Il riarmo tedesco si sta distinguendo dal resto d’Europa per due elementi principali: portata e ambizione. Mentre rompe gli indugi sulla sesta generazione con la Francia e pone le basi della sua (annunciata) futura primazia nel terrestre, Berlino rilancia anche sul settore navale. Una flotta di navi autonome di grandi dimensioni potrebbe essere l’asso nella manica della Bundeswehr per costruire in poco tempo (e senza addestramento) una Marina militare totalmente nuova
Una flotta di navi/droni di grosso tonnellaggio per condurre missioni ad alto rischio e per tagliare sui tempi di addestramento, questa è la ricetta di Berlino per tornare sui mari. Secondo il documento strategico Kurs Marine, la Germania prevede l’acquisizione di tre Large remote missile vessels (Lrmv) entro il 2035. Secondo il documento, queste navi andranno a integrare le future fregate F127 e le corvette già in servizio. Il progetto si inserisce a sua volta in un percorso più ampio intrapreso dalla Marina tedesca e che prevede già la dotazione di 18 Future combat surface systems (Fcss) e di almeno 12 Large unmanned underwater vehicles (Luuv).
Droni o navi da guerra?
Coerentemente con la linea politica degli ultimi decenni, la Marina militare tedesca odierna è un dispositivo pensato essenzialmente per condurre operazioni di patrolling e per assolvere a compiti di difesa aerea. Altri tipi di operazioni, come il deep strike dal mare, non erano mai rientrate nelle priorità della Deutsche Marine ma adesso, con la netta svolta impressa da Friedrich Merz sulla Difesa, Berlino sembra decisa a fare sul serio e, come possibile, a bruciare le tappe della costruzione di una Marina militare di alto livello.
Secondo quanto si apprende, le nuove Lrmv sarebbero infatti pensate per imbarcare grandi quantità di celle Vls (Vertical launch system), condurre attività di ricognizione armata in alto mare e per costituire l’avanguardia di eventuali gruppi navali compositi. Quanto ai vettori, è ancora presto per fare previsioni ma è probabile che la decisione si risolverà in un confronto uno contro uno tra i celebri Tomahawk statunitensi e un prodotto sviluppato domesticamente (Storm Shadow o anche ex novo). Quanto al coordinamento, la gestione del tiro avverrà probabilmente triangolando i dati di bordo con quelli trasmessi dalle fregate F127, via satellite o da altri assetti.
Berlino futura potenza navale?
I vantaggi di una flotta di navi autonome sono evidenti, dalla riduzione del rischio per gli equipaggi alla possibilità di operare in condizioni estreme per periodi prolungati. Di più, disporre di navi autonome (o al più pilotabili da remoto) significherebbe saltare a pié pari la complessa fase di reclutamento e addestramento dei marinai, che diversamente potrebbe arrivare a richiedere fino a una generazione per produrre effetti tangibili. Tuttavia, ci sono anche criticità significative. L’affidabilità dei sistemi informatici e delle comunicazioni satellitari assumerebbe un ruolo cruciale: un attacco informatico o un qualsiasi malfunzionamento potrebbe infatti compromettere l’intera unità mentre si trova a grandi distanze dalla prima base alleata. Inoltre, l’assenza di equipaggio a bordo limiterebbe la capacità di prendere decisioni autonome in situazioni impreviste, obbligando i costruttori a prevedere fin da subito un protocollo d’azione autonoma d’emergenza by design.
Anche la Royal Navy britannica sta da tempo riflettendo su una massiccia integrazione di vascelli autonomi (di superficie e non) tra i propri ranghi. Tuttavia la Marina di Sua Maestà viene da una tradizione marinara plurisecolare, ad oggi (e forse mai) non replicabile per mezzo di un algoritmo. Senz’altro l’IA offre opportunità inedite in questo senso, ma non è detto che una futuristica flotta di droni autonomi, per quanto imponente, sia effettivamente in grado di sostituire o rivaleggiare con marine convenzionali con esperienza e tradizioni consolidate. Difficilmente Berlino prevede già da ora di rimpiazzare completamente le sue navi con equipaggio con vascelli autonomi, ma la dotazione iniziale di 3 navi sembrerebbe suggerire un approccio possibilista.
Quella tra la rinnovata volontà politica tedesca sulla difesa e la disponibilità di spesa di Berlino è una combinazione dirompente, il cui unico limite è veramente costituito dalla sola immaginazione. La “dronizzazione” dei conflitti è ancora agli albori, e nulla garantisce che avrà effettivamente un futuro. Tuttavia, la scommessa sui droni ha la potenzialità di tradursi in economie di scala e massa critica, entrambi fattori sempre più rilevanti alla luce dei conflitti odierni. La Germania ha imparato a caro prezzo nel corso di due Guerre mondiali che una potenza navale non si costruisce dalla sera alla mattina. Chissà che la terza invece non sia la volta buona.