Il recente incontro tra al-Sharaa e Giorgia Meloni nell’ambito della partecipazione ai lavori della settimana di alto livello dell’assemblea generale dell’Onu, è servito a ribadire il sostegno di Roma alla ricostruzione di una Siria stabile e sovrana, anche attraverso investimenti da parte delle aziende italiane in settori di reciproco interesse
Investimenti e non aiuti. Il presidente siriano Ahmad al-Sharaa ha le idee abbastanza chiare sul futuro del suo Paese dopo gli anni di guerra civile e spinge l’acceleratore su un tasto, per così dire, di lungo respiro. Damasco si è aperta agli investimenti globali, attirando 28 miliardi di dollari nei primi sei mesi del 2025. Solo un punto di partenza secondo al-Sharaa che ha fatto riscrivere le leggi siriane sugli investimenti proprio al fine di consentire ai soggetti stranieri di trasferire fondi. Che cosa cambia con questa mossa del governo? Quali alleanze possono svilupparsi, anche con soggetti come l’Italia?
Che la Siria abbia un ruolo strategico nella stabilità regionale è un dato di fatto che, per quanto acclarato, va ricordato spesso e in questo senso i suoi crescenti legami economici con l’Arabia Saudita rappresentano un elemento abbastanza rilevante. La presenza di al-Sharaa alla nona edizione della conferenza Future Investment Initiative (FII) 2025 a Riyadh lo dimostra una volta di più: è stata un’occasione preziosa per spiegare la traiettoria che al-Sharaa sta imponendo alla Siria, assieme ad un pivot chiamato Arabia Saudita, primus nella leadership economica regionale. Da questo passaggio politico può nascere in concreto la ripresa postbellica della Siria, che sta stringendo accordi significativi con attori primari come Turchia, Arabia Saudita, Qatar, Emirati Arabi Uniti, Bahrein, Giordania e aziende statunitensi.
A ciò si aggiunga il recente incontro tra al-Sharaa e Giorgia Meloni nell’ambito della partecipazione ai lavori della settimana di alto livello dell’assemblea generale dell’Onu, un momento in cui il governo di Roma ha ribadito il proprio sostegno alla ricostruzione di una Siria stabile e sovrana anche attraverso investimenti da parte delle aziende italiane in molteplici settori di reciproco interesse. Entrando nel merito delle iniziative, il più grande gruppo alberghiero europeo Accor, che ha in pancia 45 marchi, punta a lanciare 15 hotel nel paese entro il 2031. In secondo luogo molte compagnie aeree internazionali hanno ripreso i voli per Damasco, come Emirates, Qatar Airways, Turkish Airlines oltre alle compagnie aeree saudite flynas e flyadeal. Si sta lavorando inoltre ad un pacchetto cosiddetto “business friendly”, al fine di favorire il rimpatrio di capitali e profitti all’estero, oltre a agevolazioni fiscali, trasparenza legale, riforme bancarie, semplificazione del rilascio di licenze e riduzione della burocrazia per accelerare tutti i progetti connessi alla ripresa del sistema-Paese. Sulla ricostruzione anche degli aeroporti, sono molteplici i soggetti che potrebbero lavorare in partnership con Damasco, in primis Italia e Turchia.
A ciò si deve sommare il peso specifico del dossier energetico: la Siria pur non essendo una nazione produttrice di petrolio in senso convenzionale, vanta comunque numeri interessanti. La produzione di petrolio ha raggiunto circa 1 milione di barili al giorno, mentre quella di gas naturale circa 40 milioni di metri cubi al giorno: numeri che superano di gran lunga il fabbisogno interno. Oltre a ciò vanno contate le riserve di gas offshore e nel deserto. Ecco che, a quasi un anno dall’avvento della presidenza al-Sharaa, emerge con forza la sua visione economica per la Siria di domani Quando afferma che gli aiuti non costruiscono le nazioni, ma alimentano la dipendenza, invia un preciso messaggio all’esterno del paese. Non è interessato a prestiti, ma ai progetti.


 
									













