È un mondo quello di oggi dove il ricorso all’uso della forza è sempre più frequente a discapito dell’uso del diritto internazionale. Sta anche a noi europei, grazie anche alla forza “gentile” che aveva caratterizzato il nostro sviluppo negli ultimi decenni, cercare di riorientare un ordine internazionale nuovo, che sia espressione dei mutati rapporti di forza ma che non possa prescindere dal rispetto di regole condivise. La riflessione dell’ambasciatore Giovanni Castellaneta
I principali eventi di questi ultimi giorni ci sembrano confermare che stiamo attraversando un cambiamento strutturale e forse irreversibile di come vengono gestite le relazioni internazionali.
Prima l’attacco israeliano ai vertici di Hamas in Qatar, poi l’invasione dello spazio aereo polacco da parte della Russia con dei droni, ci dimostrano come un principio cardine del mondo nato all’indomani della Seconda Guerra Mondiale – ovvero quello del rispetto della sovranità territoriale, venga ormai regolarmente violato quasi senza colpo ferire.
Se Israele si sente in diritto di poter colpire i suoi nemici ovunque (dalla Siria al Libano, all’Iran, fino appunto ai Paesi del Golfo), la Russia non esita a mandare provocazioni ai Paesi Nato che si trovano immediatamente ai suoi confini, muovendosi su un equilibrio sottile che prima o poi potrebbe spezzarsi.
Cosa possiamo dunque dedurre in merito alla situazione e alle prospettive dell’ordine internazionale? È evidente che l’ordine “liberale” costruito ormai 80 anni fa attorno al sistema istituzionale e valoriale delle Nazioni Unite si sta sgretolando giorno dopo giorno, sia per i cambiamenti strutturali che riguardano la distribuzione di potere politico ed economico tra gli Stati sia per le azioni deliberate di alcuni leader che finiscono per accelerare questo processo. Del resto, è vero che Napoleone non sarebbe stato Napoleone senza la Rivoluzione Francese, ma le imprese militari in lungo e in largo per l’Europa furono poi portate avanti da lui in prima persona.
Oggi, in tutto il mondo stanno emergendo leader autoritari che dimostrano insofferenza per le regole democratiche e della convivenza internazionale pacifica. Un cambiamento che non sembra poi così radicale rispetto alla storia dell’umanità moderna, ma che presenta in realtà due differenze fondamentali. La prima è il possesso della bomba atomica, che cambia totalmente la visione e l’approccio alla guerra tradizionale grazie alla deterrenza nucleare, insieme con l’attuale evoluzione dei mezzi di offesa con tecnologie a basso prezzo. La seconda è l’uso massivo di informazione e social media, che contribuisce ad amplificare e manipolare i termini di qualunque questione mettendo sullo stesso piano eventi totalmente diversi tra loro, come appunto lo sconfinamento dei droni russi in Polonia o l’attacco israeliano al Qatar protetto dai sistemi di difesa statunitensi.
Che ruolo ha l’Europa in questa grande trasformazione? A dire il vero, Bruxelles sembra balbettare, peraltro secondo la stessa ammissione di Ursula von der Leyen che, durante il suo tradizionale discorso sullo Stato dell’Unione, ha preso atto dell’impossibilità di trovare una maggioranza sulle questioni di politica estera ed economica, impedendo così all’Unione Europea di fornire risposte un po’ più forti e muscolari alle grandi sfide globali. Senza contare che il deterioramento dei rapporti con gli Stati Uniti rischia di condannare noi europei ad una posizione di ulteriore debolezza e subalternità.
Insomma, se mentre fino a qualche anno fa nel campo occidentale tendeva a prevalere la logica dell’“uno per tutti, tutti per uno”, oggi sembra invece che tornino a dominare gli interessi particolari con il rischio di muoversi in ordine sparso. Queste dinamiche espongono i Paesi europei alla concorrenza sempre più agguerrita dei Paesi del cosiddetto “Global South” che, Cina in testa, stanno conquistando sempre più peso quantomeno in campo economico. Se fino a qualche tempo fa l’Ue, pur non essendo “Marte” dal punto di vista del peso geopolitico e militare, poteva quantomeno agire come una “Venere” dal punto di vista della rilevanza economica, oggi si sta lentamente incamminando verso il ruolo di una fragile “Biancaneve”, non essendo più neppure in grado di difendersi con le armi dell’economia e finendo per essere concupita dalle altri grandi potenze solo come grande mercato con 450 milioni di potenziali consumatori.
Quanto sta accadendo dovrebbe dunque spingerci ad abbandonare la nostra logica eurocentrica, portandoci a guardare anche a zone più lontane da noi caratterizzate da conflitti altrettanto dirompenti: dall’Africa (pensiamo al Sudan) all’Asia, dove persino nel pacifico Nepal si stanno verificando dei disordini con un ministro delle Finanze picchiato, denudato e gettato in un fiume!
È un mondo dove il ricorso all’uso della forza è sempre più frequente a discapito dell’uso del diritto internazionale. Sta anche a noi europei, grazie anche alla forza “gentile” che aveva caratterizzato il nostro sviluppo negli ultimi decenni, cercare di riorientare un ordine internazionale nuovo, che sia espressione dei mutati rapporti di forza ma che non possa prescindere dal rispetto di regole condivise.