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Parigi corre, Berlino frena. E l’Ucraina guarda al modello Seul

Zelensky chiede un esercito forte e altre sanzioni Ue (con il coinvolgimento del Giappone). Von der Leyen prova la carta Modi come extrema ratio diplomatica, mentre va ancora definito il quadro delle garanzie di sicurezza. Nel mezzo l’accelerazione della Nato che punta al riarmo

Sono tre gli indirizzi proposti dalla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, alla riunione dei volenterosi che si è tenuta a Parigi (Giorgia Meloni ha partecipato in video collegamento, come Merz e Sanchez): trasformare l’ Ucraina in un porcospino d’acciaio, costruire una forza multinazionale per l’ Ucraina sostenuta dagli Stati Uniti, rafforzare la postura di difesa dell’Europa. Il sunto di tutto si ritrova nella teoria del porcospino, nuova metafora per dare uno scudo militare all’Ucraina. Mosse già annunciate da tempo, che i volenterosi hanno ribadito con sfumature differenti. Parigi, Londra, Berlino e Roma hanno idee diverse, il tutto mentre Kyiv riceverà ulteriori aiuti, come i sistemi di difesa aerea dai Paesi nordici e baltici. Mesi di colloqui però non hanno fatto completa chiarezza fino ad ora.

Il modello Seul

Se gli Stati Uniti sosterranno Kyiv, come hanno fatto con Seul, allora le difese aeree avanzate della Corea del Sud potrebbero costituire un esempio per l’Ucraina. Lo ha detto Zelensky riferendosi allo sviluppo sudcoreano, dove “il boom economico della Corea del Sud dimostra che i valori hanno trionfato” e potrebbe essere “un buon esempio”. Resta intatta la convinzione ucraina circa le minacce della Russia che sono “dieci volte maggiori”. La richiesta del presidente ucraino è un esercito forte, in attesa del 19esimo pacchetto di sanzioni dell’Ue su cui sta lavorando anche il Giappone.

Quale diplomazia?

“Vorrei che gli Stati Uniti d’America collaborassero con noi per risolvere questo problema il più a lungo possibile”, ha detto il cancelliere tedesco Friedrich Merz, secondo cui la diplomazia non consiste “nel premere un interruttore dall’oggi al domani e poi tutto tornerà a posto, è un processo lungo”. Per cui se da un lato il governo tedesco è pronto ad offrire garanzie di sicurezza all’Ucraina dall’altro Berlino pone tre precondizioni, ovvero la partecipazione americana alle garanzie di sicurezza, l’impegno concreto di Mosca nei negoziati e l’approvazione del Bundestag.

Inoltre la Germania vorrebbe aumentare del 20 per cento il numero di sistemi d’arma che saranno consegnati a Kyiv come i missili da crociera prodotti in Ucraina, 480 veicoli di fanteria all’anno, inclusi i veicoli da combattimento.

Il messaggio del vertice

Il vertice ha inteso lanciare un messaggio alla Casa Bianca proprio mentre i colloqui tra Kyiv e Mosca sono bloccati: “Noi europei siamo pronti a fornire garanzie di sicurezza all’Ucraina quando verrà firmata la pace”, ha detto Macron, aggiungendo che ora si tratta di vedere quanto sincera sarà la Russia. Keir Starmer ribadisce che di Putin non ci si può più fidare, ma non è un elemento di sostanziale novità. Zelensky replica che le garanzie di sicurezza sono più concrete dopo il vertice dei “volenterosi”. Ma si attendono passi ufficiali rispetto agli annunci. L’Eliseo come è noto spinge per un intervento diretto, di fatto una posizione isolata, perché considerata troppo avanzata mentre il tutoraggio delle garanzie di sicurezza (compreso l’art. 5 del Trattato Nato) può essere la strada percorribile e più logica. Infatti Giorgia Meloni ha nuovamente “illustrato la proposta di un meccanismo difensivo di sicurezza collettiva ispirato all’articolo 5 del Trattato di Washington”, fa sapere in una nota diramata da Palazzo Chigi, “quale elemento qualificante della componente politica delle garanzie di sicurezza per l’Ucraina”. L’Italia ha anche ribadito l’indisponibilità a inviare soldati in Ucraina, confermando però “l’apertura a supportare un eventuale cessate il fuoco con iniziative di monitoraggio e formazione al di fuori dei confini ucraini”.

Il riarmo necessario

Ma il punto è tenere in alto l’attenzione, anche perché la parata di ieri in Cina non lascia spazio a sottovalutazioni. Ne è convinto il segretario generale della Nato, Mark Rutte, secondo cui i Paesi della Nato, gli europei ma anche gli Stati Uniti, devono produrre più armi per la loro difesa e per ”ridurre il divario con la Russia”. In questo senso dà un indirizzo all’Europa, che non deve essere “ingenua rispetto alla Russia, che resterà una forza conflittuale e destabilizzante nel mondo”.

Il prossimo passo è la ricostruzione delle scorte, “riducendo il divario produttivo con la Russia”. Europa e gli Usa devono investire “insieme nella difesa nell’ambito della Nato e accelerare la produzione”. Il timore che Mosca possa procedere ad altri attacchi è sempre più reale.

Il tentativo con l’India

Extrema ratio? Probabilmente, ma comunque è un fatto che Costa e von der Leyen hanno chiesto aiuto al primo ministro indiano Narendra Modi. “Accogliamo con grande favore il continuo impegno dell’India nei confronti del presidente Zelensky”, scrivono su X il presidente del Consiglio europeo e la presidente della Commissione europea. “L’India ha un ruolo importante da svolgere nel convincere la Russia a porre fine alla sua guerra di aggressione e nel contribuire a creare un percorso verso la pace. Questa guerra ha conseguenze sulla sicurezza globale e mina la stabilità economica. Rappresenta quindi un rischio per il mondo intero”.


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