei a fare di più, a cessare le restanti importazioni di petrolio dalla Russia e ad adottare dazi nei confronti della Cina e dell’India. Soltanto in tal caso gli Stati Uniti saranno disposti a inasprire a loro volta le sanzioni. “Si tratta di una chiara tattica dilatoria, poiché Trump è sempre incline ad addossare la colpa agli europei: da un lato per voler ostacolare il percorso di pace, dall’altro per non esercitare una sufficiente pressione sulla Russia”.
”L’impressione generale — secondo Zazo — è che il presidente americano abbia ormai maturato la decisione di voler normalizzare i rapporti con la Russia e che sia alla ricerca di un pretesto per disimpegnare progressivamente gli Stati Uniti dal conflitto ucraino, lasciando così all’Europa la responsabilità principale di assicurare il sostegno a Kiev”.
Lo sconfinamento dei droni russi sulla Polonia e sulla Romania rappresenta un test da parte del Cremlino per verificare la tenuta della Nato? “L’obiettivo principale di Putin è dividere gli Stati Uniti dall’Europa, considerata oggi dalla Russia il suo principale nemico”.
Da parte dei Paesi europei vi è stata una risposta compatta di fermo sostegno alla Polonia; nessuna dichiarazione di condanna invece da parte di Trump, che ha minimizzato l’accaduto arrivando a dire che forse si è trattato di un errore. “I russi vogliono accertare fino a quale punto i Paesi Nato, e in primis gli Stati Uniti, siano pronti ad applicare l’Articolo 5 dell’Alleanza Atlantica. Infatti, il Cremlino non vuole solo riportare sotto il suo controllo l’Ucraina, che considera parte della grande madrepatria russa, ma ambisce nel lungo periodo a vedersi riconosciuto il ruolo di grande potenza, con il diritto al ristabilimento di una sfera d’influenza sui Paesi dell’Europa orientale”.
L’Europa sta dando prova di compattezza nel suo sostegno a Kiev e sta comprensibilmente cercando di scongiurare un disimpegno americano dal conflitto e un indebolimento della Nato, poiché non vuole essere lasciata sola a fronteggiare la minaccia russa? “Lo scenario più probabile che si sta delineando è che la responsabilità principale della difesa di Kiev ricadrà proprio sull’Europa, laddove gli Stati Uniti continueranno a fornire i loro armamenti, ma solo se pagati dagli europei”.
Per l’ambasciatore italiano, l’Europa ha il “dovere” di continuare a sostenere l’Ucraina, che si sta battendo anche “per la sicurezza del nostro continente”. Soprattutto nell’ipotesi di una graduale diminuzione degli aiuti americani, “l’Europa dovrà inevitabilmente prendere in considerazione la futura confisca dei fondi sovrani russi congelati (oltre 200 miliardi di euro) al fine di sostenere le ingenti spese militari e finanziarie per l’Ucraina, un’opzione finora scartata per il timore di provocare l’instabilità del sistema finanziario internazionale”
L’Italia sta dando prova di essere un Paese responsabile dell’Ue, poiché se da un lato cerca di scongiurare una rottura del legame transatlantico, dall’altro ha sempre ribadito il suo pieno sostegno all’Ucraina. “Dopo qualche esitazione iniziale, abbiamo aderito alla coalizione dei volenterosi, rimarcando però la contrarietà all’ipotesi anglo-francese di invio di forze di pace in Ucraina e promuovendo invece una proposta di garanzie di sicurezza a favore di Kiev, basata sul modello dell’art. 5 della Nato. Il Cremlino ha tuttavia già dichiarato che qualsiasi garanzia di sicurezza a favore di Kiev dovrà prevedere il coinvolgimento della Russia e il suo diritto di veto”.
In definitiva, l’unico percorso credibile per costringere Putin al tavolo negoziale è convincerlo che non può vincere, dato che egli rispetta solo il linguaggio della forza? “Esatto, è pertanto essenziale che gli alleati occidentali, ivi inclusi gli Stati Uniti, continuino a dare il loro pieno sostegno finanziario e militare a Kiev, abbinandolo a un ulteriore rafforzamento delle sanzioni al fine di indebolire l’economia russa e la sua macchina bellica. Soltanto allora ci saranno le condizioni per arrivare a un compromesso in cui la Russia si terrà i territori occupati e otterrà la non adesione di Kiev alla Nato, laddove l’Ucraina manterrà la sua sovranità, disporrà grazie agli aiuti occidentali di un esercito forte in grado di scongiurare future aggressioni (modello porcospino) e avvierà una rapida integrazione nell’Unione Europea”.
Per la Russia è di fondamentale importanza dimostrare di non essere isolata e di poter contare sul supporto dei Paesi del Global South, del Brics e della maggioranza dei Paesi membri del G20, per diffondere la narrativa di una lotta per la creazione di un nuovo ordine multipolare più giusto contro la pretesa egemonia degli Stati Uniti e dell’Occidente collettivo? “Effettivamente la Russia può contare sul supporto della Cina e di altri regimi autocratici. Il conflitto in corso in Ucraina va infatti inquadrato nell’ambito più ampio di un duro scontro frontale tra autocrazie e democrazie occidentali”.
Per Zazo, “Trump ha fatto uscire Putin dall’isolamento internazionale ricevendolo con tutti gli onori ad Anchorage”. Successivamente la posizione del presidente russo si è ulteriormente rafforzata a seguito del suo recente viaggio in Cina per partecipare al vertice della Shanghai Cooperation Organization (Sco) e alle celebrazioni dell’ottantesimo anniversario della Seconda guerra mondiale. “La Cina ha ribadito il suo pieno sostegno alla Russia e il premier indiano Narendra Modi, con la sua partecipazione ai lavori della Sco, ha chiaramente espresso la sua opposizione ai dazi inflitti da Trump all’India a causa delle importazioni di greggio dalla Russia”.
L’ambasciatore, con esperienze sulle dinamiche di Mosca, spiega che la Russia, essendo un’autocrazia che coltiva il sogno revanchista di ripristinare un impero, cerca di alimentare l’immagine di potenza militare invincibile destinata a prevalere nel conflitto in Ucraina. “Lo fa soprattutto per convincere gli alleati di Kiev e le opinioni pubbliche occidentali che è inutile continuare a sostenere l’Ucraina, nonché per rafforzare il regime di Putin, che non può permettersi di perdere il conflitto. Si tratta però di un’immagine non veritiera, tenuto conto che la Russia continua ad avanzare sul terreno molto lentamente e a costo di gravi perdite, ed è costretta a ricorrere al sostegno militare della Corea del Nord e dell’Iran”.
Il bilancio del Cremlino è magro: dopo tre anni e mezzo di guerra la Russia occupa solo un quinto dell’Ucraina, laddove si era prefissata l’obiettivo di entrare a Kiev entro pochi giorni; la Nato si è ulteriormente espansa a est con l’ingresso di Svezia e Finlandia. “Inoltre — continua l’ambasciatore — la Russia ha perso l’accesso ai mercati europei, dovendo rinunciare all’utilizzo dell’arma energetica, ed è costretta a vendere le sue materie prime ai Paesi asiatici a un prezzo molto più basso. Soprattutto, la Russia è destinata ad avere un ruolo sempre più ancillare rispetto al suo principale alleato, la Cina. Inoltre, sebbene abbia riconvertito con un certo successo il suo apparato industriale a un’economia di guerra, si intravedono crescenti segnali di affanno”.
Il regime di Putin ha da molti anni lanciato anche una guerra ibrida contro l’Occidente per coltivare le sue ambizioni. Lo fa utilizzando vari strumenti, ricorrendo innanzitutto in maniera massiccia all’arma della disinformazione, per influenzare con narrative false le opinioni pubbliche occidentali e gli esiti delle votazioni, anche tramite aiuti finanziari a partiti sovranisti e a personalità influenti del mondo politico, economico e dei media. Sono inoltre frequenti gli attacchi cyber ai sistemi di sicurezza europei. In passato ha anche usato l’arma energetica come strumento di ricatto nei confronti dell’Europa.
“L’uso massiccio della disinformazione è anche un’arma a doppio taglio, poiché ha indotto il regime di Putin a commettere il grave errore di invadere l’Ucraina nella convinzione errata che le popolazioni russofone del Paese avrebbero accolto a braccia aperte i soldati russi”.
L’Italia — che martedì 23 settembre ospiterà un evento dell’Istituto Germani sulla penetrazione della narrazione putiniana tra i libri di testo delle medie, a cui parteciperà anche l’ambasciatore Zazo — è uno dei Paesi maggiormente esposti alla disinformazione russa per motivi storici e culturali? “Tra i partiti conservatori di destra vi è la forte eredità lasciata da Silvio Berlusconi, che vantava una solida amicizia con Putin. Al momento vi è la Lega, che mantiene tuttora stretti rapporti con la Russia. Molti elettori di destra guardano con simpatia alla Russia, che ai loro occhi rappresenta il custode dei valori tradizionali: stabilità, patria, religione e famiglia”, risponde Zazo.
Vi è poi la galassia dei movimenti pacifisti, che si oppongono strenuamente al piano di riarmo dell’Europa e insistono per cercare “un dialogo con la Russia pur di preservare la pace a ogni costo, anche se ciò dovesse significare la resa dell’Ucraina e mettere a repentaglio la sicurezza del continente europeo. Anche nella sinistra vi sono molti esponenti pacifisti e arrendevoli nei confronti della Russia, soprattutto a causa del loro radicato sentimento antiamericano. Ritengono che gli Stati Uniti e la Nato, con il loro allargamento a est, siano i principali responsabili di aver lanciato una guerra per procura contro la Russia”. Molti simpatizzanti di sinistra, in particolare nel mondo accademico, hanno ancora un ricordo nostalgico dell’Unione Sovietica… “Va ricordato — aggiunge la feluca italiana — che l’Italia aveva il più grande partito comunista occidentale e che la sua classe dirigente intratteneva intensi legami con Mosca. Da qui deriva un’innata simpatia per la Russia e una difficoltà intrinseca a comprendere che l’Unione Sovietica era un impero che controllava un mosaico di diverse nazionalità.
Soprattutto in Italia, si registra il problema dei talk show televisivi e dei social, che contribuiscono a diffondere la disinformazione e le false narrative russe presso il grande pubblico. “I talk show televisivi non hanno come obiettivo quello di informare correttamente il pubblico alla ricerca della verità, ma quello di incentivare dibattiti infuocati allo scopo di aumentare gli indici di ascolto. L’aspetto più sconcertante è che vengono invitate personalità del mondo politico, accademico e giornalistico che non hanno alcuna conoscenza né della Russia né dell’Ucraina, che non vi hanno mai lavorato o risieduto e che non parlano il russo. Potendo parlare dinanzi a un vasto pubblico televisivo, questi sedicenti esperti si ammantano di falsa autorevolezza. La scarsa professionalità dei talk show rappresenta un grave problema che non ha nulla a che fare con il diritto al pluralismo e alla libertà di stampa”.
L’ambasciatore ricorre a una citazione del filosofo Karl Popper, autore de “La società aperta e i suoi nemici”: “Si parlava giustamente del paradosso della tolleranza: una società democratica deve potersi difendere e non può essere tollerante con chi usa la libertà di parola per instaurare un regime autoritario e sopprimere tale diritto. Per questo sarebbe opportuno cominciare a prendere in considerazione l’adozione di misure per arginare il fenomeno della disinformazione”.