Skip to main content

Il made in Italy alla prova dei dazi. Il caso della meccanica

Uno dei settori di punta dall’industria battente bandiera tricolore è certamente la produzione di macchinari. Ma in un mondo in preda a improvvisi e violenti cambiamenti, c’è da farsi le ossa per giocarsela alla pari coi colossi stranieri e persino abbracciare l’ultima frontiera dell’innovazione. Una sfida possibile, che vale 150 miliardi di euro di fatturato

Nulla è immune dalla rivoluzione tecnologica di questi anni. Figuriamoci quei macchinari che stanno tra la materia prima e il prodotto finale. Tra, insomma, la bobina di carta e un litro di latte sullo scaffale. I grandi cambiamenti globali, con guerra commerciale annessa, ma anche l’avanzata dell’Intelligenza Artificiale, stanno impattando in profondità sull’industria dei macchinari, che in Italia risponde al nome di meccanica strumentale. Un comparto che vale 150 miliardi di euro e mezzo milione di addetti e a cui la direzione strategie settoriali e impatto di Cassa depositi e prestiti ha dedicato spazio in un documento dal titolo La meccanica strumentale italiana tra eccellenza, innovazione e sfide globali. Partendo da un presupposto. Nel contesto europeo, il settore italiano dei macchinari è secondo solo a quello tedesco in termini di valore aggiunto.

Un settore, chiariscono subito da Via Goito, “fatto di aziende manifatturiere con elevata capacità di generare fatturato sui mercati esteri, che rappresenta una quota del 16% dell’export italiano di beni, per un valore superiore ai 100 miliardi di euro e un surplus commerciale di quasi 60. E che è chiamato oggi ad affrontare sfide rilevanti legate ai rischi globali in aumento, alla crescita dimensionale e all’innovazione digitale”. Primo punto, la guerra commerciale e i suoi effetti.

“Uno dei temi è rappresentato dagli effetti dell’introduzione dei dazi da parte degli Usa, primo mercato di sbocco della meccanica strumentale italiana, mitigati dalla nostra forte specializzazione e dalla scarsità di competitors americani. Da considerare tuttavia che, già nel 2024, il comparto dei macchinari ha registrato un rallentamento, con una riduzione significativa di fatturato (-6%), volumi prodotti (-3,8%) ed export (-1,3%), in particolare verso Germania e Francia. Una diversificazione geografica dell’export verso le grandi economie emergenti quali Asia e Paesi del Mercosur rappresenta dunque una strategia da considerare per il futuro”.

Certo, spalle più larghe aiuterebbero. Cassa depositi e prestiti parla in tal senso apertamente di “necessità di favorire percorsi di aggregazioni orizzontali e verticali per consentire di accelerare sul piano dell’innovazione, integrando sempre più meccanica, elettronica e tecnologie digitali, anche perché il sottodimensionamento tipico delle aziende italiane rispetto agli standard europei è di ostacolo alla penetrazione in nuovi mercati e aumenta la vulnerabilità ad acquisizioni ostili”. Il messaggio è duplice. Senza la sufficiente stazza, non si rischia di essere battuti sul campo dai grandi colossi mondiali della meccanica. E, inoltre, si è scalabili.

Ma ecco il punto più importante, i macchinari italiani dinnanzi all’avanzata della tecnologia. “Il ritmo della transizione tecnologica in atto nella nostra meccanica strumentale richiede un’accelerazione, a partire dall’integrazione di tecnologie AI, il cui tasso di adozione in azienda è inferiore alla media europea, e dal ricorso a competenze tecniche digitali, ad esempio aumentando la presenza di specialisti IT. La meccanica strumentale italiana, pur presentando tassi d’adozione delle tecnologie digitali avanzate maggiori rispetto alla manifattura nazionale, evidenzia un chiaro ritardo se rapportata ai principali peer Ue: l’integrazione di tecnologie di IA, ad esempio, ha caratterizzato poco più del 9% delle imprese italiane del settore, lontano non solo dai primi in classifica – tra cui la Germania (20%) – ma anche dalla media europea (15%). Per questi motivi, si presentano ampi spazi di miglioramento e d’intervento a supporto, affinché la consolidata tradizione manifatturiera italiana nella produzione di macchinari possa rinnovarsi sfruttando il potenziale offerto dalla rivoluzione tecnologica in corso”.


×

Iscriviti alla newsletter