Skip to main content

Verso il vertice dei volenterosi. Anche Merz contrario (come Roma) all’invio di truppe

Differenti le posizioni alla vigilia del vertice dei volenterosi: solo Londra e Parigi puntano sull’invio di militari a Kyiv, mentre Berlino si allinea a Roma su soluzioni meno invasive. Il tutto mentre da Mosca giunge la prima apertura all’ingresso ucraino nell’Ue, ma non cessano i raid

Sono due gli elementi di novità che spiccano alla vigilia del vertice dei volenterosi convocato per giovedì dal duo Macron-Starmer: la non contrarietà di Mosca all’ingresso dell’Ucraina nell’Ue e la nuova sottolineatura di Berlino sui dubbi circa l’invio di militari a Kyiv, di fatto prendendo la stessa posizione di Roma. Meloni e Merz si collegheranno da remoto.

Qui Mosca

Per la prima volta Vladimir Putin non esclude l’ingresso dell’Ucraina in Ue, ma al contempo continua a bombardare il Paese. I nuovi raid contro le infrastrutture civili in Ucraina (che hanno causato numerosissimi black-out elettrici) sono sotto gli occhi di tutti. Prima degli incontri con i funzionari dei Paesi baltici e nordici in Danimarca, Volodymyr Zelensky ha commentato così: “Putin sta sfoggiando la sua impunità. E questo richiede senza dubbio una risposta dal mondo. E’ solo a causa della mancanza di pressione sufficiente, principalmente sull’economia di guerra russa, che questa aggressione continua”.

Inoltre il governo di Mosca ha replicato alle parole di Donald Trump sulla cospirazione, osservando che Trump “ha detto, non senza ironia, che presumibilmente ‘questi tre’ stanno complottando contro gli Stati Uniti. Voglio dire che nessuno ha complottato, nessuno ha tramato nulla”, ha dichiarato il consigliere di Putin per la politica estera Iuri Ushakov.

Le posizioni diverse al vertice

Zelensky ha raggiunto Parigi prima degli altri, al fine di consumare un pranzo di lavoro con il presidente francese Emmanuel Macron e mettere a punto i dettagli del vertice, a cui sia Giorgia Meloni che Friedrich Merz parteciperanno da remoto. Di fatto il cancelliere tedesco ribadisce la sua posizione sull’invio di truppe, che è nei fatti la stessa di Roma: prudenza è la parola d’ordine, anche perché ha sostenuto che l’Ue non è “competente per l’invio di truppe militari a Kyiv”. Ha detto pubblicamente che “almeno in Germania non esistono” piani concreti di questo tipo per un intervento militare, manifestando “notevoli riserve” sull’impiego di soldati tedeschi. “Come abbiamo già detto in altre occasioni, è necessaria l’approvazione del Bundestag tedesco. Ci sono ancora molti, molti ostacoli da superare, e forse ci vorrà anche molto tempo”.

Starmer-Macron

Starmer e Macron, dunque, sembrano essere rimasti i soli a spingere per l’invio di truppe in Ucraina. Il primo (che annuncia nuovi tagli al welfare) è alle prese con il calo della sterlina dopo l’annuncio del rimpasto di governo (dopo appena un anno di vita), il secondo (con l’ombra della troika) è atteso dalla spada di Damocle dell’8 settembre, quando l’assemblea nazionale potrebbe sfiduciare il premier François Bayrou. Un momento oggettivamente complicatissimo per Londra e Parigi, che devono intrecciare le difficoltà interne con il principale dossier di politica estera dell’Ue.

Qui Nato

Sono due i miliardi di dollari di aiuti cerchiati in rosso dal segretario generale della Nato Mark Rutte a proposito del nuovo meccanismo concordato con Washington: si tratta essenzialmente di munizioni a sistemi di difesa aerea avanzati diretti in Ucraina. Elementi che Rutte ha manifestato in occasione della conferenza stampa a Bruxelles con il presidente estone, Alar Karis. “Per affiancare le forze ucraine, gli Stati Uniti e molti altri Paesi – ha aggiunto- sono al lavoro per definire le garanzie di sicurezza che assicureranno che una volta raggiunta la pace, la Russia non proverà più a violare la sovranità dell’Ucraina”.

In questa direzione va anche la spinta reiterata dal segretario generale sulla soglia del 5% per le spese ad appannaggio della difesa: “Deve esserci una traiettoria credibile da parte di ogni Paese per raggiungere l’obiettivo del 5% nel 2035. Fa parte dell’accordo, secondo cui ogni Paese presenterà nei prossimi tempi un percorso credibile che porti al 5%”. L’obiettivo secondo Rutte è mantenere la promessa, “perché l’ultima cosa che vogliamo è essere ancora al punto in cui siamo adesso nel 2034 e poi, nell’ultimo anno, vedere un’impennata verso il 5% quando, come sapete, non sarà più possibile spendere quei soldi”. Il riferimento concretamente è non solo a uomini e donne in divisa, ma ad un sistema industriale che produca “il necessario per le forze armate”.


×

Iscriviti alla newsletter